mercoledì 1 febbraio 2017

Il ritmo della spirale Cap. 1


 

 

Ho dato questo nome ad una sere di “esercizi” atti a promuovere il miglioramento del nostro agire nello spazio.
Esercizi sempre in continuo divenire, sia perché alcuni diventano obsoleti mentre altri nuovi si affacciano alla ribalta, sia perché praticandoli, come cambio io, così cambiano sensazioni e modi di agirli.
Esercizi tratti, “paro paro” o modificati, dalle mie esperienze sia di pratiche marziali che di pratiche corporee.
E, dato che io sono un ricercatore eretico mai domo e dallo “spirito ribelle”, vi è facile capire perché sopra ho scritto di “continuo divenire”. (1)
Non a caso, dopo adolescenziali intermittenti incontri con la pratica ginnica e sportiva, fu la mia prima vera occupazione professionale a farmi entrare nel mondo della “ginnastica” e della preparazione fisica. Erano i primi anni ’70 e, proprio il ruolo che professionalmente ricoprivo, mi permise studi e pratiche allora del tutto sconosciuti in Italia, misurandomi in prima persona con lo stretching by U.S.A., l’allenamento con i pesi by U.R.S.S. e D.D.R., i primi corsi di “Ginnastica per la Terza Età”, le prime sperimentazioni di Psicomotricità giunte a noi attraverso Jean Le Boulch, medico e fondatore della psicocinetica e della psicomotricità funzionale.
Studi e pratiche che, con gli anni, hanno attraversato diverse aree del movimento e della corporeità e, “mai smettere di cercare”, oggi, a oltre quarant’anni da quei primi incontri, ancora sono miei.

 

Capitolo 1: Ginnastica? No grazie, preferisco vivere e vivere bene!!

 In numerosi miei precedenti scritti, ho spiegato, da varie angolazioni, perché

la ginnastica / la preparazione fisica come comunemente intesa, sia sovente dannosa alla salute
                        e poco efficace per muoversi fluidamente e potentemente.

Dunque, a quanto lì scritto vi rimando.
by cubesona
Oggi, in questo post, voglio sottolineare alcuni errori tipici della ginnastica / preparazione fisica, aggiungendo alcuni commenti, oltre che sul “cosa” fare, sul “come”. Che, spesso, è il “come” a fare la differenza.

La premessa, anche questa scritta più volte, è che ginnastica / preparazione fisica considerano il corpo “altro” da sé, una macchina da preparare, il che è un atteggiamento quanto meno nevrotico, il viatico eccellente verso la psicosi.
Quel “mens sana in corpore sano” che già definisce una separazione per un’entità che, invece, è unica, è entità psicofisica: “Ogni fase di movimento, ogni minimo trasferimento di peso, ogni singolo gesto di qualsiasi parte del corpo, rivela un aspetto della nostra vita interiore” (R. Labàn)

Ma lasciamo alle spalle questa premessa, per altro spartiacque tra meccanici del corpo e del movimento e artisti / autori di sé corpo, sé movimento, per mettere il dito su alcune grossolane piaghe nella pratica dei primi.

