mercoledì 4 giugno 2025

Le tre qualità che fondano una buona pratica marziale

 


Non so quanto si tratti di estetica, di gusto personale, di influenze sociali e culturali. Non so.

Forse ciò che colpisce, che si apprezza, sta nelle piccole cose, nei piccoli gesti, in un disegno corporeo nello spazio che ci emoziona e non sappiamo il perché, che smuove le nostre sagome interiori, che ci propone un senso.

Forse origina da un equilibrio precario e mutevole tra odine e caos, tra regole e spontaneità. Forse è il risultato, sempre mutevole, del mescolare tra loro flessibilitàgrazia e potenza.

1. Flessibilità, che è arte di adattarsi senza spezzarsi. La flessibilità non è solo un attributo meccanico, ma un’attitudine fisicoemotiva. Essa investe la capacità di aderire ai mutamenti, trovando l’equilibrio perfetto per accompagnarli nel loro evolversi influenzandoli, dosando contrasto e consenso.

2. Grazia, che è leggerezza portatrice di piacere. La grazia, nel movimento, si manifesta sciorinando tutto il repertorio del fluire dosando sapientemente il flusso libero, che emana cedevolezza, passione e semplicità, con il flusso contenuto, che emana attenzione e cautela (1).

3. Potenza, che è l’energia che muove ogni cosa, fuori e dentro di noi. Potenza non come forza bruta, ma come risultato di una gestione raffinata ed una direzione consapevole dell’energia. L’autentica potenza sta nella capacità di canalizzare l’intensità senza deturpare la bellezza. Qualcuno ricorda lo slogan pubblicitario “La potenza è nulla senza controllo”? (2)




La flessibilità credo sia la base. Essere flessibili necessita di un equilibrio interiore, consapevoli che l’equilibrio non è MAI statico, ma sempre il risultato della gestione di diversi squilibri mutevoli e cangianti; dunque l’equilibrio perfetto e immutabile nel tempo non esiste, è sempre una caccia aperta senza mai la sicurezza di afferrare la preda.  Essere flessibili significa adattarsi ai cambiamenti senza perdere la propria essenza, quello che gli antichi, e con loro più recentemente il musicista Franco Battiato, chiamavano il “centro di gravità permanente” accettando che quegli stessi cambiamenti, in un modo o nell’altro, scalfiscano e in parte modellino la nostra essenza. Essere flessibili è muoversi senza rigidità, è apertura alle nuove possibilità, nell’esplorazione del vivere quotidiano come del muoversi, della gestualità nello spazio, affrontando situazioni impreviste con elasticità ed astuzia. Sorta di Ulisse capace di superare le difficoltà ed ingannare le avversità escludendo il ricorso allo scontro aperto.

La grazia origina dalla fluidità. La grazia è ciò che rende il movimento, come ogni nostro comportamento sociale, piacevole ed armonioso. Quando la flessibilità consente di muoversi senza sforzo manifesto, visibile, la grazia tinge quel movimento di qualcosa di bello, semplice e affascinante. Persino i ritmi più sincopati, più stringenti, possono così emanare grazia occultando distruzione ed annientamento. È il modo sottile (forse perverso?) in cui la potenza si manifesta senza mostrarsi brutale e violenta. E’ il pugilato di Muhammad Alì, già Cassius Clay, o di Nino La Rocca.

La potenza è il motore, è energia, forza, intensità. Senza flessibilità appare rigida e come legata; senza grazia, appare rozza e grossolana. Ma quando si bilancia con le altre due qualità, diventa elegante, efficace, capace di ispirare sensazioni profonde e causare danni letali.



Come traduciamo tutto ciò

nella nostra pratica marziale,

pratica Spirito Ribelle?

Le Arti Marziali, in particolare Kenpo Taiki Ken e Tai Chi Chuan, come noi le intendiamo, sono un ottimo banco di prova per equilibrare flessibilità, grazia e potenza, poiché richiedono un'armoniosa combinazione di questi tre elementi al fine raggiungere insieme efficacia / efficienza e bellezza (che è sensibilità interiore e gusto esteriore, mai disgiunti) del movimento.

 

1.      Flessibilità: Adattarsi per affrontare al meglio l’opponente, perché un combattente rigido è prevedibile. La flessibilità fisicoemotiva permette di rispondere rapidamente agli attacchi e di adattarsi alle strategie dell’avversario insinuandosi nelle pieghe del suo agire. Il corpo elastico esegue movimenti fluidi e precisi cogliendo le opportunità di contrattacco. E questo vale anche (soprattutto?) con il nemico più subdolo e pericoloso: Noi stessi.

2. Grazia: Gestione raffinata del movimento. La grazia nelle pratiche marziali si manifesta nella fluidità dell’esecuzione. Non si tratta solo di estetica, ma di efficienza ed efficacia: Ogni gesto è economico, senza fronzoli, senza sprechi di energia, senza gesti parassiti e ridondanti, solo gesti dotati di senso. E’ naturalezza che cela la fatica e l’impegno dietro ogni percossa ed elusione.

