Elevarsi
e stare in equilibrio
La gravità, il contatto tonico col terreno. E ci si alza in
piedi.
Mi ascolto, accordo le diverse emozioni che risuonano nel
petto, le esprimo. Mi piego, mi fletto, mi estendo …. ogni azione , attraverso
le emozioni ed i gesti che le esprimono, le interpretano, le offrono agli occhi
esterni, è azione viva, vitale, eroticamente
intensa.
Il corpo è andato in guerra, ha ingaggiato il pesante e le tensioni
e le forze motorie del corpo; ha spinto verso l’alto, anelando all’altezza,
barattando la sicurezza dei quattro arti per l’incertezza dello stare su due
piedi. Ora esplora le loro direzioni ed espansione nello spazio. Lo fa
attingendo ai principi naturali dell’espressione gestuale e con ritmi che
mescolano energia, vitalità e spazio.
Nutrito dai ricordi di acqua e di terra, di sforzo e di
scoperta della spirale come forza potente e dalle immagini che furono, ora l’agire
è il risultato della tensione verso un oggetto a cui si dà valore, oppure di
uno stato fisicoemotivo.
“Il mio corpo è il
mio punto di vista sul mondo”, scriveva Maurice Merleau Ponty.
Ci fu tanto, tanto amore, quanto tanto sforzo, per passare
dalla terra alla via di mezzo, per permettere che ora il gesto emergente scopra
il modo più funzionale ed efficace per organizzare la propria identità spazio-temporale all’interno del
flusso dinamico del movimento.
Sarà che il tempo corre senza sosta e il mondo intorno esplode
in un pianto di gesti legnosi e ripetuti all’infinito; sarà che lo stare in
piedi mi fa uscire allo scoperto e dimenticare ogni stanchezza depositata nel cuore
e nel respirare; ma ogni contatto, ogni slancio, ha a che fare con me, è
qualcosa che ha a che fare con me. Perché, storia di terra e di via di mezzo
alle spalle, non è né la meccanica asettica dei movimenti né la ginnastica
dell’obbedienza, né la pretesa di uniformarsi all’estetica del bello ed
appariscente né la sodomia di una salute mercante, no, niente di tutto questo
può toglierci piedi per camminare ed ali per volare.
Questa storia passata, questo presente finalmente in piedi,
è conoscere, riconoscere e gestire i fattori che regolano il movimento, significa
armonizzare e ottimizzare i propri impulsi interiori, migliorando, così, la propria
qualità di vita. Perché no, non è la vita a toglierci piedi ed ali, siamo noi. Questo modo di muoverci, ci dice che non esiste un unico senso, non esiste un valore univocamente classificabile nei confronti di un asserto motorio, se non nei termini relativi alla cornice di riferimento entro cui questo viene agito, viene espresso. Dunque, che nel muoverci, è la dimensione relazionale più che quella antropocentrica a sostenere il senso dell’esprimere, dell’interpretare e comprendere: Arte dell’individuazione quanto arte della relazione.
Ora, in piedi, il gesto, l’agire si è arrotondato, ha
smussato gli angoli, ha tolto qualche asperità.
Se Il tempo, il mio tempo, che è pure quel “Confesso che ho
vissuto” di nerudiana memoria, ha lasciato sdrucita qualche ferita e sottratto
ai muscoli un po’ di elasticità, resta la voglia, l’istinto della sfida.
Allora tendo a cercare equilibri sempre più precari. Non
per infedeltà alla stazione eretta, non perché l’atavico sogno di volare mi
abbia preso cuore e mano. Solamente un'esigenza, il sapere che vivere è sempre
equilibrarsi tra mille squilibri e spinte e strattoni contrapposti,
equilibrarsi sovente su strisce sempre più sottili di certezze, sapendo
incontrare insidiose e fragili incertezze.
Non è per il bisogno di una novità, è l’attitudine alla
lotta per la sopravvivenza, è l’appassionarsi alle Arti del combattere, del
confliggere; è non accontentarmi mai di vivere alla periferia di quel che sento
dentro e vorrei essere, che mi spinge ad esplorare il cuore, il centro, di ogni
mistero.
E quale insondabile e oscuro mistero è mai l’incertezza
dell’equilibrio?!?!
(C. Castaneda)
Chiudo questa tetralogia di post dedicati al nostro modo di
essere e fare ”movimento”, con una intensa frase di Carlos Castaneda, che trovo
perfettamente calzante all’argomento. Per altro, è la stessa frase che, insieme
ad altre di autori diversi, componeva il testo del nostro primo spettacolo di “Teatro Marziale”, ai primi anni ’80. E
nulla avviene per caso.
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