-       Avete presente quella bella sfilza di macchine luccicanti che fanno tanto “Gym” e che, per lo più, hanno sostituito l’uso dei pesi?
Ebbene, usare quelle macchine altera il modo in cui il corpo si muoverebbe in situazione “naturale” e riduce la gamma di movimento, ovvero impedisce il naturale e corretto flusso dell’azione, in cui l’ordine nel quale le parti del corpo si mettono in movimento ne stabilisce correttezza ed efficacia / efficienza.
Questo limita fortemente la capacità di attivare completamente tutte le fibre muscolari, il che significa meno combustione di grassi e meno definizione muscolare. Peggio ancora, le macchine possono causare sforzi eccessivi per le articolazioni, a loro volta causa di lesioni durante l’allenamento.
E’ fondamentale che gli esercizi permettano al corpo di muoversi naturalmente con tutta la gamma di movimento che gli è propria, in modo da incidere sul metabolismo e tonificare tutto il corpo.
Seduti sulle macchine, non si utilizza la muscolatura profonda, quella deputata all’equilibrio del corpo, quella che, in realtà, è il motore primario, con il sistema articolare, di ogni nostro gesto.
Eppure un meccanico d’auto sa che la potenza del motore va sempre rapportata ad ammortizzatori, telaio, carrozzeria, pneumatici; possibile che questi “meccanici del corpo umano” non sappiano che le diverse qualità di sforzo (per riferirci a Labàn) risultano da una composizione interiore (conscia o inconscia) verso i fattori dell’agire: peso, spazio, tempo e flusso?
Capisco che ai cultori dell’estetica, degli addominali a “tartaruga”, dei bicipiti gonfi e del petto a “tacchino”, non importi nulla di essere fluidi ed efficienti mirando, invece, a rientrare a pieno titolo nei canoni estetici comuni, atti ad attirare le attenzioni di allegre fanciulle, anche loro provviste di un bell’intreccio di muscoli per cui sarebbe facilissimo scambiare un loro braccio o una coscia per un arto maschile ( tanto ambedue, maschi e femmine, sono avidi cultori della depilazione !!) ma chi si allena sulle macchine per ottimizzare le sue performance sportive che senso dà alla nozione di peso “the only thing they're good for is for sitting down while you tie your shoes or catch your breath!” (così scrive Shin Othake, strength coach, Fitness & fat Loss expert), spazio e tempo e flusso?
Insomma, se proprio volete fare ginnastica, almeno usate i pesi !!
Alcuni moderni cultori di ginnastica / preparazione fisica, hanno fatto un ulteriore passo avanti, propugnando l’uso di kettlebell e, addirittura, sacche riempite d’acqua. Sono piccoli attrezzi che, per come sono fatti, impongono una continua ricerca dell’equilibrio migliore durante la pratica ginnica, ovvero un coinvolgimento sia della muscolatura profonda sia di una più estesa gamma di muscoli.
Che ne penso? Ottimo, appunto un passo avanti. Fatto salvo che il “come” dell’utilizzo è totalmente, a dir poco, rivedibile, e che tale innovazione era già nella pratica marziale di qualche secolo fa: sarebbe bastato dare un’occhiata al passato per capire e modificare la stupidità del presente. D’altronde, chi pratica con me in Dojo, ha già fatto esperienza delle taniche riempite d’acqua che fanno parte degli strumenti della mia formazione marziale.

-       Avete presente tutti quegli esercizi fatti per isolare un singolo muscolo, tipo, - andiamo di inglesismi che fa tanto yankee e cool -, curl per i bicipiti e dips per i tricipiti? Ecco, servono a poco, non portano risultati significativi. Ogni ripetizione che fai, agisce semplicemente su quel muscolo non stimolando le fibre muscolari abbastanza per costruire massa muscolare magra o consumare abbastanza energia per massimizzare il tuo bruciare calorie.
Se vuoi costruire massa muscolare magra mentre bruci i grassi in modo da poter realmente definire la muscolatura, quel corpo dai muscoletti in evidenza che fa tanto figo, è necessario eseguire esercizi che stimolino il maggior numero di muscoli e, allo stesso tempo, facciano consumare quanta più energia possibile.
Tanto più che i muscoli generatori di ogni movimento stanno nella zona pelvica, mentre i muscoli delle membra semplicemente posizionano le ossa in modo tale da permettere la trasmissione della forza motoria, dunque il loro compito è indirizzare il movimento, non produrlo.

-       Ripetere gli stessi singoli gesti come la stessa routine più e più volte, è un modo sicuro per non ottenere risultati.
Queste pratiche, vere e proprie stereotipie dal sapore ossessivo compulsivo, presenti, ohibò, anche nelle pratiche marziali più diverse (disgusto !!), saturano l’attenzione, divengono sfondo indistinto ed inarticolato; fino a occupare tutto lo spazio della coscienza divenendo ossessione, possessione (ob – sessus: posseduto). La ripetizione fa perdurare nel tempo e prolungare nello spazio un gesto, un’espressione di per sé limitati nel tempo e nello spazio, è “immobilità nel movimento” (I. Fonagy, filosofo e linguista), Ossia una stereotipia è un muoversi continuamente per restare sempre nello stesso punto, nella stessa posizione o situazione.
Quelli che praticano spinning, sudano, si arrabattano pedalando in bici per stare sempre sullo steso posto, ne sono l’esempio grottesco più palpabile. Un po’ come un continuo e ripetitivo andare su e giù non solo là dove ... la fantasia non va oltre la propria mano, ma pure senza mai raggiungere l’orgasmo!!
Poi, il nostro sistema nervoso, il corpo, hanno una notevole capacità di adattarsi rapidamente e quando lo fanno, quando hanno “imparato”, procedono “di conserva”, non solo senza aggiungere alcuna informazione in più, ma, progressivamente, rilasciando e rifiutando quanto precedentemente appreso.
Chissà quale sorta di narcisismo maligno impera in tutti questi atleti, ginnasti, frequentatori di palestre, dediti alla coazione a ripetere. E magari si lamentano di avere, professionalmente, un’occupazione lavorativa ripetitiva !!

