Lo vedo sforzarsi.
E’ abile, è iper concentrato, si muove
con una buona dose di destrezza. Si sforza, attinge a tutta la sua energia
nello scattare in avanti, nel resistere ad ogni pressione.
E’ giusto, è naturale, dopo, che si senta affaticato, che
respiri affannosamente.
Ma quella non è la mia strada.
Io cerco serenità e calma nell’azione.
Certo, anche io dedico una parte di me alla
concentrazione, al fare con uno scopo ben preciso.
Ma lascio sempre aperto l’orizzonte sulla creatività,
sulla disponibilità al lasciarmi sorprendere, sull’intuizione.
Toh, l’aumento della concentrazione riduce l’attività
della corteccia prefrontale, l’area del cervello strettamente connessa a tutti
i sistemi sensoriali e motori, deputata alla gestione delle emozioni ed ai
“rinforzi” positivi e negativi, alla gestione di azioni coordinate e
strategiche, all’apprendimento di nuove esperienze, di nuovi comportamenti.
Una corteccia prefrontale attiva, invece, è proprio
- quel che occorre ad ogni valido combattente, di più, a
chiunque voglia affrontare le “cose” della vita riconoscendole, imparando,
selezionando quelle più consone a sé e prendendo, di conseguenza, le decisioni
migliori, quelle vincenti.
- quel che mi invita a liberare il fluire di ogni
movimento. Che mi invita a mantenere viva, desta, l’attenzione. Che mi rimanda
all’istinto, all’animalità che cova in ognuno di noi.
Anche in questo, le moderne ricerche di neuroimaging, che
permettono uno studio del cervello “in vivo”, coincidono con l’antica saggezza
taoista !!
Lui è proprio affaticato: buon pro gli faccia.
Sicuramente, lo sfogo motorio gli ha messo in circolo le endorfine adatte a
dargli una sensazione di appagamento, di benessere. Poi, altrettanto
certamente, arriverà la deprimente sensazione di spossatezza, l’imbarazzante
carico di acido lattico e quei dolori muscolari conseguenza di microlacerazioni
nei muscoli e di un aumento delle attività ematiche e linfatiche che
incrementano, appunto, la sensibilità nelle fasce muscolari sottoposte a sforzo.
Lui ha utilizzato l’energia di scorta che ha nel corpo.
Come gli sfoghi isterici, gli scatti di collera, le attività convulse: una
prima sensazione di benessere e presenza, poi il crollo, mentre tutt’intorno
nulla è cambiato.
Io, invece, scelgo la via dell’emozione, dell’ascolto,
della consapevolezza
che significa attingere alla muscolatura profonda, al
lavoro articolare, alla presenza degli organi interni.
Abbraccio me-corpo rilasciato, consapevolmente fragile ed
emotivo, sempre in ascolto: un aprirsi che costruisce forza flessibile e
selvaggia, potere dolce e letale.
Imparo a vivere, imparo che è la serenità a guarire ogni
malessere: sia che gli artigli siano a riposo, sia che siano ben sfoderati.
Uno sguardo reciproco, l’uno verso l’altro. Io e lui così
vicini, tra gli alberi e il verde dei giardini, eppure così lontani, così
distanti.
Chissà che un domani, superata l’età della sfrontatezza,
quando saranno gli “anta” quelli da festeggiare al compleanno e i capelli si
tingeranno di grigio, non scopra anche lui questo mio stupendo percorso.
Magari non un serio incidente al ginocchio o un continuo
impedimento alla piena mobilità della schiena (gli intoppi più frequenti su quel
percorso di sforzi e fatica) ma, piuttosto, l’accettazione dell’evidente
trasformazione del corpo: pelle e muscoli e … rughe (!!) e dei tempi di
recupero che, su quel percorso di sforzi e fatica, si sono fatti sempre più
lunghi.
Magari non il senso di inutilità, i primi segnali di
timore per il tempo che passa e non torna più o i primi sintomi di depressione,
quanto piuttosto l’incontro con “uomini straordinari” (ovvero fuori dal
conclamato piattume ginnico-motorio),
l’apparire, sebbene ancora confuso, indistinto, di un possibile rinnovato
ed autentico senso della vita.
Ecco, gli auguro che siano la curiosità verso la
consapevolezza fisicoemotiva, l’anelito alla vitalità, ad accompagnarlo verso
una pratica olistica e aperta. Verso lo scoprire, lui “anta”, che può essere
ben più efficace e “in forma” di quando aveva venti o trent’anni, e,
soprattutto, ben più sereno, consapevole e… adulto autodiretto.
D’altronde, come scrive Alberto Oliverio, medico e
psicobiologo, “in una collettività è
importante che vi siano individui pronti a realizzare un’idea o un progetto con
tutte le loro forze, sacrificando altri aspetti della vita di relazione”.
E’ altrettanto vitale, è sano, che vi sia chi resta
aperto ad ogni orizzonte, chi, eretico e ribelle, flessibile ed emotivamente
autentico, abiti strade inusuali, porti linfa nuova, una grande vitalità ed un
grande erotismo.
Chi faccia di sé-corpo una presenza attenta ed empatica.
D’altronde, come scrissi decenni addietro, forte del mio
confrontarmi con professionisti (medici, allenatori ed atleti) dello sport, per
formare rapidamente un giovane a che abbia delle performance di alto livello ,
una preparazione fisica condita di sforzi e pesi è l’unica strada percorribile
nel breve periodo.
Poi, per ben vivere e ben stare sé-corpo, con prestazioni
non sportive ma fisicoemotive reali e non circoscritte ad una gara, di alto
livello e che migliorino col passare dell’età, ci vuole altro!!
Questo è quanto io pratico, io propongo a chi mi
accompagna qui, allo Spirito Ribelle Z.N.K.R.
Un praticare alla portata di tutti: nessuno è troppo
vecchio o impacciato o timoroso.
Basta solo passare dall’idea di avere un corpo al sapere
che siamo corpo; allora a chiunque è data la facoltà di scoprirlo / scoprirsi
corpo, conquistando un’autentica salute psicofisica, un importante posto nella
vita.
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