giovedì 27 giugno 2024

Mai senza l’altro

Il tempo incerto alterna scrosci d’acqua a macchie di cielo azzurro e ci si mette pure lo sciopero dei conducenti ATM (sacrosanto, viste le condizioni di lavoro in cui ATM, di proprietà del comune di Milano, tiene quei lavoratori: Vai Sala e PD, sempre in linea con l’adesione allo sfruttamento dell’homo faber e ad una sfrenata pragmaticità capitalista!!).

Eppure Monica ed io siamo puntuali al Castello Sforzesco,

Festival della bellezza

per una serata in due tempi: il primo con Massimo Recalcati, psicoanalista di formazione lacaniana, su “Icone: Gesù e Freud”; il secondo con Alessandro D’Avenia, docente di scuola media superiore e scrittore, su “L'Odissea e l'arte di essere mortali”.

Una lunga fila per entrare, un pubblico eterogeneo per età: Magari saranno pure dei rimbambiti di Master Chef o di X Factor, lettori di Fabio Volo o passivi auditori di podcast, ma, intanto, sono e siamo qua, per una serata di sola cultura, senza musica, luci stroboscopiche, effetti speciali, soubrette convinte che “far vedere il culo si possa definire un lavoro” (cit. da Roberto Vecchioni “Questi fantasmi” https://www.youtube.com/watch?v=cPHE1KcmX4s) e uomini e donne qualunque a esporre  sfacciatamente i propri sentimenti in cambio di un quarto d’ora di notorietà.

Recalcati ci intrattiene con una interessante disamina su Freud e l’inconscio. Nulla di trombonico, tutto spiegato in modo coinvolgente e chiaro. Parole che aprono interrogativi autentici sul rapporto con la nostra parte più razionale quanto sull’intelligenza altra che ci abita, sempre. 

Per parte mia, di formazione gestaltica e convinto che il nodo non sia mai mente e corpo ma corpo e mondo, non posso certo aderire alla sua visione. Poi, di tanto in tanto, in me fa capolino l’eretico Massimo Fagioli (1), psichiatra e psicoterapeuta, quello che aborriva Freud dedicandogli parole pesanti, quello ancor più distante di Freud dall’omosessualità, quello delle analisi collettive, a disturbare le riflessioni di Recalcati.

Applausi convinti a cui mi unisco: E’ davvero un grande mondo quello in cui qualcuno o qualcosa ci induce a riflettere su di noi, a cercare sempre nuove risposte che inducono nuove domande.

Ma non sapevo cosa mi stava aspettando!!

Sì perché D’Avenia, uomo di palcoscenico, ci intrattiene per due ore circa portandoci per mano, scanzonato, irriverente e autenticamente profondo insieme, dentro le pieghe del nostro vivere, delle domande che eludiamo per non scoprirci “rappresentazione” invece che “presenza” (sono parole sue).

Nel raccontarci degli esami di maturità, nel prendere le parole e spogliarle del significato convenzionale per portare alla luce il significato originale che dona loro una vita nuova e palpitante, nel narrarci le peripezie di Ulisse, ci immerge nell’esperienza personale di ognuno che è anche percorso di ogni uomo verso il proprio originale compimento esistenziale.

D’Avenia, noi a bocca aperta e col fiato trattenuto, ci svela l'invincibile nostalgia di futuro, quella che ci affligge ogni giorno la cui soluzione, almeno tentata se non riuscita, è tornare nella nostra di Itaca, non quella del passato ma quella ancora da fare rimanendo fedeli al nostro destino. Perché solo se sappiamo abbracciare il nostro destino, che è il nostro desiderio, viviamo.

Mi tornano a galla le parole di Jung che mi sono servite nello stendere la mail di Luglio – Agosto indirizzata ad allievi ed amici. I testi di Gurdjieff scoperti nella mia gioventù e le danze sufi praticate invece pochi mesi or sono.

MI riempiono gli occhi, quando D’Avenia invita ad un gesto di distensione ed amore, il gentile bacio di una giovane coppia davanti a me e i fugaci sguardi di poche altre: Già, quante parole desertiche scorrono tra coppie che si pensano “insieme” uccidendo ogni calore e speranza di un presente ed un futuro davvero “insieme”. Lo scultore Giacometti scriveva, più o meno, che pochissimi sono gli occhi in cui esiste lo sguardo. E se questo sguardo non esiste nemmeno dentro una coppia, come sarà mai possibile volgerlo verso l’altro da sé, verso lo sconosciuto? E forse, tragicamente, non sarà mai volto nemmeno dentro di sé.

MI pare che D’Avenia, mentre ci invita ad un applauso verso di noi e verso il piacere di vivere, ci metta in guardia dal sopravvalutare le manifestazioni esteriori delle persone, mancando invece la comprensione di quelle che sono le motivazioni occulte, nascoste, dei pensieri, delle immaginazioni e dell’agire che le persone compiono. E il loro rispetto.

Resistere, la tanto abusata resilienza, non è rimanere fermi, ma ri-esistere: Nascere.

Grande il D’Avenia.

 

1. https://massimofagioli.com/

 


 

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