venerdì 26 giugno 2020

E ti penso corpo



 Sì, questo periodo di isolazionismo non può non averci suggerito qualcosa sulla vulnerabilità del corpo, di noi – corpo, e di quanto questo investa la nostra salute tutta, quella psichica, quella emozionale, dunque la nostra vitalità.
Il filosofo Merleau Ponty ebbe a scrivere “Io sono quell’animale di percezione e di movimento che si chiama corpo”, esplicitando una volta di più che non solo la separazione mente – corpo, ma anche l’unione mente – corpo, quel beffardo “mens sana in corpore sano”, non stanno in piedi, non hanno alcuna buona ragione o alcun buon intento. 

Infatti,
il corpo non è qualcosa di cui disponiamo,
ma siamo noi stessi integralmente corpo.

Purtroppo, in sintonia con i dettami dell’usa e getta, della mercificazione senza limiti, che non esclude il corpo, anzi, da questa sua perversione (secondo il sociologo e filosofo Jean Baudrillard, il corpo è diventato “il più bell’oggetto di consumo) questo “suggerimento” non ha fatto alcuna breccia nel senso comune.
Così, continuiamo a vedere i soliti runners, i soliti ginnasti, affollare corsi e sedute, parchi e palestre in cui modellano l’involucro corpo tirandolo da un lato e piegandolo dall’altro, irrobustendolo qui e stropicciandolo lì seguendo mode e dettami dal sapore ignorante e pedestre.

Sulle rive del Brenta, tra alberi enormi ed acque a scorrere lente, oppure calcando, tra case colorate, il prato rasato di un giardino vasto e sdraiato.
L’animale Ryu, il Drago, mi percorre tutto, scoprendomi a modulare il respiro in volumi tridimensionali, cassa toracica consapevole di avere, con un davanti, anche un dietro e due lati, come a toccare che sono torace dappertutto. Parrebbe cosa ovvia, ma, statene certi, non lo è. O lo è solo in teoria, perché la pratica corporea, di movimento, quanto lo sa? Quanto ne è consapevole?
L’animale Ryu, il Drago, mi percorre tutto, scoprendomi ad ampliare o moderare la colonna vertebrale già col semplice alzare di spalle, in un continuum armonioso in cui il tutto non è mai la semplice somma delle parti ed ogni singolo movimento di una parte investe il tutto. Parrebbe cosa ovvia, ma, statene certi, non lo è. O lo è solo in teoria, perché la pratica corporea, di movimento, quanto lo sa? Quanto ne è consapevole?

Così, scivolando tra Ryu, il Drago, e Tsuru, la Gru, e Tora, la Tigre, calco il terreno aspettando il vuoto, lo yin, il femminile, per dar vita al pieno, lo yang, il maschile. Ogni volta è la sorpresa del vuoto a calare il silenzio che diverrà suono, rumore, presenza nata dall’ignoto.
Troppo spesso abbagliati dalla luce, dal chiaro che presupponiamo sia certezza, dalla forza che presupponiamo sia energia, dimentichiamo la vita nel buio, nelle tenebre, nel nascosto, e la sua potente bellezza.

Che struggente sorpresa, mentre danzo Tanshu, la danza dell’animale predatore, incontrare il vuoto, lasciarmi stupire dall’assente, dal mancante, che quella carezza che manca, quella presenza che manca, quel piede che si fa lieve, persino assente, sul terreno, è l’unico modo per formarmi individuo adulto presente, abile e potente. E’ il modo migliore perché energia e vitalità salgano in primo piano.

D’altronde, alle nostre origini di feto, non fu lo spazio vuoto a permettere il crearsi del pieno? Non fu un modesto tubo (neurale) a permettere la creazione di quel complesso sistema di regia ed attività che è il sistema nervoso da cui origina ogni azione?

Abbiamo davvero bisogno di António Rosa Damásio, neurologo, neuroscienziato, psicologo, per comprendere che “probabilmente anche la separazione tra mente e corpo è altrettanto fittizia. La mente è incorporata, nel senso più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello”?

Possibile che una mente in grado di superare le leggi della fisica perché capace di immaginare luoghi e tempi violando dunque quelle leggi, di contro ad un corpo che è, per forza, sempre nel qui ed ora, sia motivo per ancora percepirci scissi dal corpo?
Non comprendiamo che ciò che chiamiamo mente
 è sempre ed ancora corpo?

Eppure offrire al corpo un riconoscimento e comprenderlo significa comprendere la realtà che ci circonda; eppure è la fisicità dell’individuo a rendere praticabile ogni narrazione, ogni ricordo; eppure sono io corpo che vivo e sento e sono responsabile di ogni mia azione.

