Non so quanto si tratti di estetica, di gusto personale, di influenze sociali e culturali. Non so.
Forse ciò
che colpisce, che si apprezza, sta nelle piccole cose, nei piccoli gesti, in un
disegno corporeo nello spazio che ci emoziona e non sappiamo il perché, che
smuove le nostre sagome interiori, che ci propone un senso.
Forse origina da un equilibrio precario e mutevole tra odine e caos, tra regole e spontaneità. Forse è il risultato, sempre mutevole, del mescolare tra loro flessibilità, grazia e potenza.
1. Flessibilità,
che è arte di adattarsi senza spezzarsi. La flessibilità non è solo un
attributo meccanico, ma un’attitudine fisicoemotiva. Essa investe la capacità
di aderire ai mutamenti, trovando l’equilibrio perfetto per accompagnarli nel
loro evolversi influenzandoli, dosando contrasto e consenso.
2. Grazia,
che è leggerezza portatrice di piacere. La grazia, nel movimento, si manifesta
sciorinando tutto il repertorio del fluire dosando sapientemente il flusso
libero, che emana cedevolezza, passione e semplicità, con il flusso contenuto,
che emana attenzione e cautela (1).
3. Potenza,
che è l’energia che muove ogni cosa, fuori e dentro di noi. Potenza non come
forza bruta, ma come risultato di una gestione raffinata ed una direzione
consapevole dell’energia. L’autentica potenza sta nella capacità di canalizzare
l’intensità senza deturpare la bellezza. Qualcuno ricorda lo slogan pubblicitario
“La potenza è nulla senza controllo”? (2)
La flessibilità credo sia la base. Essere flessibili necessita di un equilibrio interiore, consapevoli che l’equilibrio non è MAI statico, ma sempre il risultato della gestione di diversi squilibri mutevoli e cangianti; dunque l’equilibrio perfetto e immutabile nel tempo non esiste, è sempre una caccia aperta senza mai la sicurezza di afferrare la preda. Essere flessibili significa adattarsi ai cambiamenti senza perdere la propria essenza, quello che gli antichi, e con loro più recentemente il musicista Franco Battiato, chiamavano il “centro di gravità permanente” accettando che quegli stessi cambiamenti, in un modo o nell’altro, scalfiscano e in parte modellino la nostra essenza. Essere flessibili è muoversi senza rigidità, è apertura alle nuove possibilità, nell’esplorazione del vivere quotidiano come del muoversi, della gestualità nello spazio, affrontando situazioni impreviste con elasticità ed astuzia. Sorta di Ulisse capace di superare le difficoltà ed ingannare le avversità escludendo il ricorso allo scontro aperto.
La grazia
origina dalla fluidità. La grazia è ciò che rende il movimento, come ogni
nostro comportamento sociale, piacevole ed armonioso. Quando la flessibilità consente
di muoversi senza sforzo manifesto, visibile, la grazia tinge quel movimento di
qualcosa di bello, semplice e affascinante. Persino i ritmi più sincopati, più
stringenti, possono così emanare grazia occultando distruzione ed
annientamento. È il modo sottile (forse perverso?) in cui la potenza si
manifesta senza mostrarsi brutale e violenta. E’ il pugilato di Muhammad Alì,
già Cassius Clay, o di Nino La Rocca.
La potenza
è il motore, è energia, forza, intensità. Senza flessibilità appare rigida e come
legata; senza grazia, appare rozza e grossolana. Ma quando si bilancia con le
altre due qualità, diventa elegante, efficace, capace di ispirare sensazioni
profonde e causare danni letali.
Come traduciamo tutto ciò
nella nostra pratica marziale,
pratica Spirito Ribelle?
Le Arti Marziali,
in particolare Kenpo Taiki Ken e Tai Chi Chuan,
come noi le intendiamo, sono un ottimo banco di prova per equilibrare
flessibilità, grazia e potenza, poiché richiedono un'armoniosa combinazione di
questi tre elementi al fine raggiungere insieme efficacia / efficienza e
bellezza (che è sensibilità interiore e gusto esteriore, mai disgiunti) del
movimento.
1. Flessibilità: Adattarsi per affrontare al meglio
l’opponente, perché un combattente rigido è prevedibile. La flessibilità
fisicoemotiva permette di rispondere rapidamente agli attacchi e di adattarsi
alle strategie dell’avversario insinuandosi nelle pieghe del suo agire. Il
corpo elastico esegue movimenti fluidi e precisi cogliendo le opportunità di
contrattacco. E questo vale anche (soprattutto?) con il nemico più subdolo e
pericoloso: Noi stessi.
2. Grazia:
Gestione raffinata del movimento. La grazia nelle pratiche marziali si
manifesta nella fluidità dell’esecuzione. Non si tratta solo di estetica, ma di
efficienza ed efficacia: Ogni gesto è economico, senza fronzoli, senza sprechi
di energia, senza gesti parassiti e ridondanti, solo gesti dotati di senso. E’ naturalezza
che cela la fatica e l’impegno dietro ogni percossa ed elusione.
