lunedì 3 aprile 2017

Il disagio delle Arti Marziali



Come già scritto più volte, la nostra proposta di pratica delle Arti Marziali rispecchia fedelmente la loro storia, il loro evolversi da Bujutsu, pratica atta a salvare la pelle in un combattimento e ad eliminare l’avversario, a Budo, “Via”, modo ed etica del buon vivere.

Festa di via Negroli. 2012
Così recita lo “Statuto del Budo”, Budo Kensho, redatto dalla Nippon Budō Kyūgikai, all’articolo 1:Il Budo, che trae origine dalle tecniche guerriere, attraverso l’allenamento di mente e corpo ha oggi come obbiettivo il miglioramento del carattere, l’elevazione delle capacità di discernimento e la formazione di individui qualitativamente migliori”.
Sorta di terapia atta all’individuazione: “L’individuazione è quindi un processo di differenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale” (C.G. Jung).

Essa è una composizione di gesti e movimenti, a solo o in relazione all’opposizione aggressiva di uno o più altri, volti a mostrare che cosa si cela e / o non si vuole riconoscere interiormente. Giocando alla lotta, simulando un conflitto, “Il combattimento non è altro che un gioco preso sul serio” (Bruce Lee), ci si apre ad ogni pulsione ed emozione che ci attraversi, ad ogni evento che ci capiti, ed è così che possiamo riconoscere pensieri, sentimenti, fantasie che abbiamo rimosso.
Ogni gesto, ogni azione, ci riconduce all’esperienza interiore.

Raduno Kenpo. 2013
E’ un processo che, per dirla banalizzando, comporta:
- Ascolto delle proprie parti Ombra, di ciò che si è rimosso o si stenta ad accettare di sé, di quei malesseri che ne attraversano la vita privata, familiare, lavorativa, ecc.
- Accettazione di quanto scoperto, come parte integrante di un sé composto da mille e mille sé, da cui è inutile e sovente dannoso fuggire, di cui è inutile e sovente dannoso negare l’esistenza, che può invece essere integrato; ovvero riconoscere che la “cantina” non si può far sparire né potrà mai essere abbellita per farne il “salotto buono”, ma fa comunque parte dell’ “appartamento”, con l’uso che ad una cantina è proprio.
- Scelte autonome ed autodirette di vita, diverse ed alternative al “copione” fin qui recitato (“Il Copione è un piano di vita basato su una decisione presa nell’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli eventi successivi e che culmina in una scelta decisiva “ E. Berne) di cui si è succubi, attraverso consapevolezza, spontaneità, intimità, come strumenti di crescita personale e modi di relazionarsi all’esterno.
Processo che, come il vivere !!, non finisce mai.

Seminario residenziale Kenshindo. 2011
Almeno è così che noi intendiamo e pratichiamo Arti Marziali allo Z.N.K.R.
Ad altri lo sfogatoio dello scazzottarsi convulso ed ignorante, lo spiritualismo New Age, l’illusione della saggezza raggiunta attraverso la ripetizione di gesti e movenze, insomma tutto il “mercato” che ormai infesta, di palestra in palestra, di Dojo in Dojo, ogni via di ogni città.
Questo percorso di individuazione, di crescita autodiretta, comporta una grande fatica, un continuo ed incessante cadere e rialzarsi, un costante lavoro di elaborazione personale, un senso di spaesamento e di difficoltà nel riorientarsi.
Tanti sono gli ostacoli che si hanno da affrontare,
- quelli personali, dove scoprire la propria più intima natura, la propria “cantina”, è sconvolgente, perché la natura umana è molto più complessa e molto più libera di quanto uno possa immaginare;
- quelli relazionali, perché si tratta di portare alla luce desideri e impulsi che la coscienza collettiva ritiene incompatibili con le richieste sociali, perché chi ci è accanto stenta a riconoscerci e preme, con minacce, ricatti, suppliche, perché torniamo “quelli di prima”;
Stage estivo 2008

Poi ci sono gli ostacoli indotti dalla nostra evoluzione sociale, dal pur benvenuto progresso.
L’enorme quantità di oggetti, molti ad alta tecnologia, che ci confortano nel nostro quotidiano vivere, portano con sé una trappola insidiosa: usiamo la lavastoviglie ed il cellulare, la metropolitana e il computer, ma non sappiamo affatto come funzionino né, per usarli, il saperlo ci è necessario.
Ciò comporta la perdita assoluta di competenze e del “sapere come” (know how) individuale, ovvero la perdita di autonomia individuale in favore di una delega ai tecnici.
Questa “perdita di autonomia intellettuale” (M. Fini) dilata lo iato tra l’individuo e gli oggetti, gli strumenti, che quotidianamente adopera. A cui aggiungere che, proprio in virtù del loro semplice utilizzo di contro ad una complessità tecnologica, questo lede inesorabilmente fantasia ed autonomia dell’individuo. Strumenti in abbondanza e di uso immediato, per il cui uso non necessita sapere come sono fatti e come funzionino, stimolano ad aspettarsi il “pesce da cucinare”, se non addirittura “il pesce già cucinato” e fanno scomparire l’imperativo adulto “Prendi canna, lenza ed esca ed impara a pescare”.
Stage estivo. 2010