Ed è questa consapevolezza corporea, questa ricca fisiologia del movimento, in grado di contrastare il dominio capitalistico dell’alienazione, della reificazione, dello sfruttamento.
La possibile trasformazione sociale, l’utopico “sol dell’avvenire”, parte da qui: dal senso di ogni individuo per se stesso e per come si muove, come agisce, che personalità va ad acquisire.

Ma, mi guardo intorno, e so che è una battaglia persa, almeno per ora.
Tra runners e ginnasti che si accaniscono con ogni strumento di tortura per modellare a loro piacimento il ventre o le cosce, ciclisti a sudare sulla bici ferma e inchiavata al pavimento nei folli corsi di spinning, atleti a sollevare e riporre, sollevare e riporre, sollevare e riporre lo stesso attrezzo con lo stesso gesto ripetuto e ripetuto in un’ossessione compulsiva… come se il corpo fosse un oggetto altro da sé, una maglia o un pantalone che si può accorciare o allungare, che riposto in un armadio si può lasciare per indossarlo nei mesi a venire!!
Come se ogni gesto, ogni movimento, non fosse portatore di sensazioni e pensieri ed atteggiamenti che, depositati nel cervello, ne influenzeranno ogni scelta di vita, faranno di noi un individuo che pensa ed agisce in un modo piuttosto che in un altro, che in un modo piuttosto che in un altro monta e smonta i propri giorni come i momenti.


“Le azioni sono inscritte nella carne ancor prima che l’intenzionalità consapevole agisca e detti comandi. Insomma, non è che abbiamo un corpo ma siamo corpo”
(G. Dall’Ava)









lunedì 22 giugno 2020

La disperazione della tenerezza



 Se ben ricordo, era Freud a scrivere che la tenerezza è una tensione che smussa il passaggio dalle pulsioni parziali infantili alla scelta sessuale adulta. E questa scelta sarà più o meno intensa nella misura in cui sia stata moderata da quel che possiamo chiamare il flusso di tenerezza della vita sessuale piena e densa.

Sono le passioni fragili a incantarci e, a volte o spesso, incatenarci ad un amore che crediamo forte, o che non per uno solo ma per entrambi vorremmo fosse forte.
Ogni ferita inferta in quest’amore e che l’anima subisce, ogni passione resa fragile da una vita frenetica, vita dominata da una perversa etica del lavoro e dal consumo senza uso che nulla tralascia di infettare, fa parte a pieno titolo della nostra esperienza e pretende di essere riconosciuta come tale.

Le passioni fragili devono emergere nella realtà tutta umana, anche quando calpestate e maltrattate da un egoismo di fondo che si pavoneggia nel “Io sono fatto così”, anche quando la lontananza ti è imposta come fosse lei il ponte dell’amore e non il convivere dentro e non accanto alle cose che è nascondersi imponendo la distanza.   

Le passioni fanno vivere l’uomo, la saggezza lo fa semplicemente durare” scriveva Sébastien-Roch Nicolas de Chamfort.
Le passioni fragili, quelle vulnerabili, quelle che si ammalano al primo sbalzo di temperatura ma non mollano la presa, quelle che ti portano il pessimismo dentro il cuore, quelle che ti fanno rimuginare e rimuginare ancora le parole sbattute in faccia a nascondere, a mistificare, quelle per cui il tempo di adesso è sempre minacciato dai ricordi di un tempo bastardo che fu e dai timori di un tempo futuro che bastardo potrebbe essere. Ecco, quelle passioni fragili, quella passione fragile che è, per me, l’amore, e che mi fa ricordare, con Hillman, che l’amore e la relazione d’amore non finisce quando si smette di amare, ma quando si smette di immaginare, mi tiene dentro la vita.

Ogni passione fragile, ogni passione d’amore, che sia per un figlio, per l’amata, per una scelta di vita, non importa, ha il diritto di esistere in ogni cuore. Sapendo che verrà ferita e mutilata, ma sapendo anche farne acciaio affilato contro ogni disperazione. Anche contro quella disperazione che della tenerezza è componente ineliminabile, è eterna afflizione.












venerdì 19 giugno 2020

Viaggiare, sì, viaggiare



 I giardini della Besana sono ormai la nostra casa. Lì spinti da condizioni atmosferiche incerte, quando non apertamente turbolente, oggi, Giovedì 18, concludiamo i nostri tre incontri di Giugno, gli incontri de 
                  “
                    L’Ombra che danza”.

