E’ un’assolata domenica mattina, qui sui Navigli.
Gazzetta dello Sport spianata davanti, lo specchio d’acqua milanese che dorme
ignaro del frastuono e della confusione che lo attendono tra un paio d’ore.
Mi alzo dai gradoni assolati e mi dirigo verso il Museo Diocesano là dove sono esposte
opere di
Gauguin Matisse Chagall
la passione nell’arte francese
dai Musei Vaticani
Si tratta di opere di artisti francesi: Paul Gauguin,
Auguste Rodin, Maurice Denis, Georges Rouault, Marc Chagall, Henri Matisse e
altri, attinenti la Passione di Cristo.
Tra la fine del diciannovesimo secolo e la prima metà del
ventesimo, il dibattito, all’interno della Chiesa come del mondo dell’arte, si
accende attorno alla trasposizione
figurativa dei concetti spirituali. Il che porta ad opere che rinsaldano
il rapporto, inteso come imprescindibile, con la verità del fatto sacro, mentre
altre introducono a piene mani tradizioni popolari e riferimenti alla storia
contemporanea.
Le nuove domande di sacro come le aspre critiche alla Chiesa
ed al sentimento religioso che nascono nella società moderna, costringono gli
artisti, credenti o meno, a riflettere e sperimentare stili, espressioni,
tecniche differenti in un crogiuolo in cui passato e modernità paiono a volte
integrarsi, a volte divergere.
La Chiesa stessa, nelle sue più alte espressioni, dovrà fare
ammenda di anni, di secoli, in cui l’arte è stata piegata a precisi voleri
dottrinali e di potere, quando non trascurata e negletta.
“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non
sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde
gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del
tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione.
E questo grazie alle vostre mani” (Concilio Vaticano II. A. 1965)
Che ci faccio io, anarchico e spirito ribelle, al cospetto
di opere dall’intenso sentimento religioso?
Accanto all’innata curiosità per ciò che risuona diverso dal
mio quotidiano, mi spingono un mai sopito anelito spirituale che, benché tale e
non religioso, ama coniugarsi con il mondo delle religioni, insieme alla
passione per le opere pittoriche, comunque si connotino.
Il “Christ en croix” di Jean Fautrier mi colpisce
immediatamente, con un viso che ricorda le maschere africane e mi impone di
guardarlo, anzi, di fissarlo, lasciando sullo sfondo una insolita corona di
spine a tre punte ed un corpo dal colore
bruno.
E’ Chagall, con la sua “Crucifixon grise”, a trovarmi
ammutolito, con un Cristo sofferente ad occupare quasi tutta la tela,
sovrastando la folla che protende una scala, ponte tra terra e cielo, ed una
sconosciuta figura femminile accanto a lui.
Sala dopo sala, opera dopo opera, anche quando si tratta di
sculture,(eppure io, verso la scultura, nutro un’indifferenza frutto di
ignoranza in materia, ma sembro un deficiente a rimirare nei particolari
l’opera di Auguste Rodin, ovvero una mano a racchiudere l’abbracciarsi di Adamo
ed Eva) mi incanto, mi misuro con un respirare che si fa diverso, corto o
lungo, superficiale o profondo, proprio per assaporare di corpo, di emozioni,
ciò che di altrettanto emozionante, sensibile, arriva dalle opere esposte.
All’uscita, una simpatica chiacchierata con un’altra visitatrice
che condivide il mio dispiacere per il numero davvero esiguo delle opere
esposte. La bellezza, l’intensità, non si discutono ma lei, che si divide tra
Italia e Francia, non esita ad informarmi che in territorio d’Oltralpe le
possibilità in materia sono ben più ricche e che, nella terra del Vaticano, si
sarebbe aspettata una raccolta ben più nutrita.
Il sole del mattino ora è alto, le strade si sono popolate,
io cerco un angolo di tranquillità per lasciar decantare le emozioni, per la
sciar danzare l’anelito spirituale che si agita dentro.
Nessun commento:
Posta un commento