venerdì 27 ottobre 2023

Poveri in tutto e di tutto

 Come la povertà di parole impoverisce l’intelligenza.

Il rapporto fra ricchezza delle parole e ricchezza di possibilità è dimostrato dalla ricerca scientifica, medica e criminologica: i ragazzi più violenti possiedono strumenti linguistici scarsi e inefficaci, sul piano del lessico, della grammatica e della sintassi.

Non sono capaci di gestire una conversazione, non riescono a modulare lo stile della comunicazione – il tono, il lessico, l’andamento – in base agli interlocutori e al contesto, non fanno uso dell’ironia e della metafora. Non sanno sentire, non sanno nominare le proprie emozioni. Spesso, non sanno raccontare storie. Mancano della necessaria coerenza logica, non hanno abilità narrativa: una carenza che può produrre conseguenze tragiche nel rapporto con l’autorità, quando è indispensabile raccontare, descrivere, dare conto delle ragioni, della successione, della dinamica di un evento.

La povertà della comunicazione, insomma, si traduce in povertà dell’intelligenza, in doloroso soffocamento delle emozioni. Questo vale a tutti i livelli della gerarchia sociale, ma soprattutto ai gradi più bassi. Quando, per ragioni sociali, economiche, familiari, non si dispone di adeguati strumenti linguistici; quando le parole fanno paura, e più di tutte proprio le parole che dicono la paura, la fragilità, la differenza, la tristezza; quando manca la capacità di nominare le cose e le emozioni, manca un meccanismo fondamentale di controllo sulla realtà e su se stessi. La violenza incontrollata è uno degli esiti possibili, se non probabili, di questa carenza. I ragazzi sprovvisti delle parole per dire i loro sentimenti di tristezza, di rabbia, di frustrazione hanno un solo modo per liberarli e liberarsi di sofferenze a volte insopportabili: la violenza fisica”.

(G. Carofiglio in “La nuova manomissione delle parole” cit. https://bodythinking.com/it/linguaggio/piu-parole-piu-possibilita/)

Atteggiamento Libero 4 P. Masserini

E la povertà, la stereotipia del corpo,

del movimento?

E

Senza titolo G. Baglieri
sseri umani che sono “incarnati”, che sono sempre e ovunque corpo, come si riducono reiterando gesti quotidiani, di lavoro o di studio, sempre uguali e ripetuti nel tempo? Come si riducono reiterando gesti di palestra o di sport ciclici? Reiterando gesti che imitano sequenze fisse di altri gesti copiati da uno schermo di computer o da un docente “in cattedra”? Come si riducono pedalando forsennati su biciclette fisse, ferme o camminando rapidi su pedane che li lasciano sempre lì, nello stesso posto?

Che ricchezza ed intelligenza e plasticità di relazioni sono in grado di offrire, di affrontare? Che pochezza di “stili di comunicazione” (ibid) sanno portare nella società, nelle relazioni affettive, sentimentali?

La vetrinizzazione dei corpi, il narcisismo dilagante e sfrontato, che c’azzeccano con il benessere e il bellessere? L’alienazione insita in queste pratiche di corpo oggetto, dove sta portando?

“Il corpo è l’oggetto psichico per eccellenza, il solo oggetto psichico”

(J.P. Sartre in "L’essere e il nulla")

Corridori L. Delaunay

Occorre, allora, riferirsi a quelle poche isolate voci che praticano di corpo vissuto, esperito, di Leib di contro a Korper, per contrastare l’allenamento, l’addestramento, di stampo ginnico-fascista verniciato di modernismo e cultura USA, quello per animaletti da circo, quello povero perché uguale per tutti, non rispettoso dell’individualità, dell’unicità del soggetto. E anche quando ci sia il personal trainer a seguirti, lui segue un corpo oggetto, un corpo macchina, non un corpo olistico che si emoziona, ama, odia, che ha dentro di sé un passato che lo ha plasmato fisicoemotivamente ed aspira ad un futuro che lo plasmerà fisicoemotivamente.

La lotta bretone P. Sérusier
Attenzione, perché l’individuo è corpo in azione e la mancanza di una cultura del corpo, di una consapevolezza di sé corpo, “si traduce in povertà dell’intelligenza, in doloroso soffocamento delle emozioni”, e “La violenza incontrollata è uno degli esiti possibili, se non probabili, di questa carenza” (ibid)

Una consapevolezza dei transiti e delle corrispondenze tra eventi motori, psico-emotivi e relazionali è l’unica strada percorribile per arricchire l’intelligenza e la cultura umana, forti del sapere che un corpo soggettivo, ogni corpo soggettivo, “postula il corpo sociale” (V. Bellia in “Se la cura è una danza”).

“Stiamo assistendo ad una trasformazione nel mondo dell’allenamento. Dal coaching militare, basato sulla disciplina, all’approccio olistico e sensibile, l’imposizione e il dolore cedono il passo al dialogo e all’ascolto” (in Natkedmovement)


L'ultimo tango J. Machado

Allora, accanto alle altre voci solitarie che sanno di corpo, di soma, di movimento, di individuo persona, che canti forte anche la nostra voce, voce Spirito Ribelle: Pochi, ma buoni.

 

Pugili A. Seguri
 





Studi di un corpo umano U. Boccioni



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