Ci muoviamo tra l’antico sapere taoista e le interpretazioni nipponiche, capaci di amalgamare shintoismo, animismo e  buddismo; tra lo scorrere fluido di quello che è il Movimento Intuitivo, capace di rivisitare arditamente gli abituali scenari contemporanei del corpo e dell’attività fisica, e la consapevolezza olistica che il benessere e il bellessere di ciascuno non è mai disgiunto da quello degli altri, dall’ambiente che ci è prossimo, dalla Terra di cui siamo ospiti, persino dal diritto ad un futuro migliore di quelli che la abiteranno domani.

Così, di respiro profondo, ampio, consapevole, di contatto con il sistema nervoso e le sue diramazioni dentro al corpo, ci avviamo ad affermare, strisciando, rotolando, masticando, soffiando ….. che, certo, noi apparteniamo alla Terra, che ogni nostro gesto, per renderle omaggio, deve essere gentile ed accorto.

E sono l’incongruenza di fondo che ci induce a chiederci “Chi sono?” e l’aspirazione a progettare, le forze che ci spingono in ogni incontro nel corpo a navigare, e se esploriamo nel corpo ogni dimenticanza, ogni blocco, ogni collina, sono il cuore e la passione a farci procedere coraggiosi, rifiutando una pratica corporea usuale e truffaldina.

Scorriamo tra Fushime Taiso, forma di Tai Chi Chuan, dialettica di inspirazione ed espirazione.

Ogni sensazione del mondo esterno, ogni attività e pensiero all’interno, portano un mutamento in qualche zona dell’organismo, capace tuttavia di agire preciso ed armonioso, senza mai interrompere il buon funzionamento.

Noi, simili a viandanti, ad erranti, affrontiamo un ostacolo, un monte che abbiamo dentro e sentiamo che questo ci sospinge a un altro monte, che uno scoglio nel mare che lo circonda ci porta a un altro scoglio di fronte.
Ma nessuno di noi si tira indietro. Altrimenti tanto varrebbe praticare le solite ginnastiche, le solite arti e discipline nei soliti modi; tanto varrebbe calcare la pedana dei tanti centri fitness con corpi alienati da modellare, o dei tanti corsi sportivi e marziali infarciti tristemente da modelli e tecniche da copiare o sgangherate scazzottate con cui la propria insoddisfazione andare a sfogare.

La musica suona impetuosa, note melanconiche di jazz si sostituiscono a ritmi lenti di ispirazione asiatica.
Danziamo ognuno la nostra danza. Agiamo di spinte e pressioni e leve articolari e calci e pugni.

Se chi ci sta guardando, scapicollando nel verde o chiacchierando sotto i portici, ci chiedesse cosa stiamo facendo in questo pomeriggio di nuvole e vento, la sola cosa che sapremmo dirgli è che esattamente non lo sappiamo nemmeno noi, ma certo agiamo un combattimento questo sì cruento.
Viviamo tempi di consumo senza uso e superficialità, di alienazione e sottomissione. Allora noi, guerrieri metropolitani, combattenti di città, rifiutiamo rituali stanchi e depauperati e andiamo a caccia di una comprensione che sappia di magia, che prediliga la difficoltà dell’incertezza ad ogni ottusa serenità.

In cerchio, accolti e coccolati da un’architettura che odora di tempi lontani e misteri quotidiani, allarghiamo i pugni e ridiamo, ridiamo ancora che la vita, la nostra incerta eppure appassionante vita, è questa sola.

“Noi siamo ben oltre le parole”

(F. Nietzsche)
Giovanni, Silvano, Maestro Valerio, Maestro Giuseppe, Tiziano Sensei, Guido




Grazie a Donatella per le belle fotografie


Lo Spirito Ribelle sarà ancora attivo a Luglio,
per un pomeriggio di Kenshindo,
la pratica col katana dei samurai.

Corsi, seminari ed incontri individuali;
pratiche corporee di combattimento e sensibilità;
Movimento Intuitivo e Gestalt Process;
incontri di Body Counseling per un sostegno al benessere e bellessere,
riprenderanno a Settembre.
Contattami, per partecipare




venerdì 12 giugno 2020

Una ricerca che non puoi ignorare



Un corpo datemi, e io ce l’ho, di più, IO sono corpo, e lascio che in oscure e lontane regioni interiori io mi ci distenda dentro.
Non posso esistere senza di te, che sono IO, io corpo.
Posso scordarmi di tutto tranne che di viverti dentro. La mia vita sembra che sia tutta lì e non vedo oltre.
Mi hai assorbito, e, invero, sono IO che assorbo me stesso in un viaggio spiraliforme ed approfondito.