Nessuno sforzo per l’uomo “homo Homer” Simpson, depauperato intellettualmente e “servito” di tutto punto.
Allora perché questi amerebbe sforzarsi di capire se stesso, amerebbe rispondere al “Conosci te stesso”?
Stage estivo. 2016
Meglio un po’ di shopping compulsivo, la sbornia di una “settimana bianca”, l’iper attivismo al lavoro o quant’altro addormenti, per un’ora o per un giorno, l’Ombra minacciosa che cova dentro; meglio proiettare su altro ed altri il proprio malessere, la propria insoddisfazione: la sfortuna, i superiori al lavoro, la moglie ecc., che farsi carico di sé e di quel e come si è.

Ecco perché, praticare come io, come lo Z.N.K.R. propone, costa così tanta fatica.
Costa fatica conoscersi, accettarsi e, laddove possibile, cambiare; costa fatica attraversare lo stato di adulto che è capacità di stare da solo e autoaffermazione; è autostima come prova di una solida strutturazione della personalità adulta quanto, nel “Conosci te stesso”, accettare che ci siano altri più “in gamba” di te.  Costa fatica mantenere un contatto vivo, autocritico ma anche vitale ed entusiasta con se stesso, avendo sempre presente la propria autoimmagine di adulto.

Stage invernale. 2015
In fin dei conti, riducendo all’osso, la domanda da porsi è semplice: “Praticare in questo modo ti fa conoscere di te, ti mostra un percorso di trasformazione e crescita, ti mostra la possibilità di un vivere autentico, migliore?” Se la risposta è “Sì”, sei sulla strada giusta.
Se, invece, la risposta è “No”, allora lascia stare, non è la tua strada, ne troverai altre più adatte.
Sempre che quel “No” non copra la fuga vigliacca da te stesso, l’incapacità di integrare nella tua vita le esperienze dolorose e perturbanti, il voler dimenticare che il tuo appartamento consta anche di una “cantina” o sognare quel giorno lontano in cui la tua “cantina” diverrà, non si si sa come, il “salotto buono”.

Perché, inutile negarlo, tutto quanto ci accade, diventa parte di noi; l’adulto, il guerriero, lo sa e trova il modo sano per integrarlo nella sua vita.

 
“Ci sono cose che non si possono imparare in fretta e il tempo, che è tutto quanto noi possediamo, deve essere pagato caro per raggiungerle”
(E. Hemingway)




Stage residenziale Tai Chi Chuan. 2006









 

3 commenti:

  1. Ogni volta conoscere parti di me, conoscere meglio le mie molte personalità, scoprire quanto le unisce o le separa, di cosa si nutrono e attraverso le immagini tentar di trasformarle, mutando nuovamente o scoprendo che alcune parti nell'Ombra sono tali, e accettarle, magari conoscerle meglio sbozzando punte pericolose quando possibile e scegliere quando e come usarle..non far scegliere a loro quando uscire.

    Cosa mi spinge dentro ,ogni sera per anni a varcare le porte del dojo? una curiosità forte drammaticamente greca, quel sapere chi sono anche se per farlo dovrò scopare la madre e uccidere il padre? o una ricerca effimera di invincibilità? o uno scazzottarmi selvaggio, sordo a quanto mi propongono, per tornare dopo quelle due ore a una vita che mi sta stretta?

    le risposte io le ho, si sono trasformate in altre domande, altre onde che continuo a cavalcare..e ho trasformato tante autoimmagini da me stesso create nel corso del mio vivere, che erano divenute un intralcio e non mi permettevano di uscire dal labirinto. Alcune tribù aborigene del Borneo, o i popoli del sud america credevano che ognuno di noi fosse collegato con gli altri esseri umani come gli astri nel Cielo..ho scoperto che è così, che per brillare più forte hai bisogno degli altri astri, tramite loro ti puoi riconoscere, puoi trovare quanto da solo non troveresti mai. E così far brillare magari anche loro.
    e questo lavoro di individuazione, quì allo Z.N.K.R. nulla si limita a un individuazione puramente interiore, ma poichè si lavora sul conflitto, con le Arti Marziali,si apprende anche l'efficacia e l'efficienza psicofisica nel combattimento.
    Va da sè che quando trasformi qualcosa dentro, lo migliori, tutto quanto attorno si trasforma di conseguenza. Aprire le fasce muscolari profonde nei femori, creare spazio mi permette di aprire anche il trapezio, rilassando le spalle e sono aperto anche alle relazioni, le mie vibrazioni sono differenti e chi mi è accanto lo percepisce senza rendersene conto. Io stesso ho una maggiore gestione delle situazioni, che porta anche maggiori responsabilità come ogni consapevolezza acquisita, che lo si voglia o meno.

