giovedì 15 febbraio 2018

La Forma dell’acqua



Una poesia dalle tinte forti.
E’ quello che sento dentro, sprofondato in una morbida e comoda poltrona rossa, Monica e Lupo accanto.
E’ una favola che sembra vera: la protagonista e la sua monotona routine che comprende, ogni mattina prima di andare al lavoro, un uovo sodo e un lungo bagno in vasca accompagnato dalla masturbazione; il contesto, ovvero gli U.S.A. negli anni della “guerra fredda” e della segregazione razziale.
E’ un film schematico, che, dividendo nettamente buoni e cattivi, prende le distanze dalla narrativa contemporanea in cui tratti diversi di personalità contrastanti si affollano nello stesso personaggio.
E’ un film che rifugge da ogni indagine psicologica, che riecheggia apertamente storie e personaggi già visti, in letteratura come al cinema stesso.
Dunque è un film semplice ma … è un film bellissimo, struggente, che nonostante quanto sopra, o forse proprio rivoltando quanto sopra con una maestria eccezionale fino a farne poesia, mi porta dentro una narrazione sfrontata, mi porta ad accostarmi ad un mai detto prima con tanta forza e sentimento.
E’ un film in cui, piano piano, sono i sentimenti a costruire il mondo rappresentato, e non viceversa come solitamente accade.

Un mondo in cui compare, fino a dominarlo, l’elemento acqua: con una scena d’acqua si apre il film mostrando un’abitazione immersa nell’acqua, sospesa, in cui tutto ondeggia e una voce fuoricampo, come in tutte le favole che si rispettino, avvia la narrazione; la creatura “mostruosa” è una creatura d’acqua; l’acqua è lo strumento principale di lavoro della protagonista che, lo ricordiamo, ogni mattina si immerge in una vasca colma d’acqua; riempiendo all’inverosimile d’acqua una stanza sarà possibile un tenero e disperato amplesso amoroso; sarà l’arrivo della pioggia a dare il via alla fuga finale; un canale ostruito e la sua apertura al mare testimonieranno l’epilogo del film

Lo scorrere delle immagini, i dialoghi, i colori saturi ed una musica mai invasiva, mi accompagnano lungo la visione.

Attori, e doppiatori, bravissimi. Su tutti, una notevole Sally Hawkins, espressiva in ogni suo gesto, e accanto a lei un paio di volti a me noti perché presenti in film già visti e in serie TV che ho seguito di recente: Michael Shannon di “Boardwalk Empire” e Michael Stuhlbarg di “Fargo”.

La poesia della vicenda si scontra e si eleva sopra il raziocinio, sopra ogni pretesa scientifica.
Lo so, è un’immagine antistorica, del tutto anti attuale.
Non posso non considerare quanto di valido la ricerca scientifica, anche a prezzo di sangue e vite, abbia fatto e stia facendo per l’umanità e quel cattivissimo del film non riesce a farmelo scordare.
Ma, giusto per restare ai giorni nostri, lo strazio di quella bimbetta sballottolata tra genitori ritenuti troppo anziani e case di accoglienza, non avrebbe avuto ragione di essere se l’umano avesse accettato il tempo biologico della maternità, invece di rifugiarsi nella “droga” della scienza pur di partorire.
Sono pensieri, questi miei, che durano il tempo di un lampo: troppo intensa la pellicola per non abbandonarmi tra le sue braccia.

Arriva la fine, le luci, in sala, si accendono. Come faccio ogni volta che lo spettacolo mi ha avvinto, in teatro o al cinema non importa, applaudo e subito una parte dei presenti si accoda. Un giovanotto, davanti a me, ha gli occhi lucidi e mormora “Bellissimo, è bellissimo”.
Non siamo mai soli, mai, ad essere vivi.

 

La Forma dell’acqua

Regia di Guillermo Del Toro

 

1 commento:

  1. Con una recensione così....non posso che aver voglia di correre a vederlo. Per altro adoro i capolavori di Guillermo Del Toro. Un abbraccio, Eli

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