Lo comprendo appieno, lo comprendiamo appieno, sdraiati sotto i portici della rotonda della Besana, tra nugoli di marmocchi urlanti e composti genitori assenti.
Respirare che senza respirare moriremmo. Alla ricerca di alterazioni e disfunzioni che ci disturbano, granelli di sabbia ad ostacolare il ritmo, la vita nel suo svolgersi arcano.
Coordinazione tra ritmi respiratori e ritmi scheletrici (1) necessaria ad ogni frangente, ad ogni decisione pensata o improvvisa che si adatti o modifichi l’ambiente.
Azioni e reazioni che devono essere accelerate e interferire il meno possibile con la parte vegetativa dell’organismo, rendendola allo scopo compatibile.
Respirare e decidere che scopro rapinarmi l’animo con un potere tremendo, cui non posso resistere.

E mi incontro egoista, che non posso respirare senza di te, che sono ancora e sempre IO; che non posso pensare senza di me, che, accidenti, ora lo sento compiutamente, sono IO.

Ora lascio vagare le sensazioni, le seguo. No, le accompagno senza perdermi alcuna di queste mutazioni.
Non è altrove il piacere, la soddisfazione, ma qui, dentro, dove sono IO.
E mi sciolgo, nel contattarlo, nel danzarlo Tai Chi Chuan.
E sono, ancor più fermamente e compiutamente, IO.

“Questo modo di pensare (pensare in movimento), a differenza del pensare in parole,
non serve ad orientarsi nel mondo esterno,
ma piuttosto perfeziona l’orientamento dell’uomo nel suo mondo interiore,
dal quale sorgono continuamente impulsi
che cercano uno sbocco nell’agire, nel recitare, nel danzare”
(R. Laban)


1.Il sistema nervoso con le sue infinite diramazioni, che formano una rete in tutto il corpo, agisce costantemente su tutte le struttura e gli organi, convogliando gli impulsi, da e verso i centri del cervello e del midollo spinale. Gli stimoli producono continuamente reazioni” (M. E. Todd insegnate di ginnastica posturale e docente universitario)








martedì 9 giugno 2020

I Giovedì dell’Ombra che danza




 Abbiamo lasciato alle spalle l’esperienza di Domenica scorsa, danzata tra il ripercorrere quei movimenti primigeni che, nei primi mesi di vita, hanno costruito il tracciato fondante la nostra motricità, consapevoli che una loro incompleta maturazione inficia e mutila la nostra adulta gestualità,
ora a cosa andiamo incontro?

Yi non è intenzione (1), ma spontaneità, 
o meglio ancora è impulso generativo

E’impulso generativo a meglio rendere l’immagine fisicoemotiva, corporea, di una spinta a fare, spinta intimamente e indissolubilmente legata all’organizzazione di quel fare medesimo.
L’impulso generativo origina da uno stimolo interno o esterno (2) e, collegando il sé corpo alle circostanze e all’ambiente, si traduce in azione efficace e non ridondante.
Agiamo investendo l’impulso in azioni di diversa complessità, funzioni tipiche della specie umana (alzarsi, avanzare, arretrare, chinarsi, saltare ecc.) comuni a tutti noi ma che ognuno di noi interpreta e compone in modo differente, del tutto personale (3).
Anche per questo diffido degli esercizi uguali per tutti (squat, piegamenti sulle braccia, crunch ecc.) e delle tecniche (diretto, calcio frontale, leva articolare al polso ecc.) imposte uguali per tutti, perché presumono soggetti uguali e identici tra di loro.

Dunque
“Al problem solver è indispensabile saper attribuire significati differenti da quelli che risultano da un esame della situazione condotto seguendo una logica convenzionale”
(M. Rampin)


Il sistema nervoso come incontro 
tra accoglienza ed azione

Come potremmo fare, agire, muoverci senza il sistema nervoso? Impossibile.
Esso accoglie informazioni dalle cellule del corpo e a tutte le cellule informazioni manda. Esso include gli stati vigili di presenza ed attenzione, gli svolgimenti cognitivi e l’accuratezza di un agire coordinato. E’ il fondamento percettivo su cui si basa il nostro modo di includere e di interagire con l’ambiente dentro e fuori di noi.

Nel tuo “allenamento” abituale cosa e come fai per “allenare”
questo splendido agente senza il quale nemmeno potresti esistere?
OK, lasciamo perdere!!
Io, noi Spirito Ribelle, invece non lasciamo perdere.
Perché l’esperire, il fare esperienza (4), accade in primis a livello cellulare.
Il sistema nervoso, che è il sistema di registrazione del corpo, registra le nostre esperienze e le struttura in schemi. Poi è capace di rievocare alla memoria le esperienze e di adattarle alle mutate situazioni da affrontare.
Una volta recepito un sapere, il sistema nervoso non solo diviene il principale fulcro di controllo dei processi psicofisici, ma, opportunamente stimolato, è capace di avviare un percorso di apprendimento di nuove esperienze che vedremo accadere.

