Da almeno quindici anni ho abbandonato la parola
“allenamento” o, peggio, “addestramento,” per abbracciare il termine “formazione”.
Scrissi più volte spiegando il “perché” di questa scelta e
il “come” essa sia avvenuta.
Così come più volte scrissi spiegando perché mi tengo ben
lontano da “Maestro”, considerandomi invece un “Sensei” (parola giapponese che significa “nato prima”), un facilitatore.
Ora intendo spiegare, per come lo vedo io, il rischio di
appiattimento, di conformismo, meglio di “conformazione” che la parola e la
pratica “formazione” sta correndo tra le mani e le menti di docenti e
“formatori” appiattiti su una andragogia / pedagogia ed una didattica comunque
vecchia, che non ha preso le distanze dall’ossessione dell’insegnare ed imparare
un modello, un sapere, dato; che continua a ritenere gli allievi dei vasi
neutri da riempire di un sapere già confezionato; che non ha saputo rinnovarsi
e creare un percorso antagonista, quando non alternativo, al conformismo e
dogmatismo imperante; che non sa affatto
rispondere ai bisogni di senso ed identità
emergenti da una società in continua trasformazione.
Scriveva il filosofo Gilles Deleuze
(concetto ripreso nell’area lacaniana dallo psicoanalista Massimo
Recalcati) , che
più che fare come il Maestro
è fondamentale fare con il Maestro.
Dunque la formazione, contrariamente all’allenamento ed
all’addestramento, non è la ripetizione di gesti / esercizi prestabiliti tesi
al raggiungimento di un obiettivo esso stesso prestabilito, sotto i comandi di
un maestro / docente depositario del sapere.
Infatti,
- la pratica ripetitiva,
che è il cuore di allenamento ed addestramento, è assimilabile ad un
comportamento ossessivo – compulsivo. Possiamo arrivare ad affermare che la
gestualità ripetitiva, indotta meccanicamente e priva di una presenza
sensoriale estesa e profonda, rimanda, certo inconsciamente, ad una sorta di regressione consolatoria. (in
“Globalità dei Linguaggi” Settembre 2012 n°14).
- il prestabilito (1), il compiuto, che è intero, completo, esauriente, possiamo affermare
che sia indice di una nevrosi. Scrive Massimo Recalcati: “Si tratta di cogliere la conformazione come
la malattia più propria della nevrosi: conformazione del desiderio alla domanda
dell’Altro (altruismo permanente), conformazione della pulsione all’Io
(ascetismo sacrificale), conformazione dell’avvenire al passato (coazione a
ripetere), conformazione della propria vita all’Ideale dell’Altro (inibizione
dell’atto).”
La formazione, il formare, partendo dall’unicità di ogni individuo, si propone di accompagnare
e incoraggiare un cambiamento, una trasformazione che possa accrescere ed
ottimizzare le potenzialità dell’individuo in vista di un suo benessere
psicofisico /fisicoemozionale, di una rinnovata capacità vitale ed erotica,
fino al raggiungimento di obiettivi personali autonomamente scelti.
La formazione, in sintonia con lo scorrere ed il mutare del vivere,
non porta a compimento un processo, ma lo mantiene aperto.
È un facilitare, un accompagnare che permette all’individuo
di riconoscere ed elaborare, con il proprio sé, obiettivi propri nutriti di propria efficacia e proprie prestazione.
Per fare questo è necessario il pieno e totale coinvolgimento del e con il praticante.
Il coinvolgimento consapevole comporta:
- un atteggiamento favorevole alle novità, che consente di arginare la noia figlia della
routine (2);
- un atteggiamento favorevole alla curiosità, che consente di
ripudiare la tendenza tutta umana a mantenere
lo status quo;
- un atteggiamento favorevole alla prospettiva, che impedisce
di guardare le cose da un unico, e sovente ristretto, punto di vista; (3)
- un atteggiamento favorevole alla diversità, che permette di
non subire gli stereotipi ed i
pregiudizi;
- un atteggiamento favorevole alla presa in carico di noi
stessi, di quel che pensiamo e di quel che facciamo, senza scaricarne la
responsabilità sul destino, la sfortuna o gli altri. (4)
Questo modo di
operare, di procedere, è autentica
formazione. Altrimenti, la si chiama “formazione”, ma è il solito
allenamento, il solito addestramento.
1. Prestabilire -
omissis - Stabilire, fissare in
precedenza: p. una serie di provvedimenti; p. un piano di sviluppo. Part. pass.
prestabilito, anche come agg.: tutto si è svolto nei modi prestabiliti, secondo
il piano prestabilito; l’incontro è avvenuto alla data, o all’ora,
prestabilita. (In “Vocabolario Treccani”)
2. Ma, attenzione a non confondere la capacità di selezionare
ed eventualmente accogliere la novità con il seguire ogni capriccio, infatti “coerenza è intima adesione perché derogare è
imbrogliare se stessi” (Body Counseling Milano” pagina fb dello scrivente).
3. Vanno in palestra a farsi i muscoli, ad indurirsi il fisico
e lo fanno ripetendo meccanicamente gli stessi esercizi… rigidi e compulsivi.
Così
- riducono l’elasticità della fascia, atrofizzano la
muscolatura profonda, ostacolano il lavoro delle articolazioni, schiacciano gli
organi interni;
- costruiscono una corazza di rigidità corporea che influenza
pesantemente la sfera psichica ed emozionale, riducendosi ad essere,
tendenzialmente, individui chiusi al dialogo e refrattari alle novità; incapaci
di ascoltare e confrontarsi; emozionalmente rachitici e poco sensibili.
4. Altrimenti diviene comodo non ammettere di avere sbagliato,
di avere causato del dolore ad altri, e quand’anche lo si ammettesse, si
ometterebbe che ogni errore, prima di essere tale, è stato una scelta!!
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