I lavori lungo la stazione costringono i passeggeri a percorrere un tragitto che è una strettoia, tra case e cinta di protezione dei lavori medesimi
Li vedo, mi vengono incontro in fila indiana; volti tesi,
sguardi incupiti: Automi di carne. Molti hanno lo sguardo fisso sul cellulare,
oppure hanno cuffiette a incorniciare loro il volto, chissà se si rintronano di
musica o subiscono la nenia di un podcast, che è la versione per adulti pigri e
passivi delle favole che la mamma o il papà raccontava al suo bimbo: Non vorrai
mica fare la fatica di leggere, che è riflettere su quanto stai leggendo e
prenderti delle pause per comprendere? No, ingurgitano parole e parole in una
melassa di emozioni indistinte. Pochi, eccezioni meravigliose, si guardano
attorno; nel momento che mi passano accanto paiono vivere e non
dormire, non sopravvivere: Probabilmente, notano quanto accade loro accanto,
annusano gli odori diversi che si succedono, discernono le diverse colorazioni
della luce del giorno, ascoltano la sinfonia di rumori della strada, si
relazionano con lo sguardo, la presenza di chi incontrano. Vivono, appunto.
Lupo, fuori con gli amici,
Monica con amiche, eccomi seduto in platea a vedere
The
Palace
di Roman Polanski
Un piccolo mondo di persone che sono personaggi, un’umanità
corrotta e viziata, futile e ignorante, che si affolla, si incontra e si
scontra tra eccessi e stranezze, capricci e ingenuità.
Una pellicola scoppiettante, vivacissima. Non c’è la poesia
di Fellini, non c’è la follia visionaria di Bunuel ma, col tanto divertimento
che le scene suscitano, c’è un continuo succedersi ed incastrarsi di
avvenimenti sconclusionati, perversi, che sono un inarrestabile eruttare di
emozioni a scontrarsi con la voglia di riflettere, di comprendere.
Chissà se lo zelante manager dell’hotel, nel suo reggere
quello strabordante circo di mostri, sia in realtà quello che dà loro un senso,
addirittura il perno che consente alla volgarità e all’ostentazione di potere e
ricchezza dei clienti di continuare ad esistere, esistere senza soluzione di
continuità?
Chissà se l’umile e umiliato personale dell’hotel starà
sempre sottomesso? Se una ribelle canzoncina cantata sommessamente e insieme da
guardie del corpo ed inservienti non sia il preludio ad una rivolta? O finirà
lì, in una minuscola stanza senza alcuna voce potente?
Che effetto vedere lo stormo di ex giovani e belle
mostruosamente rifatte, ristrutturate, dal noto medico della chirurgia
plastica, affannarsi attorno a lui mentre è alle prese con una moglie, lei
aspetto fisico normale, affetta da Alzheimer e dunque abitante di un mondo
tutto suo, che non c’è. La normalità non può abitare e tanto meno pretendere
dignità in questo mondo di predoni dell’arricchimento, dell’ostentazione,
dell’eterna giovinezza, della pretesa libertà di soddisfare ogni voglia?
Davvero la tentazione della ricchezza facile e dunque
illecita, del lusso sfrenato, fa presa anche sul notabile di banca, su quella
piccola borghesia che dovrebbe custodire l’osservanza di disposizioni e leggi?
Le domande, sorte durante la proiezione, ora possono
sgorgare libere. Ceno da solo, in un locale tranquillo, mentre nelle vie
adiacenti brulica la gioventù chiassosa di questo terzo millennio.
Ah, che c’azzecca, con questo mio commento alla
pellicola, l’ordinata e mesta fila di supini addomesticati di cui ho scritto ad
inizio? Secondo te che mi leggi?
PS) Leggo che molti (non tutti)
i critici cinematografici hanno stroncato la pellicola: Chi l’ha definita un
“cinepanettone, chi “commedia molto leggera e inattesa, di poche pretese”, chi
“troppo spuntato nei suoi riferimenti e grossolano nelle sue scenette”. Sono
molto contento di non essere un “critico cinematografico”, uno che con le
critiche ci porta a casa la pagnotta, ma solo un semplice appassionato. Questo
mi ha permesso di godere un’ora e mezza di grande cinema, senza quelle “seghe
mentali” e la loro … capacità (?!) di ignorare lo stile Zakopane e Stanisław
Witkiewicz o il paradosso e le ossessioni di Witold Gombrowicz, insomma di
ignorare come una certa cultura polacca possa aver influenzato il lavoro di
Polanski e Skolimowski (co sceneggiatore del film) aiutandoli a sfornare una
pellicola tanto godibile quanto (a chi interessi) di cultura alta. Altro che “cinepanettone”!!
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