3. Potenza: Forza canalizzata con precisione. La potenza è il fulcro di ogni tecnica, ma deve essere controllata, si deve sempre sapere il “cosa” e il “come”. Un pugno o una ginocchiata potente senza precisione rischia l’inefficacia, mentre un colpo mirato, esplosivo e ben soppesato diventa devastante. La vera forza marziale non sta tanto nella forza bruta, incontrollata, ma nella capacità di usarla nel momento giusto e nella direzione esatta, lasciandola sgorgare da una spontaneità formatasi nel tempo non con ripetizioni meccaniche, ma forgiando la consapevolezza di sé nel movimento (3).



Cosè il Kenpo Taiki Ken e come e perché

percorre la strada di cui sopra

Il Taiki Ken (4) è un'arte marziale giapponese creta dal Maestro Kenichi Sawai a partire dallo Yi Quan (I Chuan), arte cinese. E’ un metodo che enfatizza la consapevolezza corporea, la fluidità e l'uso dell'energia interna, perfetto esempio di come flessibilità, grazia e potenza si intreccino per creare un combattente efficace e armonioso.

 

1.      Flessibilità è adattarsi senza resistere oltre misura. Nel Taiki Ken, la flessibilità è fondamentale. I praticanti studiano per originare movimenti naturali e spontanei, evitando schemi fissi. Questo allontana il pericolo di reagire meccanicamente ad uno stimolo esterno, si agisce invece rapidamente adattandosi agli attacchi e scegliendo, di volta in volta, la risposta ritenuta migliore. Non reazione ma azione.

2. Grazia è il movimento senza sprechi. La grazia nel Taiki Ken si manifesta nella capacità di muoversi con fluidità e precisione. Ogni gesto è essenziale, senza inutili tensioni e contrazioni. La formazione (non a caso noi allo Spirito Ribelle parliamo di formazione e non di allenamento / addestramento) include esercizi e giochi di sensibilità e percezione, affinando la capacità di intuire le mosse dell’opponente per rispondere con naturalezza e semplicità. Per usare un’espressione in voga nell’antico Te di Okinawa (il progenitore del Karate giapponese), niente “mani fiorite”.

3. Potenza è energia esplosiva. La potenza (Hakkei) nel Taiki Ken non origina dalla forza bruta, dall’attenzione spasmodica al lavoro muscolare, ma comprende anche attenzione e sinergia con le articolazioni, il tessuto connettivo, i tendini e, a certi livelli, il sistema degli organi interni. Le percosse sono brevi, esplosive e mirate, sfruttando le onde cinetiche (non la rotazione dei fianchi),  il peso del corpo e l’integrità fisicoemotiva, ovvero l’individuo nella sua interezza. Il che significa non unire mente e corpo (che sono già un’unica realtà (5), si tratta solo di comprenderlo!!) ma affrontare il rapporto tra corpo e mondo.

 

Questo è il “modus operandi” qui allo Spirito Ribelle, nel Kenpo Taiki Ken ma anche nel Tai Chi Chuan, perché sono convinto che queste sopra sono le caratteristiche performanti e vincenti di un’Arte Marziale.

Ci sono molte, tante Arti Marziali Tradizionali e loro derivate, invece, che si offrono come strutturate, come un sistema. Io, alla luce delle mie esperienze di vita e marziali, degli studi su libri e documenti, degli incontri fatti con Maestri e praticanti sia del mondo marziale che del mondo corpo e movimento in genere, ho scelto da tempo un percorso in cui sia il praticante il protagonista e l’Arte studiata il mezzo per esplorare di sé e delle relazioni attraverso la pratica del conflitto, del confronto di corpo. 

Non mi occupo di “insegnare” tecniche (waza), di farle imitare fedelmente, cioè scrivere un testo preconfezionato su una pagina bianca, perché nessun individuo è una pagina bianca ma ognuno di noi è una pagina diversa che ha già scritte le sue personali esperienze.

Non mi occupo di riempire vuoti reali o supposti con cose ed attrezzi, ovvero tecniche e gesti preconfezionati, perché: “E’ il buco del centro (della ruota, del non essere) che la rende utile Il vuoto del vaso lo rende utile Porte e finestre, buchi della stanza, la rendono utile (Lao tzu in Tao Te King)

Perché ogni individuo 

è una risorsa

 


1.      1All’opposto del flusso libero normale, sta quello estremo, che è sfogo incontrollato, abbandono totale; all’opposto del flusso contenuto normale, sta quello estremo che è costretto, limitato, inibito, represso (Laban Movement Analysis)

2.      2Pubblicità pneumatici Pirelli, anni ’90. Vedi anche: https://formiche.net/2019/05/pirelli-25-potenza-controllo/#:~:text=Qui%20la%20potenza%20viene%20mostrata,indispensabile%20a%20raggiungere%

3.     3.  La consapevolezza interiore aumenta l'efficienza fisica, che a sua volta permette di migliorare la tecnica. Stiamo quindi parlando di una tecnica che scaturisce dall'interiorità verso l'esterno, anziché seguire il percorso inverso” (J. Whitmore in ‘Coaching’)

4.      4https://taikiken.org/

5.     5.  La mente è incorporata, nel senso più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello” (A. Damasio in ‘L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano’). Per approfondire: La chiave di SOPHIA Giu – Set 2020)

 



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