    L'amico Davide, mi ha fatto notare quando l'altro giorno gli ho inviato un video di un corso di Tai Chi che tengo agli anziani di un caseggiato popolare :
    " penso a te due anni fa e vedo come ti muovi ora,se non ti conoscessi direi che è un altra persona"

    E' un cammino verso Ixtlan, per dirla alla Castaneda..tra briciole di conoscenza individuata e coltivata, tra alberi di noci che devono marcire per dare il loro frutto...terreni aridi e raccolti che devono bruciare tra le fiamme per poter avere poi nuovi minerali che daranno un raccolto migliore.Dighe da aprire, Sassi da togliere, prede da cacciare, mostri da combattere o mostri con cui allearsi, predatori da cui imparare a difendersi poichè spesso, spessissimo, siamo le prede di noi stessi.

    RispondiElimina
  2. Difficile resistere all'impulso ad entrare in una disquisizione tanto interessante e profonda; altrettanto difficile mantenere il medesimo livello, aggiungendo qualcosa di intelligente.
    Inutile individuare i colpevoli, e scagliarsi contro televisione, pubblicità, film, videogiochi, politica o cattivi esempi ... di fatto, l'homo Homer esiste in quanto presente in ognuno di noi: ognuno è attratto dal tutto subito, dalla sicurezza, dal potere. Qualcuno si sta approfittando di tali comuni istinti? Furbo lui, a noi che ruolo rimane? Indovina un po'...
    Oggi è davvero tutto possibile, nike, smartphone e connessione, o altri status symbol sono alla portata di tutti, quasi tutti li possiedono e ne sono posseduti: nuove, efficacissime armi di un vecchio gioco.
    Ma se allinearsi è così vincente, così comodo, perché mai qualcuno ha ancora l'impulso a conoscersi e quindi conoscere? Non finirà a fare la figura dell'idealista di un'altra rivoluzione, che porta il gregge da un alpeggio ad un altro, mantenendolo nello stato di bestiame?
    Eppure deve esserci un'altra strada, un'altra pulsione.
    Cosa significa processo di auto-individuazione? vuol dire che io non sono io, che c'è un altro io che devo ancora finire di contemplare, e finché non ho finito non posso veramente definirmi io? C'è un me stesso che va in giro senza autorizzazione, che ha pure lati oscuri, ed io avrei come responsabilità verso me stesso di conoscerlo? Responsabilità verso quale me stesso, lui o io?
    Sembra assurdo, eppure è così, e ciò spiega molte cose: spiega perché è così facile trovarsi chiusi in una stalla, partecipi di un gregge: perché le comodità, lo smartphone moderno, le tette di Belèn, il tatuaggio da duro o le vacanze in un resort alle Bahamas li vuole solo uno dei due, quello che si usa più spesso, quello sociale, che cerca le carezze, non vuole contrariare chi conta, e crogiolarsi nel conforto del conformismo.
    Solo vantaggi, basta tralasciare di esistere, e ci si ferma al canto nono dell'Odissea, senza leggere oltre, né navigare.
    Allora perché essere Ulisse? Indimenticabile la bellezza di Penelope? Pare non avesse le tette di Circe, né di Belèn.
    La mia risposta, ed è solo mia, è che allinearsi, lasciare al gregge le scelte di dove andare, mi suona come vivere una vita già vissuta da altri, e bere sempre tennent's, perché la conoscono tutti.
    Poi, quando in silenzio è avvenuta quella piccola rivoluzione personale, e spiazzare i parenti non è più un tabù, ci si accorge anche che quelle cantine buie non sono disdicevoli: ce ne vergognavamo convinti non piacessero agli altri, e perciò non dovessero piacere a noi ... e dinanzi a noi si schiudono nuovi universi variopinti.
    Ad alcuni questo non basta, molti diranno che sono tutte cazzate, quando hai nel box una ferrari (e di solito quelli che parlano così ... non ce l'hanno la ferrari). Probabilmente sono stupido io, ma al cospetto di un pur bellissimo cruscotto, scelgo la vastità di mondi interni, ma davvero, senza la retorica da facebook! Per riportare il discorso al dojo, preferisco sentirmi mobile e leggero tutto il giorno, che vedermi grosso davanti allo specchio.

    RispondiElimina
  3. Correggo Giò: gli ho scritto che "chiunque giurerebbe che hai un gemello scarso"

    RispondiElimina