Forme a due di combattimento. Fuori da ogni formalismo, si sostanziano dell’affermazione del Maestro Kuroda: “Quando ti alleni da solo potresti pensare che quello che stai facendo sia soddisfacente, ma quando la tua schiena e la tua spalla vengono tagliate in due, quando sei avvisato del movimento distorto nel tuo corpo nel momento in cui il tuo avversario ferma la tua spada, allora ti rendi conto che se fosse un vero combattimento saresti ferito o colpito a morte”. (https://aikidojournal.com/2002/08/26/interview-with-tetsuzan-kuroda/).
Dunque, la consapevolezza del “corpo come sono”
(Leib) va di pari passo prima ancora che dello scopo di quel che fai, col senso
che questo tuo fare ha. E’ la simulazione di un conflitto vita o morte,
non la finzione (1).
I Rinto Kata dunque, non sono una ripetizione a
memoria, ma “una sorta di esercitazione ‘dal vivo’, quest’ultima progettata
per incidere i riflessi abbastanza profondamente da farli diventare ‘pseudo-.
istintuali’”. (E. Amdur in “A duello con O Sensei”).
Mai senza l’altro.
Altro che è insieme il te stesso conosciuto e quello meno conosciuto, da cui
fuggi, quanto l’altro da te, l’ambiente in cui vivi. Confronto guerriero che
disvela inesorabilmente le tematiche emozionali di ognuno dei due praticanti.
Pur praticato con armi di legno, non acciaio affilato come
siamo soliti fare qui allo Spirito Ribelle, è formazione vera,
realistica, al duello di spade.
1. Mentre nella finzione il soggetto, razionalmente, intende
copiare ed imitare azioni, parole, atteggiamenti a lui estranei, nella
simulazione il soggetto mette in atto sintomi fisicoemotivi ed azioni e
parole originati da incentivi interni ed esterni particolarmente capaci di
incidere sulla sua personalità. Per meglio spiegare, ci vengono in soccorso le
parole di J. Grotowski: “Le vostre azioni fisiche saranno radicate ancora
meglio nella vostra natura se allenate gli impulsi, non le azioni. (omissis).
Prima dell’azione fisica, c’è l’impulso, che spinge dentro il corpo, (omissis)
In realtà, l’azione fisica, se non inizia da un impulso, diventa qualcosa di
convenzionale, quasi come il gesto. Quando lavoriamo gli impulsi, diventa
radicata nel corpo”. (T. Richards in “Al lavoro con Grotowski sulle
azioni fisiche”)
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