Allora dedicheremo i due prossimi incontri a
Contattare e sondare il sistema nervoso.
Incontrare eventuali resistenze e tradurle in possibilità di azione.
Setacciare modi per compensare il sistema nervoso autonomo che funge da telaio dei movimenti volontari.
Armonizzare l’accoglienza, che precede l’atto, con l’atto stesso.

Ci serviremo di giochi e gesti quali la “Meditazione dell’orbita microcosmica”, “Nami”, l’onda nelle sue diverse espressioni e vibrazioni, gli “Ikigai Kiko”, ovvero la pratica energetica della spinta vitale.

Dunque
“Le informazioni sono potere, in senso letterale: più sappiamo, più possiamo”
(E. Bencivenga)


Ti aspetto Giovedì 11 e 18
ai giardini I. Montanelli a p.ta Venezia. Milano.
In caso di maltempo, saremo ai giardini della Rotonda della Besana

1. Ho già speso più volte tempo ed energia a spiegare quanto sopra, forte della traduzione di alcuni eminenti sinologi e dell’interpretazione che ne danno Maestri marzialisti d’oltralpe.
Qui mi limiterò a ricordare che “intenzione”, nella nostra lingua è “Orientamento della coscienza verso il compimento di un’azione, direzione della volontà verso un determinato fine; può indicare semplicemente il proposito e il desiderio di raggiungere il fine, senza una volontà chiaramente determinata e senza la corrispondente deliberazione di operare per conseguirlo” (http://www.treccani.it/vocabolario/intenzione/) che invece, definisce “impulso”: “spinta che permette di avviare un'attività”.
Continuare a chiamare Yi Quan o Taiki Ken “il pugilato dell’intenzione”, continuare a parlare di “intenzione” riferendosi all’agire immediato nello spazio e verso l’avversario è, ancor più che riduttivo, una castroneria enorme.

2. L’uomo, checché ne dicano presunti maestri ed esperti di Arti Marziali e di combattimento, ha perso completamento o quasi gli istinti.
Ce lo dicono, dal pensiero greco, il mito di Epimeteo (colui che pensa dopo) e Prometeo (colui che pensa prima), ovvero l’animale che reagisce immediatamente per istinto e l’uomo che pensa prima di agire (http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/pplatone8k3kls.htm); ce lo dicono fior di pensatori moderni osservando che il toro si avventa sulla mucca per copulare e, contrariamente all’uomo, certo non si attarda né si bea delle belle labbra, del colore del manto, del pelo!!
Anche per queste considerazioni ho chiamato il mio metodo “Movimento Intuitivo”, laddove “intuito” è: “la capacità di avvertire, comprendere e valutare con immediatezza un fatto, una situazione” (http://www.treccani.it/vocabolario/intuito/). E anche: “L’intuizione (dal latino intueri = osservare, contemplare) è, a mio modo di vedere, una funzione psicologica fondamentale. L’intuizione è quella funzione psicologica che trasmette le percezioni per via inconscia. Tutto può essere oggetto di questa forma di percezione. Tanto oggetti esterni e interni quanto le loro connessioni.” (C.G. Jung)

3. Oltre trenta anni or sono, conversando col Maestro Hiroo Mochizuki, mi colpì favorevolmente la sua affermazione “Tutti gli uomini flettono l’avambraccio sul braccio”. MI aiutò a smettere di cercare l’arte del combattimento completa e per ciò più efficace, per indirizzarmi verso una pratica motoria che, facendo dell’individuo, del praticante, il soggetto, l’attore protagonista, di consegeunza fosse lei completa e per ciò efficace.
Ci vollero una decina d’anni ancora per comprendere i limiti di questa sua osservazione. Perché è vero che tutti gli uomini “flettono l’avambraccio sul braccio”, ovvero verso il bicipite brachiale e nessuno è in grado di fare l’opposto, ovvero fletterlo verso il tricipite brachiale. Ma è altresì vero che tale flettersi è diverso da individuo ad individuo: diverso nella fluidità del gesto, diverso nel raggio d’azione del gesto, ma, soprattutto, diverso nei contenuti emotivi del gesto. Contenuti emotivi che ne influenzano la resa, la performance, rendendola più rapida o meno, più “forte” o meno, connessa o meno all’azione corporea tutta.
Così, tra i diversi motivi per cui, per esempio, ritengo inutile / dannoso allenarsi agli squat, ci sta che il piegarsi sulle gambe sarà concretamente, fisicamente, un gesto ben diverso se mi accingo a sedermi sul water o se ho ricevuto una spinta atta a farmi cadere o se mi sto accucciando per nascondermi alla vista di un creditore!! Infatti, la sfera sensomotoria si attiva insieme ai processi cognitivi ed affettivi.

