lunedì 29 gennaio 2018

Apertura a 4. Quella violenta melodia tra di noi



E un incessante tentarsi, provocarsi, una sfida a controllare lo spazio, il territorio, ad invaderlo cercando di massimizzare il profitto e minimizzare le perdite.
E’ l’arte dell’inganno, di far apparire quel che non c’è e nascondere quel che c’è, perché, nel mentre che si simula passività o arroganza, intanto si guida la sfida, il duello, pregustando il tranello e l’ebrezza della vittoria.

Nasce dalle fondamenta dello I Chuan (YI Quan), la creazione del Maestro cinese M° Wang Xiang Zhai. Questi, disgustato dalla formalizzazione e dalla scarsa efficacia in cui versavano le Arti Marziali, ne condensò l’essenza, a partire dai cosiddetti stili “interni”, in primis lo Hsing I Chuan, in quello che chiamò I Chan (Yi Quan), focalizzato alla preparazione del praticante al combattimento e al miglioramento della salute.

Il praticante è un esploratore, un cacciatore instancabile, capace di coniugare qualsiasi gesto, respiro, incrocio, spostamento, oscillazione, con la tentazione lucida dell’annientamento dell’avversario.
Il praticante è un entusiasta che guarda in volto la sfida, decide come vuole che finisca, poi si forma, momento dopo momento, fino a realizzare quanto ha immaginato. Egli sa muoversi abilmente fra rinunce e decisioni improvvise, fra attendere e prendere l’iniziativa. Egli danza, flessibile come un bambù, e spinge e penetra e picchia come un’onda immane, come un vortice immenso.

Sarà il giapponese Maestro Kenichi Sawai (1903 – 1988) a dargli il nome di Taiki Ken, nella sua personale versione.
Una versione che mostra una totale simultaneità tra attacco e difesa, che non comprende alcuna forma codificata, per invece abbracciare spontaneità ed istintività come semplice e perfetta risposta vincente al conflitto, alla crisi.
La formazione gioca sul fronte dell’apparente immobilità (Ritsu Zen) come scoperta delle molteplici tensioni interne, e della mobilità e flessuosità del corpo come strumento per colpire efficacemente (Hakkei), per deviare, frenare, assorbire (Mukae, Sashi, Harai,) l’impatto dell’avversario.

Spesso, in una concezione meccanicista del corpo, in una concezione cartesiana (1) dell’uomo corpo, questi si butta a capofitto in pratiche ed esercizi di potenziamento muscolare, braccia gonfie ed addominali scolpiti; si butta a correre su una pedana che lo vede sempre fermo nello stesso punto (tapis roulant) o a piegarsi ripetutamente, sulle gambe (squat) in un gesto che non gli capiterà mai di fare nella vita di tutti i giorni (2).
Di contro, il praticante Taiki Ken, nella nostra Scuola, sa di essere un tutt’uno fisicoemotivo e gioca di corpo, sapendo che questo giocare coinvolge emozioni e pulsioni; gioca di corpo senza alcuna immediata pretesa di successo, senza l’assillo di un obiettivo, perché sa che solo giocando, solo sperimentandosi corpo, e divertendosi, farà esperienza e migliorerà, perché sa che non esiste il gesto giusto, esatto, ma quello migliore, quel gesto che oggi è meglio e domani, modificandosi ancora, migliore lo sarà di più.

Poi, col passare degli anni ed il succedersi di Maestri ed insegnanti che il Taiki Ken hanno diffuso in tutto il mondo, questi ha mutato pelle, si è adattato alla personalità ed alle esperienze di quegli stessi Maestri ed insegnanti: cosa viva ed in perenne trasformazione, in alcune correnti si è arrotondato e fatto più spiraloide, in altre ha privilegiato l’aspetto perforante e verticalizzante e via ancora …

Nella nostra Scuola, il Kenpo Taiki Ken si avvale
- dei principi, dei pilastri, del Tai Chi Chuan, antica Arte di stampo taoista, sfoggiando una forza silenziosa, sotterranea, che avvolge, stritola e penetra, costruendo una salute psicofisica fatta di vitalità e pulizia dell’organismo tutto;
- dei comportamenti guerrieri del Kali filippino, tra coltello e bastoni corti;
- delle moderne e contemporanee ricerche sul corpo e la motricità, in un percorso sinestetico  fatto di elasticità ed armonia.

Ormai, sempre più, nel mediocre ma rassicurante tran tran quotidiano, sembra che sia normale accettare il fatto che non si possa fare nient’altro della propria vita; a testa china, pensiamo che non siamo padroni del nostro destino e, tutt’al più, ci concediamo un’ora o un giorno di sfogatoio a sudare in palestra, a girare per negozi in acquisti compulsivi, ad annusare una settimana di libertà e scaccia pensieri in montagna o al mare. Subiamo a testa bassa, sempre chini e sconfitti nel nostro malessere, a ripetere azioni, situazioni, relazioni che ci mettono a disagio.

Invece, il praticante Kenpo Taiki Ken, nella nostra Scuola, forte della pratica flessibile ed avvolgente, potentemente trasformatrice e vitale, autentico Spirito Ribelle colmo di energia
- si prende attenta cura di sé, utilizzando l’essenziale pratica marziale di lotta, in Dojo, per scoprire e sviluppare quelle sue personali competenze fondamentali che lo porteranno ad essere individuo autodeterminato, coraggioso ed ottimista, in grado di mutare quel che della propria vita, delle proprie relazioni, non gradisce, ottenendo quanto ha prefigurato nella sua immaginazione.
- si prende attenta cura di sé, consapevole di ciò che lo rende unico ed affinando questa unicità verso l’eccellenza di sé e delle sue relazioni.

Perché: Un’arte che non serve a guarire, non è arte(Alejandro Jodorowsky)

 

 

Se sei una persona

a cui piace stare bene in salute e vivere bene.

Se sei una persona

che vuole saper affrontare le avversità della vita,

al lavoro e nelle relazioni interpersonali, risolvendole a proprio vantaggio

Noi abbiamo la pratica che fa per te

 

 

 

 

In pubblico!!

Raduno di Kenpo Taiki Ken

Sabato 3 Febbraio ore 16.00 – 19.00

Giardini della Rotonda della Besana

Milano

 

 

 

1) René Descartes (Cartesio), 1596 – 1650, afferma l'esistenza di due sostanze radicalmente diverse: la sostanza estesa, propria dei corpi che si estendono nello spazio e la sostanza pensante, propria della mente, con ciò sostenendo la precedenza della sostanza pensante (l'anima) su quella estesa (il corpo).

 

2) Riguarda mentalmente, come in un video, la tua giornata, poi stop, fai una serie di “fermo immagine”. Ma quante volte ti rivedi in perfetto assetto da squat, busto dritto e braccia bene allineate davanti? Mai!! Mentre, invece, guarda, osserva tutte le volte in cui sei semi accucciato, mezzo piegato, a volte inclinato in avanti a volte inclinato di lato, a volte un braccio verso terra a l’altro in avanti, a volte un braccio dietro di te e l’altro penzoloni, a volte … Io dico che è certamente meglio formare, allenare, il corpo a stare bene, ad eseguire al meglio quei tuoi movimenti che ti capita di fare così spesso, piuttosto che ripetere sequenze di squat che non farai MAI nella tua vita di tutti i giorni!!






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