giovedì 4 giugno 2020

Verso l’Ombra che danza cap. 2





Insegnare, imparare, ma come?
Non mi interessa una tecnica insegnare né il mio sapere dentro chi non sa (1) depositare.
Preferisco di gran lunga suscitare la curiosità accompagnando il praticante a scoprire i modi migliori per percepire e contattarsi corpo, per imparare. Preferisco instaurare un modo di praticare e studiare che aiuti il praticante a prendersi cura di sé per non doversi curare.
So che la conoscenza risulta dal porre domande, nel nostro caso domande somatiche, domande di corpo e movimento, sorta di koan zen fisicoemotivi. E questo è il punto: una volta che ho aiutato il praticante a comprendere come porsi domande – domande appropriate, sostanziali – questi ha imparato ad imparare e nessuno potrà impedirgli di apprendere tutto ciò che vorrà!!
Per questo misuro il mio successo, la mia capacità di Sensei (“colui che è nato prima”), di facilitatore, sulla base dei cambiamenti intervenuti nella postura, nel modo di muoversi ed agire, nel comportamento tutto dei praticanti che condividono con me questo percorso standomi appresso. (2)

Dunque
“L’atteggiamento dell’insegnante che adotta il metodo dell’inchiesta, si riflette sul suo comportamento. Quando lo vedete in azione, osservate che:
E’ raro che l’insegnante dica agli studenti che cosa pensa che essi debbano sapere. (…)
Egli si rivolge agli studenti soprattutto mediante domande. (…)
In generale, non accetta una sola affermazione come risposta a una domanda.
Le sue lezioni prendono forma sulla base delle risposte degli studenti e non di una struttura “logica” preordinata.”
(N. Postman)

Cosa studieremo Domenica 7 Giugno?
Un più approfondito contatto con il suolo (la Terra, il femminile) da cui innestare l’agire, il muoversi nello spazio, in modo ancora più fluido.
Perché è dal vuoto che nasce il pieno, dal femminile che origina il maschile.
Perché tutti noi necessitiamo di un buon sostegno per percepire il nostro peso, sentirsi stabili ed avere fiducia nel distacco verso lo spazio intorno a noi.
Perché il distacco fisico, motorio, non sia affidato allo strappo superficiale di pochi muscoli ma coinvolga il corpo tutto, a partire dalla percezione della propria tridimensionalità, proseguendo con la consapevolezza dello scheletro come struttura di sostegno, del sistema legamentoso come limite entro cui può agirsi il movimento, del sistema fasciale come elastico contenitore, del sistema nervoso che sottende i processi cognitivi e la precisione dei movimenti, infine, del sistema muscolare tutto.
E questa è la premessa fondante la capacità tanto di esplorare e accogliere quanto ripiegarsi e rifiutare in ogni nostra relazione umana che ci vede sempre errare come un navigante.

L’utilizzo dei Fushime Taiso per esplorare quei disegni, quei riflessi di flessione ed estensione, ritirarsi ed avvicinarsi, fuggire e lottare ecc. che sono gli schemi motori automatici alla base dei nostri movimenti volontari, somatici.
Questi riflessi, formatisi nei primi mesi di vita, costruiscono tracciati grazie ai quali la mente trova espressione nel movimento. Se il loro sviluppo fu carente, gli schemi successivi e complessi risulteranno deboli o incompleti, con un tracciato astinente.
Ripercorrere consapevolmente questo percorso aiuta a colmarne le lacune e a lanciarci in una motricità rinnovata davvero completa, in grado di farci agire consapevolmente.

Dunque
“Io sto condividendo la mia percezione, non la verità. La verità è nella tua esperienza”
(B. Bainbridge Cohen)

Chi volesse partecipare, mi contatti

Replicheremo, approfondendo l’argomento ed aggiungendone altri, nel tardo pomeriggio di Giovedì 11 e 18 Giugno, ai giardini Indro Montanelli (p.ta Venezia)


1. L’allievo non è carta bianca su cui il docente va a scrivere; non può esserlo in quanto ha già in sé una personale storia somatica, di emozioni legate al dialogo tonico, al gioco espressivo sotteso all’alternanza di contrazioni e decontrazioni muscolari.
Di più, ogni individuo ha già in sé le risorse interiori per affacciarsi ad una consapevole efficienza fisica, requisito necessario per migliorare ogni prestazione. Sto scrivendo di una gestualità che scaturisce dall’interno verso l’esterno e non viceversa.
Si tratta solo di recuperare quelle sue risorse, ricostruire i tracciati dei riflessi primitivi non maturati, sostenere l’allievo nel suo personale percorso di scoperta corporea, fisicoemotiva, non certo imporgli dei modelli da copiare o un manuale di tecniche come se dovesse montare un mobile Ikea!!

2. “Il nostro corpo è abitato: sangue, ossa, organi, muscoli segnalano una vita interna che non si esaurisce nella sua fisiologia, ma che produce intrecci, sovrapposizioni e risonanze nella nostra esperienza emozionale, affettiva, psichica” (I. Gamelli)




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