(A. Pittman)
Novembre
2014: Una decina di figure che smanacciano e si muovono in
pedana, allo Z.N.K.R. In mezzo, l’imponente figura di Aleks a guidarci nel
“combattimento istintivo”.
Il gruppo milanese del "combattimento istintivo" con il M° Aleks Trickovic |
Febbraio
1976: con l’amico Paolo Manera ( scomparso prematuramente )
entro in una fabbrica occupata. Niente luce elettrica, niente riscaldamento,
niente spogliatoi o docce o servizi igienici. A orinare si andava in cortile, a
praticare in una nuda una sala con del
materiale grezzo appoggiato per terra: Questi i miei inizi nel Karate Shotokan col
M° Sergio Roedner, che teneva i corsi proprio in quegli spogli e freddi locali.
Erano tempi ben diversi da quelli attuali. La scelta,
obbligata, era tra Judo o Karate (stile Shotokan): a Milano non c’era
null’altro !. Vietato allenarsi con altri che non fosse il proprio Maestro,
salvo occasioni ufficiali promosse dalla Federazione di appartenenza a cui, per
altro, ti portava il tuo Maestro. Impensabile praticare altro, anche nei primi anni
’80, in cui iniziavano a circolare alcuni stili di Kung Fu cinese o vietnamita
e le versioni “a contatto” del Karate. Farlo, significava essere “kazziato”
oralmente, “menato” fisicamente e, magari, pure espulso dalla organizzazione di
appartenenza.
Ma io, forte di una personalità eretica ed un po’…
temeraria, agevolato dal lavoro che allora facevo (dirigente di uno dei più
importanti enti sportivi italiani), riuscii ad ampliare le mie esperienze,
sempre alla ricerca di un’Arte che fosse più completa, più efficace,
infilandomi in corsi o stage diversi o, a volte, organizzandoli io direttamente insieme a Giacomo Spartaco
Bertoletti, direttore della rivista Samurai, che, come tale, poteva
coraggiosamente permettersi di proporre l’improponibile.
Anni '70/80: il M° Roedner con il M° Shirai |
Mi formai nel Karate
Shotokan passando dalla Scuola by M° Shirai a quella by Maestro Miura; mi
avventurai in stili diversi, a volte poco conosciuti di Karate (Shito ryu, Goju
ryu, Shingakukai, Wado ryu, ecc.);
testai, guantoni in mano, il contatto del “Karate Contact” / Kick Boxing
con ambedue le Scuole, non proprio “amiche”, che lo gestivano in Italia: quella facente capo al M° Falsoni
e quella del M° Bellettini, sia con i medesimi che con i loro più titolati
allievi. Poi, in successione ma anche sovrapponendosi, vennero l’eclettico
Yoseikan Budo, il percorso con il M° Tokitsu e le sue diverse esperienze a cui
dava sempre nomi diversi, il Ju Jitsu e poi l’avventura bellissima col Kenpo
del M° Yamakazi, Wing Tsun / Wing Chun, Tai Chi Chuan e Kali e Koryu di spada e
Judo e Aikido / Aikijutsu e altro ancora.
M° Erle Montaigue |
Mi ci vollero
diversi anni per capire che non
esisteva l’Arte completa. Che il lavoro da fare era sull’artista, sul
praticante. Per rifiutare l’imitazione
di tecniche, di gesti; la didattica fatta di memorizzazioni ossessive come lo
sguaiato scazzottarsi; lo sforzo di imparare uno stile, un modello.
E’
il praticante il fulcro, l’attore principale. E’ il modo di viversi essere
fisico emotivo che fa la differenza. E ognuno di noi impara
davvero solo attraverso metodi che nulla hanno a che vedere con l’impostazione
dirigista, copiata “paro paro” dalla scuola pubblica, che vige tutt’ora nelle
Arti Marziali come nella loro riduzione sportiva.
Come non scoprire, nella vita di tutti i giorni, che
l'ordine del nostro mondo, in apparenza così prevedibile, può venire sgretolato
ad ogni occasione ? E perché questa “scoperta”, allora, è tenuta lontana dalle
usuali pratiche marziali e dal loro modo
di essere insegnate ?
Praticare
Arti Marziali, per me, è atto che destruttura lo stato delle cose date per
ovvie, per scontate.
E’
una gestualità con un dirompente impatto emotivo, che guida il praticante a
comprendere e percepire se stesso ed il suo stare al mondo e nelle relazioni in
un modo diverso, sovente del tutto inaspettato. E’, con una pratica artistica,
di trasformazione, occasione concreta per mettere mani nei propri disagi, nei
malesseri e nel personale vissuto, per arrivare a una nuova percezione di sé e
di cosa vogliamo fare del nostro vivere.
M° Tokitsu |
Proprio l’aridità e la stupidità delle Arti Marziali come
proposte ovunque, mi spinsero a ridurne la pratica per volgermi ad altro.
Quell’altro che, invece, conservava, di più, sviluppava
l’intelligenza corporea, l’esplorazione delle emos – azioni, quel fare
formativo e trasformativo che, invece, è l’unico a dare un reale senso
all’esistenza ed alla pratica di un’Arte Marziale, del combattimento, nel terzo
millennio.
