mercoledì 4 novembre 2020

Dove ci porterà lo sport

“Gli sport vanno dividendosi sempre più chiaramente tra sport, ovvero diporto (svago), e competizione.

E questi due ambiti sono completamente diversi anche se si compiono gli stessi gesti e si usano gli stessi attrezzi.

Quelli che si dedicano alla competizione diventano sempre più animali da circo o da spettacolo, sfruttati, anche se alcuni ben remunerati, così come lo erano i gladiatori del tempo antico.

E coloro che riusciranno a fare dello sport il proprio diporto, la propria arte di ascesi e liberazione diventeranno sempre più umani”.

(Engaku Taino, monaco Zen (Luigi Mario), guida alpina e maestro di sci e arrampicata)

 

Perfetto.

Manca però precisare che gli “sport diporto – svago” non intendono affatto essere pratiche di “ascesi e liberazione”.

Essi, infatti, sono generalmente praticati obbedendo a diversi imperativi, a volte coniugati tra di loro:

- packaging, ovvero addobbare un corpo “immagine”, “oggetti da valutare in base all’aspetto fisico” (cit. in “Il corpo in vetrina” post del giorno 11 Ottobre 2020);

- catarsi, intesa come gran sudata sotto sforzo ovvero semplice sfogatoio per le proprie frustrazioni e repressioni, una boccata d’ossigeno prima di tornare di nuovo dentro le frustrazioni e repressioni senza che nulla sia mutato;

- passatempo, ovvero come ingannare la noia senza alcun coinvolgimento emotivo con se stessi;

- strategia di "abbordaggio" in ambiente protetto e facilitato dalla vicinanza dei corpi.

 

Nulla di quanto sopra investe “ascesi e liberazione”.

 

ATTENZIONE:

Non si tratta di quale sport, di quale pratica scegliere perché essa sia “ascesi e liberazione”,

quanto di “COME” si pratichi.

 

E qui torniamo a Engaku Taino: “Così vi mettete di fronte a voi stessi e vi domandate: “Chi è che ora parla? Chi è che ora si siede? Chi è che ora sta praticando il Tai Chi o sta scalando o sta facendo qualsiasi altra cosa?”. E il momento in cui guardiamo noi stessi in tal modo, nel momento in cui comprendiamo realmente cosa sta cercando questo sé, allora cominciamo a praticare, nel modo corretto

Semplice. No?

No: semplice in sé, ma difficile da realizzare.  Ancor più in questa società della competizione sfrenata, del “consumo senza uso”, dell’apparire ad ogni costo.

 

Per esempio, mi rendo conto di quanto sia poco appetibile per cultori del packaging, dello sfogarsi, del passatempo fine a se stesso, praticare Spirito Ribelle.

Io, mentre respirano, si muovono nello spazio, portano una bastonata, chiedo loro “Quale parte di te corpo ha avviato il gesto?”, “Cosa stai provando ora nell’agire”” ecc. Io, invece di imporre loro un modello, una tecnica da copiare, li introduco all’arte della scoperta autonoma di quel e come sia meglio per ciascuno di loro, individualità uniche e non replicabili.

Lavoriamo sulla consapevolezza interiore, sull’efficienza fisicoemotiva; siamo dentro Poteri Potenti

Troppo, troppo “fuori”, per cultori del packaging, dello sfogarsi, del passatempo fine a se stesso!!

 

Spirito Ribelle, pratica per tutti ma scelta da pochi.

Poteri Potenti alla portata di tutti, ma cercati da pochi.

 

Comunque, la nostra porta resta aperta…


“La consapevolezza interiore aumenta l'efficienza fisica, 

 che a sua volta permette di migliorare la tecnica. 

Stiamo quindi parlando di una tecnica che scaturisce dall'interiorità verso l'esterno

anziché seguire il percorso inverso.

(J. Whitmore)

 


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