Mi è accanto, calda, la vita, il gesto colore del mio cuore, lo scandire ritmico che accompagna ogni fruscio di mani vive.
Pratico dolce, delicato, quasi suadente. In questi mesi che
mi lasciano tensioni e potenze che non trovo se non occultate; tutto quanto
l’imparato, tutto quanto l’esperito, va diluito, va nascosto obbedendo alle
leggi di un’attesa di salute piena, di ritorno alla normalità fisica, via dagli
impedimenti medicali.
Così pratico di uno “stato calmo”, che è la lettura più
consona alla nostra cultura di quello che in Oriente è Zazen (1),
quello Zazen che porta con sé l’aggravante, per noi italiani,
della ripetizione ad alta voce di formule in una lingua che non si conosce e
neppure si sa correttamente pronunciare.
Rumen Zen e Fa Han Zhuang,
due diversi modi di aprire il corpo, dentro, dentro gli organi tutti, fino a
sciogliersi acqua.
Nami, la pratica delle “onde”,
quel movimento che, simile a possente fiume d’acqua, costruisce ogni nostro
agire nello spazio, qui allo Spirito Ribelle. Conosciuto grazie agli
insegnamenti Tai Chi Chuan e Pa Kwa del Maestro
Erle Montaigue, approfondito con lo Yoseikan Budo del Maestro
Mochizuki Hiroo, sviluppato attraverso le mie personali ricerche anche esercitandomi
in pratiche motorie occidentali lontane dal marziale. E’ nostro tratto
distintivo, ci fa UNICI, inarrivabili.
Agire di corpo, confrontarsi con i limiti e le possibilità dello spazio, fare i conti con la forza di gravità: La pratica marziale, del confronto che è anche scontro, la pratica Bujutsu, è una visione generale, tocca ognuno di noi. Ciascuno a suo modo, secondo la sua personale cultura, il suo personale stile di vita, tutti in varia misura siamo “marzialisti” e, consapevoli o meno, ci nutriamo di Bujutsu: sopraffare per non essere sopraffatti. Vincere la pigrizia e alzarsi dal letto; affrontare la paura di un evento; relazionarsi consapevolmente e serenamente all’interno di un rapporto sentimentale conflittuale; gestire tensioni e scontri sul luogo di lavoro…. ogni giorno ognuno di noi è sfidato ad essere un marzialista, un combattente.
Solo, alcuni lo riconoscono, e lo riconoscono più degli
altri, abbracciando esplicitamente la pratica delle Arti Marziali.
E le vivono come Budo, educazione a vivere, esercizio
pratico di vita, trasformazione che è stata la storia delle Arti Marziali
stesse nello scorrere dei secoli. Esse sono diventate un percorso per sostenere
la crescita dell’uomo, sostenerlo per farlo vivere meglio ed elevarlo, rendendo
la vita degna di essere vissuta.
- Pratica marziale, pratica Budo,
che diventa pratica quotidiana, pratica di vita, formazione a saper vivere e ad
accettare di morire, sapendo invecchiare: Intransigente compresenza di
inizio e fine. Antica saggezza taoista.
- Pratica marziale, pratica Budo,
che si affida a stati di coscienza espansa perché, quando si ha il
coraggio di contattare l’Ombra (2), di scendere in cantina, di fare i
conti con le nostre pulsioni più sporche e inconfessabili, la coscienza non è
più sufficiente. Come già scriveva il filosofo greco Plotino, “Senza
coscienza, gli atti sono più puri, intensi e vivi al più alto grado”. Si
osa l’estasi, l’intuizione nuda e vera, quella istantanea e folgorante.
Vagabondo in direzione approssimativa, incontrando qualcosa
che già ho incontrato più volte, ma ogni volta quella che è la fine della luce
della candela si rianima; qualcosa mi tira indietro, qualcosa di più forte, di
sfidante, mi spinge avanti.
Ogni insegnare è sempre un imparare insieme, ogni
proporre è sempre un confrontarsi insieme. La pratica marziale, quando
sa di sé e della sua storia, è arte di vivere, forma a stare bene al
mondo, a comprenderlo, a dare il proprio piccolo o grande contributo per
cambiarlo, amarlo e saperlo lasciare.
Inutile fingere che non ci siano Tradizioni, simboli,
liturgie che ci hanno preceduto, in qualche modo formato. Inutile pretendere di
dimenticarle.
L’efficacia nello scontro fisicoemotivo, il Bujutsu,
divenendo Budo, stimola a conoscersi e a migliorare, getta un
ponte tra noi e gli altri financo, forse, tra noi e il mistero dell’universo.
E’ una chiave vera, carnale, per aprire la porta del mondo.
Nessuno può illudersi di vivere la vita come individui
separati da tutto il resto, estranei alle influenze dell’ambiente che abitiamo,
delle scelte che compiamo.
Praticare Bujutsu come transizione alla
pratica Budo è il cammino che io scelgo per dare corpo a questa
considerazione.
È qui accanto, vivida presenza, la vita, l’aria smossa dai
miei gesti, il tempo che batte dentro ogni spostamento, sono mani vive che mi
cercano e cercano altrove.
Qui allo Spirito Ribelle,
praticare di corpo, praticare conflittualmente, è scartare ogni esercizio
meramente intellettuale quanto volgarmente di Korper, corpo
oggetto; è, invece, stare nel laborioso e indistinto rumore della vita,
scandendo il ripetersi e il rinnovarsi del vivere quotidiano, è scoprire come
la semplicità di un gesto, di un movimento, ci restituisce il profondo fascino
del vivere. Ed io, oggi, tramonto affacciato dentro casa, ci sto provando.
1. “Che cosa significa fare
Zazen? Significa sedersi in una postura come quella che abbiamo già visto per
la meditazione Vipassana, e lasciare la presa sui pensieri. Posizione del corpo
e attenzione alla respirazione sono praticamente uguali, come nella Vipassana.
E anche la finalità, si può dire, è la stessa: diventare consapevoli della
propria vera natura, riportare “la mente a casa”, e in questo modo liberarsi
dei desideri, di ogni tipo di desiderio, a cui seguono gli attaccamenti, che a
loro volta generano sofferenza da cui bisogna liberarsi qui e ora.”
(https://www.fondazionegraziottin.org/it/articolo.php/La-meditazione-zen-un-dove-infinito-senza-sofferenza?EW_CHILD=28344#:~:text=E%)
2. “Con il concetto di Ombra Jung
definisce quella parte dell’individuo che non è consapevole e che racchiude in
sé aspetti di noi sia negativi che positivi ignorati. Dapprima Jung fa coincidere l’Ombra con
l’inconscio personale poi nel corso della sua opera ne amplia il significato e
l’ombra diviene uno degli archetipi fondanti il percorso di individuazione.
L’archetipo dell’Ombra è uno dei primi con cui ci si deve confrontare
all’interno di un percorso di crescita e trasformazione. Jung chiama questo
percorso Individuazione”
(https://odasso-psicologa-torino.it/2018/10/08/il-viaggio-infero-incontrare-lombra/)
3. Sono i primi quattro nomi delle "otto forze" del Tai Chi Chuan, che sono: Proteggersi espandendo (Peng), ritirarsi ruotando (Lu), premere penetrando (Ji) e spingere sollevando (An).
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