lunedì 9 novembre 2015

Colui che danza la danza dell’acqua e del vento


Nel corso della vita  ognuno di noi diventa ciò che è. Lottare per realizzare la propria esistenza significa lottare – secondo il lessico di Heidegger – per l’autenticità”
(M.J. Sigrist)

 

Eudaimonia, strana parola che emerge dal lontano passato del mondo greco, a significare benessere, prosperità.

Mi ritrovo eterno studente  perché la materia di studio marziale è infinita come infinite le vie ed i viottoli del vivere e poi  perché so di sapere poco se non niente. Io che mi chiamo eretico e, con una punta di orgoglio vacuo, “L’ultimo degli indipendenti”.
Un tempo, tempi di un amore incondizionato, di primo figlio adorato e di mostri rifiutati che nutrivo di malavoglia, mi piaceva “stralunato stregone sognante”.
Ora non so, di me e di come sono, un amore che non luccica nell’oscurità ma vale oro, un altro figlio che è pulsazione vitale, quei mostri con cui sono finalmente venuto a patti e la barba bianca a ritagliare le rughe del volto.
Artista marziale e d’equilibrio fragile e precario nel vivere, mai vergognandomi di essere e fare il mio mestiere.
Che benessere e prosperità siano il pane quotidiano, annusato, mangiato, di una pratica Tai Chi Chuan che è acqua che scorre, che è vento che scorre.

Sarò irriverente a guardare col naso in su i profumi ed i colori di tutto il mondo, a calpestare un terreno che è madre di me e di tutti noi, sarò pauroso a chiedermi quanto cresco e quanto insieme invecchio, in quest’avventura che è più grande di me ma io la percorro ogni giorno, ogni giorno a danzare la danza dell’acqua e del vento che è Tai Chi Chuan.
So che per vivere è necessario che il sentimento e le emozioni siano ampi e profondi come il mare, come il mare calmi nella quiete e possenti nella tempesta; siano alti e solidi come la montagna, come la montagna violenti nelle slavine e subdoli nei crepacci; siano legna da ardere che dà un fuoco grande  ma se non lo foraggi sempre, presto si spegne; siano freddo acciaio tagliente ma se non lo lucidi accuratamente, lo sporco della ruggine ne soffocherà ogni abilità.
E, difficile per me, bisogna saper perdonare perché ciò faccia rima con amare, avendo il coraggio anche, quando occorre, di trovare la rima di parole ed azioni con odiare e violare. Soprattutto, lottare.

Per come io la intendo, la vita non è uno spettacolo di muscoli e pacchiano apparire col sottofondo di musiche da consumare e subito dimenticare. Il tempo e le energie e la passione che ci spendo è una lenta emorragia  che niente e nessuno potrà fermare.
Allora danzo, per come posso, tra le onde della vita. Danzo, per come so e posso, sui ritmi del mio Tai Chi Chuan, quello che la sera offro agli amici ed allievi Davide e Giovanni, tra le mura solide di un locale che odora di sudore e passione maschia.

Eudaimonia, antica cultura greca a noi così vicina, spericolato accostare ad un’arte nata sulla via della seta e oggi praticata da me, anziano milanese venuto alla luce il giorno, mese ed anno di quella che fu una delle peggiori, se non la peggiore, tragedia ambientale italiana.
Voglio, così, regalarmi un tramonto lungo e tinto di rosso acceso, in cui campeggi una stella dalla scia irriverente, una luce seminascosta che, nata da dentro, incontri chi mi sta accanto. Una luce, una fiamma, un colore scintillante  che scavalchi ogni confine, una danza dell’acqua e del vento che io chiamo Tai Chi Chuan a comporre i versi della mia libertà, a proporsi, oggi qui allo Z.N.K.R., domani non so, per ogni libertà che altri vogliano incontrare.




 

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