4. Che non è ripetere e ripetere e ripetere ancora gesti o tecniche: questo lo lasciamo a chi sia afflitto da disturbi ossessivo compulsivi!! Esperire è provare, sperimentare, conoscere attraverso il provare.



lunedì 8 giugno 2020

Che il tuo danzare conquisti il mondo



 Mondo, il tuo mondo di vita tua e di relazioni tue.
Dalle profonde viscere di ricordi impossibili da ricordare. Dai gesti, dai movimenti di un piccolo, piccolissimo, essere che eri tu alla loro riscoperta, alla loro riappropriazione ora che i decenni a grappoli si sono coricati sulle tue spalle, sui tuoi respiri insonni.
Danza che è strisciare, flettersi, estendersi. Danza che annusa te e lo scorrere della specie, delle specie, tra percorso filogenetico e percorso ontogenetico (1) che nessun dio potrà mai rompere.
Danziamo “Fushime Taiso”, il movimento del continuo mutare, tesoro di sapienza corporea giunto a noi dall’ Oriente a suggerirci spirali e strisciare.

Che sapore ha, che immagini ha, connettersi fino a concludersi infante che cresce e animale che, dalle acque, si affaccia alla terra lì indirizzato ad un percorso errante?
Come se poi ognuno di noi non fosse distante e perso dai ricordi e non c'è nulla ormai, a parte i pochi gesti incerti che riaffiorano sbiaditi confusi in mezzo a tanti altri dal contorno accecante.
E non serve mettersi una maschera per negare una brutta figura, che “brutte figure” siamo qui a farle, persino a cercarle se sono, e lo sono, il viatico per conoscere di te…nemmeno tanto oscuro l’oracolo di Delfi, nemmeno tanto oscuro quel “Conosci te stesso”.

Hai compreso mai chi eri tu e chi potresti diventare?
Perché sembra un'altra la vita che tu vuoi e se ti apri, se ti confronti, se accogli, luce o buio, arrivi a muoverti meglio, a gestire meglio te nello spazio, a scoprirti in quelle parti animali che, brandelli o rimasugli, ti prendono per mano a scoprire chi ora sei e che cosa vuoi, superando terreni impervi e ispidi cespugli.

L’affascinante atmosfera che circola in questo giardino, attorno ad una costruzione che mai nasconde storia e fascinazione, ci tocca uno ad uno con la semplicità e l’innocenza di un bambino.
Danziamo Tai Chi Chuan, cielo gonfio di nuvole e scrosci di pioggia.
Benvenuti guerrieri, benvenuti tra le braccia dell’Ombra, che ora danza selvaggia.

Appuntamento a Giovedì 11 e 18 Giugno, 
ore 17,30 – 19.00
Giardini Indro Montanelli (pt. Venezia) Milano
(in caso di maltempo, presso giardini Rotonda della Besana)


1. Filogenesi indica la serie degli stadi attraverso ai quali sono passati gli organismi nel corso delle epoche geologiche, ontogenesi indica lo sviluppo dell'individuo.
La 'Teoria della ricapitolazione' o 'Legge della biogenesi' afferma che lo sviluppo dell'embrione di un essere vivente avviene per fasi che ricordano le fasi dello sviluppo evolutivo della sua specie a partire dagli antenati più remoti.






giovedì 4 giugno 2020

Verso l’Ombra che danza cap. 2





Insegnare, imparare, ma come?
Non mi interessa una tecnica insegnare né il mio sapere dentro chi non sa (1) depositare.
Preferisco di gran lunga suscitare la curiosità accompagnando il praticante a scoprire i modi migliori per percepire e contattarsi corpo, per imparare. Preferisco instaurare un modo di praticare e studiare che aiuti il praticante a prendersi cura di sé per non doversi curare.
So che la conoscenza risulta dal porre domande, nel nostro caso domande somatiche, domande di corpo e movimento, sorta di koan zen fisicoemotivi. E questo è il punto: una volta che ho aiutato il praticante a comprendere come porsi domande – domande appropriate, sostanziali – questi ha imparato ad imparare e nessuno potrà impedirgli di apprendere tutto ciò che vorrà!!
Per questo misuro il mio successo, la mia capacità di Sensei (“colui che è nato prima”), di facilitatore, sulla base dei cambiamenti intervenuti nella postura, nel modo di muoversi ed agire, nel comportamento tutto dei praticanti che condividono con me questo percorso standomi appresso. (2)

