Mi piace il teatro, mi piace l’emozione della scena che si
apre su corpi, gesti, volti, voci in azione, in “presa diretta”. Lì, la
creazione artistica si compie davanti agli occhi, pochi metri che separano, e
lo scambio è un diretto di emozioni fra me e l’attore in scena.
Quando poi il testo è un testo immenso e corposo, che ha
segnato un’intera epoca, il ‘900; che è entrato di forza nella mia vita,
anticipando alcune scelte fondamentali; che pare impossibile trasformare in uno
spettacolo teatrale, non posso esimermi dall’andare a teatro.
Ed eccomi qui, Monica accanto, in prima fila (!!) a
sostenere l’incontro con “Freud o
l’interpretazione dei sogni”.
Sì, proprio uno dei testi più conosciuti e, probabilmente,
misconosciuti di Freud e dell’intera impalcatura psicologica, viene,
coraggiosamente portato in scena.Sinceramente, non capisco come sia possibile portare in scena un testo incentrato su un terapeuta e i racconti, gli incontri, con i suoi pazienti; farlo poi, rispettando la consegna di Freud per il quale l’analisi del sogno era la strada maestra verso l’inconscio, tanto che egli stesso, profondamente attento alla sua vita onirica, aveva l’abitudine di annotare i suoi sogni ed approfondirli attraverso acute osservazioni, mi lascia perplesso e fortemente curioso.
Si alza il sipario e la magia inizia. Con lei, pochi minuti
di transizione sono sufficienti perché mi prenda per mano, ogni perplessità
scemata, ed io mi immerga nel turbamento emotivo dello spettacolo.
Freud terapeuta e Freud uomo rimbalzano, si incontrano, si
sovrappongono.
L’aspetto della deformazione del sogno, che accade quando
la nostra mente cela il desiderio espresso nel sogno stesso perché non
accettabile per una certa “parte “di noi, è una sorta di censura, sovente
straziante, su cui Freud interviene consapevole di aprire un conflitto
lacerante in cui il paziente, che pure è andato da lui, non sa stare,
addirittura da cui vuole fuggire.
L'evento scenico stesso è traumatico, in quanto messa in
atto di un conflitto e delle sue conseguenze fino all'estrema lacerazione.
Freud ed i suoi pazienti si muovono sul palco, si
rincorrono e si nascondono, si offrono e si arroccano in difesa.
Fallimenti e speranze, coraggio e piccole vigliaccherie li
accomunano, come accomunano Freud stesso, diviso tra poche certezze e tanti
dubbi, uomo tormentato e teso ad una ricerca che, comunque siano gli esiti, fa
male.
Lo spettacolo è bellissimo, aiutato in questo da un
complesso di scene, luci, costumi e musiche ineccepibili. Ma, soprattutto, da
una recitazione corale di notevole qualità, su cui spicca Fabrizio Gifuni,
autentico gigante del palcoscenico.
Assistervi, mi coinvolge profondamente nei diversi percorsi
di ogni personaggio, quanto mi consente una presa di distanza tale da rendere immediata
un'osservazione più consapevole, più distaccata. Un’osservazione di me e dello
scorrere della mia vita.Potenza di uno spettacolo coinvolgente, perturbante.
Mi vien da sorridere pensando che la malevola sensazione che
accompagna questi sogni sia poi quella stessa che ognuno di noi prova quando
siamo costretti a discorrere su argomenti che normalmente evitiamo di trattare…
Finisce l’avventura, un paio di lacrime si affacciano ai
miei occhi, profondamente emozionato.
Monica quasi si spella le mani dal gran applaudire, ma è
tutto il pubblico che mostra un gradimento che, forse, va oltre il puro
spettacolo. Forse è stato un momento di nudità condivisa. Un momento, solo un
momento, ma così toccante.
“Freud o
l’interpretazione dei sogni”
Di Stefano Massini. Regia di Federico Tiezzi.
Piccolo
Teatro Strehler23 Gennaio -11 Marzo
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