“Appartengo ad un’altra generazione. Si dice
così quando non si è stati testimoni di eventi che hanno cambiato un’epoca. O
quando ci si è chiusi nella tranquilla e protettiva borghesia del Nord. Nasci.
Studi. Ti fidanzi. Trovi un lavoro. Ti sposi. Fai dei figli, due quasi
certamente. Muori. Spesso senza lasciare traccia”
(M.
Fratter)
Alessandro Baricco, in una delle sue “lezioni”, paventava
l’ipotesi che uomini singoli, uomini straordinari, fossero gli esploratori, i
messaggeri, i portatori di ogni cambiamento radicale. Per farlo, citava un
campione del salto in alto ed una strapagata e strafamosa modella che
interruppero, “di botto”, quanto prima, nei loro rispettivi ambienti, era dato
per certo, ovvio e scontato.
Chissà se questi uomini ( e donne) straordinari sono
messaggeri, interpreti, di un movimento di rottura che cresce e preme alle loro
spalle e, attraverso loro, sale finalmente in superficie o sono invece essi
stessi gli anticipatori, i “profeti” di un rinnovamento che nasce e cresce e si
esprime “ in primis” grazie a loro.
Mah!? Poco m’importa, al momento. Il momento in cui, con
Monica e Lupo, entro a Palazzo Reale per visitare la mostra dedicata a Pollock
ed al gruppo degli “irascibili”.
Una visita guidata, perché abbiamo scelto l’opzione che
permetterà a Lupo, in gruppo con altri bimbi, di visitare la mostra
accompagnati da un’animatrice loro dedicata e che comprende anche lo
sperimentare di persona la tecnica pittorica di Pollock.
Insomma, l’esperta che spiega il percorso artistico di
Pollock, introduce i bimbi alla lettura delle sue opere e del movimento che,
con lui, dipingeva in quegli anni, il tutto inframezzato dalla pratica: tutti
insieme, i bambini, a dipingere alla Pollock !!
Percorso assai interessante anche per me: adulto
(anzianotto) un po’ bambino sia per l’ignoranza in materia sia per l’attitudine
fanciullesca allo stupore ed al gioco.
Animatrice, insomma, promossa a pieni voti.
Bellissimo, per me, vedere, in filmato, Pollock aggirarsi
come una belva famelica attorno alla tela posta ai suoi piedi, poi il suo
intenso, a tratti ieratico, versare la vernice e danzare gli strumenti più
impensabili per coniugare al meglio impeto ed estasi pittorica.
Un artista che della tecnica, per altro assai originale
ed in parte mutuata dalle esperienze delle tribù pellerossa, fa strumento per
esprimere le proprie emozioni. Emozioni forti, perturbanti. Un invadere, un
occupare fisicamente la tela, un viverla dentro, che mi hanno portato ad altre
manifestazioni artistiche, tra cui anche il nostro modo di intendere e
praticare l’Arte del combattimento.
Un modo eccezionale nei suoi aspetti terapeutici, trasformativi, sempre uniti ad un’efficacia letale.
Binomio inscindibile, che solo un ignorantotto e codardo dentro potrebbe non
cogliere. Tuttalpiù potrebbe tenersene alla lontana proprio per evitare il
conflitto interiore, la lacerazione dentro abbracciando pratiche marziali che
altrove ho definito “abbracciare una
pratica fatta di sedentarietà emotiva, che si tenga lontana dalla tempesta
emozionale, come se questa non esistesse, oppure rivolgersi ad una pratica che
sia di sciocco e superficiale sfogo,
sorta di “scarica” fine a sé stessa” (SHIRO. Dicembre 2013 – Gennaio 2014, a
disposizione tra breve).
Ma il percorso di un uomo che voglia sapere chi è, cosa ci fa
al mondo e come col mondo si relaziona, non può muoversi dentro né l’una né
l’altra ipotesi che ho testé citato: che si occupi di Arte del combattimento o
di pittura o di danza. Che sia individuo “straordinario” e famoso come Bruce
Lee, Jakson Pollock, Steve Paxton, Trisha Brown, Herns Duplan, solo per citare
alcuni degli “uomini straordinari” del ‘900 che hanno praticato Arte, o sia uno
sconosciuto ed incerto eretico dell’arte, di ogni arte che si conosca.
Sono contento per Lupo: si è appassionato, si è
divertito, è stata l’ennesima occasione per esprimere la sua curiosità ed il
suo talento artistico. Poco mi importa se dipinge “bene”, se canta “bene”, se
recita “bene”, se danza “bene”. Molto m’importa che dipinga, reciti, canti,
danzi esprimendo quel che ha dentro. Quel che ha dentro di autentico, ovvero
authentikòs, authèntes = “fatto da sé”. Un agire che si auto – origina,
qualcosa di profondo, di originale, dunque di unico, che nasce e si esprime
dalle profondità del Sé.
Primi, piccoli passi per crescere.
La visita guidata è finita, lasciamo mamme e bambini ( al
solito: e i padri dov’erano ? ) e ci tuffiamo nella Milano che sa di Natale.
“In fin dei conti, praticare un’arte
marziale è esprimere onestamente se stessi “
(M°
Yamazaki Ansai)
“L’artista moderno lavora per esprimere un
mondo interiore; in altri termini: esprime il movimento, l’energia ed altre
forze interiori”
(J.
Pollock)
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