Dunque
“L’atteggiamento dell’insegnante che adotta il metodo dell’inchiesta, si riflette sul suo comportamento. Quando lo vedete in azione, osservate che:
E’ raro che l’insegnante dica agli studenti che cosa pensa che essi debbano sapere. (…)
Egli si rivolge agli studenti soprattutto mediante domande. (…)
In generale, non accetta una sola affermazione come risposta a una domanda.
Le sue lezioni prendono forma sulla base delle risposte degli studenti e non di una struttura “logica” preordinata.”
(N. Postman)

Cosa studieremo Domenica 7 Giugno?
Un più approfondito contatto con il suolo (la Terra, il femminile) da cui innestare l’agire, il muoversi nello spazio, in modo ancora più fluido.
Perché è dal vuoto che nasce il pieno, dal femminile che origina il maschile.
Perché tutti noi necessitiamo di un buon sostegno per percepire il nostro peso, sentirsi stabili ed avere fiducia nel distacco verso lo spazio intorno a noi.
Perché il distacco fisico, motorio, non sia affidato allo strappo superficiale di pochi muscoli ma coinvolga il corpo tutto, a partire dalla percezione della propria tridimensionalità, proseguendo con la consapevolezza dello scheletro come struttura di sostegno, del sistema legamentoso come limite entro cui può agirsi il movimento, del sistema fasciale come elastico contenitore, del sistema nervoso che sottende i processi cognitivi e la precisione dei movimenti, infine, del sistema muscolare tutto.
E questa è la premessa fondante la capacità tanto di esplorare e accogliere quanto ripiegarsi e rifiutare in ogni nostra relazione umana che ci vede sempre errare come un navigante.

L’utilizzo dei Fushime Taiso per esplorare quei disegni, quei riflessi di flessione ed estensione, ritirarsi ed avvicinarsi, fuggire e lottare ecc. che sono gli schemi motori automatici alla base dei nostri movimenti volontari, somatici.
Questi riflessi, formatisi nei primi mesi di vita, costruiscono tracciati grazie ai quali la mente trova espressione nel movimento. Se il loro sviluppo fu carente, gli schemi successivi e complessi risulteranno deboli o incompleti, con un tracciato astinente.
Ripercorrere consapevolmente questo percorso aiuta a colmarne le lacune e a lanciarci in una motricità rinnovata davvero completa, in grado di farci agire consapevolmente.

Dunque
“Io sto condividendo la mia percezione, non la verità. La verità è nella tua esperienza”
(B. Bainbridge Cohen)

Chi volesse partecipare, mi contatti

Replicheremo, approfondendo l’argomento ed aggiungendone altri, nel tardo pomeriggio di Giovedì 11 e 18 Giugno, ai giardini Indro Montanelli (p.ta Venezia)


1. L’allievo non è carta bianca su cui il docente va a scrivere; non può esserlo in quanto ha già in sé una personale storia somatica, di emozioni legate al dialogo tonico, al gioco espressivo sotteso all’alternanza di contrazioni e decontrazioni muscolari.
Di più, ogni individuo ha già in sé le risorse interiori per affacciarsi ad una consapevole efficienza fisica, requisito necessario per migliorare ogni prestazione. Sto scrivendo di una gestualità che scaturisce dall’interno verso l’esterno e non viceversa.
Si tratta solo di recuperare quelle sue risorse, ricostruire i tracciati dei riflessi primitivi non maturati, sostenere l’allievo nel suo personale percorso di scoperta corporea, fisicoemotiva, non certo imporgli dei modelli da copiare o un manuale di tecniche come se dovesse montare un mobile Ikea!!

2. “Il nostro corpo è abitato: sangue, ossa, organi, muscoli segnalano una vita interna che non si esaurisce nella sua fisiologia, ma che produce intrecci, sovrapposizioni e risonanze nella nostra esperienza emozionale, affettiva, psichica” (I. Gamelli)




lunedì 1 giugno 2020

Verso l’Ombra che danza. Cap. 1




Cosa è corpo e cosa è movimento?

Nella forma visibile del corpo (1) si esprime sia il modo di essere che il modo di agire, poiché l’unità psicofisica congiunge le tre componenti: vita psichica, vita vegetativa inconscia e vita tonico – motoria, sia cosciente che riflessa. Il continuum che le collega è il movimento, poiché qualunque essere vivente, anche se apparentemente statico, è in cambiamento.
Noi prendiamo coscienza delle emozioni attraverso il corpo, perché è attraverso le sensazioni del corpo che le registriamo e le rievochiamo dai piedi alla testa passando per il torso. (2)
Dunque:
Un sistema (omissis) funziona solamente se non vi manca nessun elemento essenziale
e acquista significato ed efficacia solo grazie a ciascuno di tali elementi,
il cui senso si chiarisce solo in riferimento all’insieme
(J. Le Goff)

Perché è senso comune guardare al corpo, 
occuparsi di corpo,
come se fosse un oggetto?