Vennero gli anni del metodo Feldenkrais (che, a dire il
vero, già praticavo da tempo), delle esperienze di Danza Sensibile, Expression
Primitive, metodo Trager, Danza Psichica ed altro ancora.
Anni in cui io, con mani e spirito a volte di alchimista
a volte, ahimè, di “apprendista stregone”, manipolai, trasformai quanto andavo
imparando per travasarlo nella pratica marziale, per irrorare di vitalità ed
intelligenza motoria un corpus marziale che ne chiedeva sempre di più.
Poche
e super - selezionate esperienze marziali e tanta espressione corporea.
Fino all’incontro con Aleks Trickovic.
M° Mochizuki |
Uomo un po’ guascone, un bel po’ irriverente, forse anche
lui, come me, con un “passeggero oscuro” dentro, ma soprattutto uomo sincero ed
entusiasta nel proporre quel che sa.
Così, grazie a lui ed al suo insegnamento, sono tornato a
praticare Arti Marziali con continuità e costanza perché, quel che fa e come lo
divulga,
da un lato sviluppa, trasforma ed approfondisce quel che
è il mio bagaglio di sapere marziale vissuto ed accumulato in oltre un
trentennio, aprendo scenari di ulteriore miglioramento;
dall’altro lo
propone in totale libertà di comprensione, di avvicinamento al gusto che ognuno
di noi ha.
Grazie ad Aleks, dunque. Sperando, come già gli dissi,
che non si guasti, che l’odore del business o la facilità dell’ovvio, dello
scontato, non lo corrodano dentro come è già successo ad altri Maestri, docenti
e ricercatori che ho incontrato nel mio percorso.
Se così accadrà, le nostre strade si separeranno, come è
sempre stato in coerenze con il mio spirito. Ma, per ora … vai così Aleks !!
M° Sun Li |
“La
gente desidera smettere di soffrire, ma non è disposta a pagarne il prezzo, a
cambiare, a cessare di definirsi in funzione delle sua adorate sofferenze. La
terapia panica vuole essere un modo, dirompente, per azzerare l'abitudine e
aprire nuove porte verso una comprensione diversa dell'esistere. Perché essa
funzioni, occorre crederci, e questo dogma è vero per ogni tipo di azione nel
mondo”.
(A.
Jodorowsky)
Se Aleks ti ha reso le congratulazioni per aver avuto la forza, con la tua corposa esperienza, di mettere tutto in discussione e accogliere un nuovo modo di muoversi e di studiare l'arte marziale, per il medesimo motivo ritengo ti sia dovuto un ringraziamento da parte di noi allievi. Quello che c'è stato prima ci ha preparati a questo scossone, il nostro tai chi, il nostro kenpo, non sono stati spazzati via, si sono riempiti, senza sgretolarsi. Personalmente, per quanto trovi esaltante avere a che fare con Aleks, sono molto contento di avere in te un filtro, un distillatore, poiché egli, nell'entusiastico impeto di spiegare tutto, va oltre la mia attuale comprensione. Ho ancora, e chissà per quanto, bisogno di un sensei paziente, che mi aspetti nel mio claudicante incedere, che mi guidi un passo per volta, e che mi lasci camminare quando me la sento.
RispondiEliminaPer me Aleks è stato un faro, mi ha illuminata.
RispondiEliminaHo trovo semplici le sue spiegazioni e le stesse sono riuscita con naturalezza a trasformarle in movimento e a “spalmarle” sul mio corpo.
E’ sorprendente riuscire a sentire il trasferimento del peso e del movimento nelle anche e poi nei femori.
No sollecitazioni alle ginocchia. (per me, un particolare importante)
No piantati a terra senza poter fare altri movimenti.
No atteggiamento da Gran Macho che dopo 2 minuti di combattimento hai il fiatone e i muscoli sofferenti.
Si continuo movimento, volteggiare come una sfera.
SI “possedere straordinari rêverie”.
Certo che c’è da lavorare, basta volerlo.
Il Sensei può indicarti il percorso, il resto lo fa l’allievo.
Il Sensei non si ferma ad aspettare non si allena quando ne ha voglia; perché per “naturalezza” il Sensei “fiuta” altre vie altri “movimenti” altri “colori”, lui, è sempre a caccia è sempre in “movimento”. Per la sua: “personalità eretica ed un po’… temeraria”
Che dire; Davide ha sapientemente espresso quella che considero anche la mia gratitudine nei tuoi confronti, permettendomi d'approdare così a questo entusiasmante "combattimento istintivo".
RispondiEliminaAleks è indubbiamente un ottimo comunicatore ed il suo "metodo" marziale mi ha davvero IMPRESSIONATO, facendomi sentire piccolo, piccolo.
Semplicemente (non che ne avessi mai dubitato!) mi ha reso ancor più consapevole d'aver trovato/incontrato tutto quello che cerco attraverso il TUO kempo all'interno del nostro Dojo !!!..,Oss
Mi sento chiamato in causa, perché entrambi i commenti si rivolgono al mio, uno direttamente col nome, un altro con una più enigmatica citazione di parole ed espressioni presenti nel mio testo. Ringrazio sia per questa considerazione, che non reputo meritata, sia per il dissenso verso un sentire molto personale.
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