E il “come”?

Il “come” vuole, per restare nei limiti del gesto, della gestualità, il togliere e non il mettere, il sottrarre per aggiungere, il vuoto per avere il pieno.
Oggi vi farò un nuovo esempio: i piegamenti sulle braccia.
Quelli che abitualmente vengono chiamati “flessioni”.
Mi permetto: se un vostro docente, che so, vi invita a “sciogliere le articolazioni”, controllate il suo curriculum di studio e le sue pratiche sportive, potreste avere l’amara sorpresa di avere di fronte un tizio formatosi alla scuola alberghiera, o fanatico di qualche reality di cucina, più avvezzo a trattare di burro da sciogliere in un pentolino che di articolazioni da mobilizzare.
Dunque, per spiegarmi meglio, faccio notare che trattasi di “piegamenti sulle braccia”, non “con le braccia”.
by cribin
Allora, una volta proni al suolo, non premete con le mani / braccia contro il suolo (piegamenti con le braccia?) ma portate i gomiti per fuori dietro e…  vi solleverete “sulle braccia”. Sentirete lavorare principalmente i muscoli della schiena.

Anche perché, un buon albero, ha prima di tutto radici profonde che attingano dalla terra, chioma ben protesa in alto verso la luce, tronco dritto e irrorato dalla linfa e, di conseguenza, dei gran bei rami. (Vedi anche il mio “Contatto”, acquistabile direttamente attraverso questo blog).
Anche perché è questa prassi quella attenta al tessuto connettivo (2). Esso avvolge muscoli e organi – ossa, nervi ecc - tessendo una trama protettiva, detta fascia, che attraversa l’organismo tutto e che consente, con la sua elasticità, l’annullamento di ogni frizione e, con la sua coesione, il contenimento direzionale del movimento.
Il tutto, prevede un autentico lavoro interno, dove per interno intendiamo, indissolubilmente, muscolatura profonda e articolazioni e organi e viscere, pratica sensomotoria di un essere fisicoemotivo:
L’essere umano è una unità psicofisica indissolubile, pur nell’articolazione delle funzioni vitali. Il corpo è un’unità inscindibile che genera in se stessa il proprio ‘senso’. Nella nostra cultura è radicata una concezione dualistica Corpo / Anima, Soma / Psiche; costretti a muoverci in questa cultura, useremo il termine ‘Corpo’ non come entità distinta e opposta ad ‘Anima’ (o Spirito) ma come ‘aspetto’ o ‘manifestazione’ dell’unità psicofisica che è l’essere umano.” (S. Guerra Lisi & G. Stefani).

 
Ai prossimi post per entrare nel cuore de
Il ritmo della Spirale”.

 

 1. “Divenire” che comporta, ahimé, grossolani errori come quello che mi ha portato, in questi giorni, ad avere un fastidioso dolore tendineo al ginocchio. Lo so che la gamba non deve mai andare in iper estensione, con buon pace dei vari fanatici dello stretching; ma qui l’esercizio non avrebbe contemplato una iper estensione… non avrebbe … ma io l’ho fatta e ripetutamente. Va bene, impariamo dagli errori, modificando il tragitto di quell’esercizio, curando attentamente ogni piccolo gesto quotidiano a partire dal camminare per non sovraccaricare il ginocchio, affinché il “guasto” scompaia e intanto non mi impedisca di continuare il mio regolare percorso formativo.

 
2. “Le potenzialità della Fascia sono al centro delle ricerche e delle pratiche sportive di ogni tipo, dal calcio al golf fino al basket. Uno dei connubi più famosi in tal senso è quello voluto dal capo fisioterapista della nazionale tedesca di calcio Klaus Eder, che da decenni sta ottenendo risultati impressionanti grazie al suo lavoro sul tessuto connettivo.
Kristina Rothengatter, giocatrice professionista di golf, racconta così la sua esperienza: ‘Volevo diventare più mobile nelle articolazioni dell'anca e delle spalle per poter colpire più forte la pallina. Per questo mi sono rivolta ad un allenatore Fasciale’”
(in Focus Germania 7.11.2015)
 
 






 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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