Quando dico “Io ho un corpo stanco”, invece di “Io sono corpo stanco”, quando dico “Io ho le spalle contratte” invece di “Io sono spalle contratte” opero una scissione in me tra Io e il corpo. Mi comporto da schizofrenico facendomi torto.
Questa scissione è in linea, è funzionale, alla scissione più generale ora imperante tra identità e funzione, alla parcellizzazione del lavoro, ad un pensiero complesso, filosofico (3) in frantumazione, a favore del pensiero unico e monodirezionale e così tanto dogmatico, fatto di preconcetti immodificabili, quanto superficiale.
Il computer (ogni macchina) non si ammala, non si annoia, non ha sbalzi di umore, non resta incinto ecc., se si guasta viene riparato o sostituito e tu, individuo operatore, devi diventare come lui e come lui devi assumere un sistema di pensiero binario e non divergente in cui ogni scarto viene abortito.
Di conseguenza, anche le pratiche corporee oggi in voga sguazzano infelicemente tra la spinta narcisistica ad apparire belli e snelli per non perdere l’accettazione e la competizione nel gruppo referente, e la modifica del proprio corpo come se fosse “cosa”: la tua motocicletta, i tuoi calzini e non te stesso individuo in totale accordo.

Eppure noi siamo corpo, noi abitiamo corpo, il corpo ci rivela di noi e di come stiamo al mondo. Il movimento è un mezzo per osservare, attraverso il corpo, l’espressione della mente (che è comunque corpo!!), nonché una via di accesso per conoscere di sé e di sé nell’ambiente, perché la nostra visione del mondo è modificata dal linguaggio corporeo con cui comunichiamo e il corpo non mente.
Dunque:
“In ogni gesto c’è la mia relazione col mondo, il mio modo di vederlo, sentirlo, la mia educazione, il mio ambiente, la mia costituzione psicologica, il mio modo di offrirmi, tutta la mia biografia”
(U. Galimberti)

Nei prossimi giorni il cap. 2 
dedicato al
“come”, ovvero didattica ed andragogia, e al
“cosa”, ovvero quel che praticheremo e con che obiettivi.




1. Corpo del mondo, della vita, corpo abitato, incarnato (Leib), di contro al corpo da misurare, corpo della medicina, corpo estraneo, altro da me (Corper).
E dedichiamo due righe a questo concetto!!
Alle origini della nostra cultura, che è cultura greca, troviamo Omero per il quale il corpo non è un teatro che sta alle spalle, ma è immediatamente espressivo, non rappresentativo.

La svalutazione del corpo comincia con Platone e il suo “valore universale”, per cui noi non possiamo fidarci del corpo, delle sensazioni. Bisogna, invece, procedere con i costrutti della mente ed i numeri, quello che oggi è il mondo della scienza.
Sarà il Cartesio del “sono una cosa pensante” ad affermare che una conoscenza del corpo è data solo con quello che il pensiero mi dirà del corpo. Dunque, solo con idee chiare e distinte che, in quegli anni, sono, le categorie della fisica: numero, quantità, misura. Nasce il corpo come organismo.
Cartesio, con questa riduzione, permette sì un’ottima cosa, ovvero la nascita della medicina, ma sta a noi non limitarci a questa riduzione, che sarà funzionale allo sfruttamento capitalistico prima ed ora al dominio della tecnica sull’uomo.

2. “…reciproca e circolare influenza di pensiero, emozione, sensazione e fisicità o movimento” (M. Della Pergola)


3. Il pensiero filosofico, contrariamente a quanto in molti credono, non vuole imporre un sapere, esso opera una visitazione accurata delle opinioni, indaga se ciò che tu pensi ha fondamento oppure no. E’ critica delle opinioni diffuse.
Vi sono due modi di discutere:
eristico – quando uno cerca di avere ragione sull’altro;
veritativo – ovvero siamo insieme per cercare: Episteme, ovvero sapere che si fonda su di sé.
Certo … è difficile rinunciare alle proprie opinioni perché rappresentano l’identità: Io penso. Ecco perché il pensiero filosofico fa così paura e, nel suo cercare ed ispezionare la complessità, cozza contro il pensiero unico, quello superficiale, quello che poggia sui preconcetti e l’ostentazione delle certezze.