3. Potenza:
Forza canalizzata con precisione. La potenza è il fulcro di ogni tecnica, ma
deve essere controllata, si deve sempre sapere il “cosa” e il “come”. Un pugno
o una ginocchiata potente senza precisione rischia l’inefficacia, mentre un
colpo mirato, esplosivo e ben soppesato diventa devastante. La vera forza
marziale non sta tanto nella forza bruta, incontrollata, ma nella capacità di
usarla nel momento giusto e nella direzione esatta, lasciandola sgorgare da una
spontaneità formatasi nel tempo non con ripetizioni meccaniche, ma forgiando la
consapevolezza di sé nel movimento (3).
Cosè il Kenpo Taiki Ken e come
e perché
percorre la strada di cui sopra
Il Taiki
Ken (4) è un'arte marziale giapponese creta dal Maestro Kenichi
Sawai a partire dallo Yi Quan (I Chuan), arte
cinese. E’ un metodo che enfatizza la consapevolezza corporea, la fluidità e
l'uso dell'energia interna, perfetto esempio di come flessibilità, grazia e potenza
si intreccino per creare un combattente efficace e armonioso.
1. Flessibilità è adattarsi senza resistere oltre
misura. Nel Taiki Ken, la flessibilità è fondamentale. I
praticanti studiano per originare movimenti naturali e spontanei, evitando
schemi fissi. Questo allontana il pericolo di reagire meccanicamente ad uno
stimolo esterno, si agisce invece rapidamente adattandosi agli attacchi e scegliendo,
di volta in volta, la risposta ritenuta migliore. Non reazione ma azione.
2. Grazia
è il movimento senza sprechi. La grazia nel Taiki Ken si
manifesta nella capacità di muoversi con fluidità e precisione. Ogni gesto è
essenziale, senza inutili tensioni e contrazioni. La formazione (non a caso noi
allo Spirito Ribelle parliamo di formazione e non di allenamento /
addestramento) include esercizi e giochi di sensibilità e percezione,
affinando la capacità di intuire le mosse dell’opponente per rispondere con
naturalezza e semplicità. Per usare un’espressione in voga nell’antico Te
di Okinawa (il progenitore del Karate giapponese), niente “mani
fiorite”.
3. Potenza
è energia esplosiva. La potenza (Hakkei) nel Taiki Ken
non origina dalla forza bruta, dall’attenzione spasmodica al lavoro muscolare,
ma comprende anche attenzione e sinergia con le articolazioni, il tessuto
connettivo, i tendini e, a certi livelli, il sistema degli organi interni. Le
percosse sono brevi, esplosive e mirate, sfruttando le onde cinetiche (non la
rotazione dei fianchi), il peso del
corpo e l’integrità fisicoemotiva, ovvero l’individuo nella sua interezza. Il
che significa non unire mente e corpo (che sono già un’unica realtà (5),
si tratta solo di comprenderlo!!) ma affrontare il rapporto tra corpo e
mondo.
Questo è il “modus operandi” qui allo
Spirito Ribelle, nel Kenpo Taiki Ken ma anche nel Tai
Chi Chuan, perché sono convinto che queste sopra sono le caratteristiche
performanti e vincenti di un’Arte Marziale.
Ci sono
molte, tante Arti Marziali Tradizionali e loro derivate, invece, che si offrono
come strutturate, come un sistema. Io, alla luce delle mie esperienze di vita e
marziali, degli studi su libri e documenti, degli incontri fatti con Maestri e
praticanti sia del mondo marziale che del mondo corpo e movimento in genere, ho
scelto da tempo un percorso in cui sia il praticante il protagonista e l’Arte
studiata il mezzo per esplorare di sé e delle relazioni attraverso la pratica
del conflitto, del confronto di corpo.
Non mi
occupo di “insegnare” tecniche (waza), di farle imitare
fedelmente, cioè scrivere un testo preconfezionato su una pagina bianca, perché
nessun individuo è una pagina bianca ma ognuno di noi è una pagina diversa che
ha già scritte le sue personali esperienze.
Non mi
occupo di riempire vuoti reali o supposti con cose ed attrezzi, ovvero tecniche
e gesti preconfezionati, perché: “E’ il buco del centro (della ruota, del non
essere) che la rende utile Il vuoto del vaso lo rende utile Porte e finestre,
buchi della stanza, la rendono utile (Lao tzu in Tao Te King)
Perché ogni individuo
è una risorsa
1. 1. All’opposto del flusso libero
normale, sta quello estremo, che è sfogo incontrollato, abbandono totale;
all’opposto del flusso contenuto normale, sta quello estremo che è costretto,
limitato, inibito, represso (Laban Movement Analysis)
2. 2. Pubblicità pneumatici Pirelli, anni
’90. Vedi anche: https://formiche.net/2019/05/pirelli-25-potenza-controllo/#:~:text=Qui%20la%20potenza%20viene%20mostrata,indispensabile%20a%20raggiungere%
3. 3. “La consapevolezza interiore aumenta
l'efficienza fisica, che a sua volta permette di migliorare la tecnica. Stiamo
quindi parlando di una tecnica che scaturisce dall'interiorità verso l'esterno,
anziché seguire il percorso inverso” (J. Whitmore in ‘Coaching’)
4. 4. https://taikiken.org/
5. 5. “La mente è incorporata, nel senso
più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello” (A. Damasio in
‘L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano’). Per approfondire:
La chiave di SOPHIA Giu – Set 2020)
Nessun commento:
Posta un commento