A Milano si tiene il
19° Campionato Mondiale
di Kendo,
ed eccomi spettatore
interessato.
Il
Kendo, cosa è?
In Giappone la sua pratica è incoraggiata sin dalla tenera
età tanto da essere diventata materia obbligatoria all’interno del sistema di
istruzione scolastico
Il
Kendo è uno sport?
Nato con finalità ben diverse,
tra cui la fedeltà allo spirito samurai e la formazione ad alcuni valori tra i
quali il saper affrontare coraggiosamente la morte e il coltivare lo spirito di
sacrificio, con i decenni è diventato uno sport, tanto capace di diffondersi
oltre la ristretta cerchia degli appassionati quanto perdendo molto (tutto?)
della parte spirituale.
Ricordo, qui in Italia negli anni ‘80, le diatribe su queste
diverse interpretazioni tra Mario Bottoni, fervente tradizionalista disposto a
mantenere il Kendo in una nicchia con eventuali gare aperte solo ad un pubblico
di praticanti ed arbitrate da Maestri di alto livello pur di non perderne i
valori Tradizionali, ed i sostenitori di una versione sportiva, per ciò stessa
capace di attirare attenzioni di pubblico e commerciali altrimenti negate. Vinsero
i secondi, ovviamente.
Il
praticante di Kendo sa usare il katana?
Quando, per esigenze belliche, in
Giappone arruolarono nell’esercito i kendoka di ogni livello, si accorsero
subito che non sapevano affatto “tagliare” (1). Sì perché il katana
richiede il tagliare, non il colpire. Lo sa bene chi pratichi Tameshigiri, il
taglio di stuoie o canne di bambù. Tagliare significa tranciare di netto, senza
sbavature, il bersaglio che, nei casi migliori, addirittura resta un attimo
immobile prima di cadere al suolo. Colpire significa spaccare in due il
bersaglio lasciando margini scomposti e residui di materiale quando non
trovarsi con la lama affondata nel bersaglio e lì bloccata senza che questi si
divida in due.
Dunque, il kendoka, per saper davvero tagliare, dovrà
affiancare alla pratica dello sport con lo shinai, una efficace ed efficiente
pratica col katana e le Arti ad esso connesse. “Efficace ed efficiente” che per
me è tale solo se completata dalla pratica del Tameshigiri, il che, almeno qui
in Italia, non è affatto scontato. Anzi!! (2)
Ed
eccoci ai Mondiali!!
Atmosfera elettrizzante, atleti
di tutto il mondo, pubblico eccitato nel commentare i colpi dati e non dati.
Eppure … resto affascinato dai combattimenti, dai Kiai
delle contendenti (sono alla giornata dedicata agli individuali femminili),
dalle movenze feline che cercano uno spiraglio per entrare nella guardia
altrui. Nonostante sia stato ridotto a gioco sportivo, resta ancora valido
l’imperativo di” colpire quando si è già entrati”, ovvero di lanciare lo shinai
quando si sa, si sente, che il bersaglio è stato colpito e l’affondo resta una
pura formalità.
Ci si muove dentro sakki, che è sentire la
volontà di attacco rivolta contro se stessi, e hara – gei,
intuirsi a vicenda. Questi formidabili principi, nella competizione sportiva
vengono applicati premiando solo i colpi che arrivano precisi e potenti sul
bersaglio, e lo fanno impegnando la parte terminale dello shinai, quella che in
un katana sarebbe il tagliente più affilato che va dal kissaki
(la punta) a circa una spanna lungo la lama.
Insomma, sarà ormai solo uno sport, un gioco, ma
personalmente ne sento il fascino che sa di lontano ed antico, di duelli vita o
morte. Encomiabile, poi, l’atteggiamento delle duellanti e dei loro coach: mai
una voce o un gesto fuori posto, sempre rispettose dell’avversaria come delle
decisioni arbitrali.
Mi vengono in mente le gare di Karate anni ’70. Sicuramente
meno dinamiche e varie della versione sportiva del Karate (3) ma… quelle
emozioni, quelle tensioni dei praticanti e tra il pubblico, quel senso di
terribile ed irreparabile “qui ed ora”, risultano ormai perse, per non parlare
del rispetto tra i combattenti e del silenzio glaciale del pubblico.
Ecco, io che, nel mio piccolo, sono passato attraverso la
pratica e le gare di ambedue, riconosco che nella seconda c’è più libertà e
divertimento, ci sono atleti preparati di fiato e fisico, ma nella prima si
respirava davvero il clima samurai, l’esplodere improvviso di un atto che
sarebbe stato letale, la paura di essere fortemente danneggiati, la tensione
del coraggio e della paura.
Forse, una volta intrapresa la china dello sport, che porta
lo sport inevitabilmente ad essere lo specchio fedele della società, il declino
valoriale e di rispetto sono inevitabili. Guardate il tennis oggi, tra gesti
plateali e volgari degli atleti, roboanti richieste di sostegno al pubblico e
pubblico stesso vociante e maleducato.
Ecco, guarda un po', il Kendo sportivo è ancora un’isola felice di rispetto e marzialità, di cuore guerriero, o, almeno, io così ho vissuto questo bellissimo pomeriggio all’Unipol Forum di Assago, al
19° Campionato mondiale di Kendo.
1. La lacuna nell’uso realistico del katana fu colmata
attraverso gli insegnamenti della Scuola Toyama Ryu; in particolare furono
scelte alcune essenziali sequenze di Tameshigiri per formare i praticanti al
taglio efficace ed efficiente. Queste sequenze sono le stesse adottate nel
nostro Kenshindo.
2. Come scritto più volte, personalmente sono distante anche dalla
pratica “sportiva” del Tameshigiri, cioé dalle gare su chi lo taglia più grosso
(sì, abbiamo pure questo!!), come dal taglio praticato su oggetti vari quali
frutta e cartone. In questo sono e resto un tradizionalista.
3. https://youtu.be/gAYIaiM2xgs
https://youtu.be/e0Wn7T-TMCI
https://youtu.be/iy5IixR7X7c
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