giovedì 24 aprile 2025

Il Budo necessario




Mi è accanto, calda, la vita, il gesto colore del mio cuore, lo scandire ritmico che accompagna ogni fruscio di mani vive.

Pratico dolce, delicato, quasi suadente. In questi mesi che mi lasciano tensioni e potenze che non trovo se non occultate; tutto quanto l’imparato, tutto quanto l’esperito, va diluito, va nascosto obbedendo alle leggi di un’attesa di salute piena, di ritorno alla normalità fisica, via dagli impedimenti medicali.

Così pratico di uno “stato calmo”, che è la lettura più consona alla nostra cultura di quello che in Oriente è Zazen (1), quello Zazen che porta con sé l’aggravante, per noi italiani, della ripetizione ad alta voce di formule in una lingua che non si conosce e neppure si sa correttamente pronunciare.

Rumen Zen e Fa Han Zhuang, due diversi modi di aprire il corpo, dentro, dentro gli organi tutti, fino a sciogliersi acqua.

Nami, la pratica delle “onde”, quel movimento che, simile a possente fiume d’acqua, costruisce ogni nostro agire nello spazio, qui allo Spirito Ribelle. Conosciuto grazie agli insegnamenti Tai Chi Chuan e Pa Kwa del Maestro Erle Montaigue, approfondito con lo Yoseikan Budo del Maestro Mochizuki Hiroo, sviluppato attraverso le mie personali ricerche anche esercitandomi in pratiche motorie occidentali lontane dal marziale. E’ nostro tratto distintivo, ci fa UNICI, inarrivabili.


Agire di corpo, confrontarsi con i limiti e le possibilità dello spazio, fare i conti con la forza di gravità: La pratica marziale, del confronto che è anche scontro, la pratica Bujutsu, è una visione generale, tocca ognuno di noi. Ciascuno a suo modo, secondo la sua personale cultura, il suo personale stile di vita, tutti in varia misura siamo “marzialisti” e, consapevoli o meno, ci nutriamo di Bujutsu: sopraffare per non essere sopraffatti. Vincere la pigrizia e alzarsi dal letto; affrontare la paura di un evento; relazionarsi consapevolmente e serenamente all’interno di un rapporto sentimentale conflittuale; gestire tensioni e scontri sul luogo di lavoro…. ogni giorno ognuno di noi è sfidato ad essere un marzialista, un combattente.

Solo, alcuni lo riconoscono, e lo riconoscono più degli altri, abbracciando esplicitamente la pratica delle Arti Marziali. E le vivono come Budo, educazione a vivere, esercizio pratico di vita, trasformazione che è stata la storia delle Arti Marziali stesse nello scorrere dei secoli. Esse sono diventate un percorso per sostenere la crescita dell’uomo, sostenerlo per farlo vivere meglio ed elevarlo, rendendo la vita degna di essere vissuta.

  • Pratica marziale, pratica Budo, che diventa pratica quotidiana, pratica di vita, formazione a saper vivere e ad accettare di morire, sapendo invecchiare: Intransigente compresenza di inizio e fine. Antica saggezza taoista.
  • Pratica marziale, pratica Budo, che si affida a stati di coscienza espansa perché, quando si ha il coraggio di contattare l’Ombra (2), di scendere in cantina, di fare i conti con le nostre pulsioni più sporche e inconfessabili, la coscienza non è più sufficiente. Come già scriveva il filosofo greco Plotino, “Senza coscienza, gli atti sono più puri, intensi e vivi al più alto grado”. Si osa l’estasi, l’intuizione nuda e vera, quella istantanea e folgorante.

Mastico di corpo e cuore mentre Peng Lu Ji Han (3) sfida i quatto punti cardinali, una volta in senso orario e l’altra antiorario. Poi sono Maki, “mani che avvolgono”, immaginando il contatto con l’opponente; i primi tre animali della camminata in cerchio Pa Kwa / Hakkeshou e le gentili mani assassine degli Yuri.

Vagabondo in direzione approssimativa, incontrando qualcosa che già ho incontrato più volte, ma ogni volta quella che è la fine della luce della candela si rianima; qualcosa mi tira indietro, qualcosa di più forte, di sfidante, mi spinge avanti.

Ogni insegnare è sempre un imparare insieme, ogni proporre è sempre un confrontarsi insieme. La pratica marziale, quando sa di sé e della sua storia, è arte di vivere, forma a stare bene al mondo, a comprenderlo, a dare il proprio piccolo o grande contributo per cambiarlo, amarlo e saperlo lasciare.

Inutile fingere che non ci siano Tradizioni, simboli, liturgie che ci hanno preceduto, in qualche modo formato. Inutile pretendere di dimenticarle.

L’efficacia nello scontro fisicoemotivo, il Bujutsu, divenendo Budo, stimola a conoscersi e a migliorare, getta un ponte tra noi e gli altri financo, forse, tra noi e il mistero dell’universo. E’ una chiave vera, carnale, per aprire la porta del mondo.

Nessuno può illudersi di vivere la vita come individui separati da tutto il resto, estranei alle influenze dell’ambiente che abitiamo, delle scelte che compiamo.

Praticare Bujutsu come transizione alla pratica Budo è il cammino che io scelgo per dare corpo a questa considerazione.


I quattro movimenti base proposti dal Maestro Wang Xian Zhai: Gru, Serpente curioso o sopreso, Dragone, Onda; la manipolazione di una palla; la “tecnica segreta” tramandata dal Maestro Wang Xuanjie; infine la forma Tai Chi Chuan.

È qui accanto, vivida presenza, la vita, l’aria smossa dai miei gesti, il tempo che batte dentro ogni spostamento, sono mani vive che mi cercano e cercano altrove.

Qui allo Spirito Ribelle, praticare di corpo, praticare conflittualmente, è scartare ogni esercizio meramente intellettuale quanto volgarmente di Korper, corpo oggetto; è, invece, stare nel laborioso e indistinto rumore della vita, scandendo il ripetersi e il rinnovarsi del vivere quotidiano, è scoprire come la semplicità di un gesto, di un movimento, ci restituisce il profondo fascino del vivere. Ed io, oggi, tramonto affacciato dentro casa, ci sto provando.

 

1. “Che cosa significa fare Zazen? Significa sedersi in una postura come quella che abbiamo già visto per la meditazione Vipassana, e lasciare la presa sui pensieri. Posizione del corpo e attenzione alla respirazione sono praticamente uguali, come nella Vipassana. E anche la finalità, si può dire, è la stessa: diventare consapevoli della propria vera natura, riportare “la mente a casa”, e in questo modo liberarsi dei desideri, di ogni tipo di desiderio, a cui seguono gli attaccamenti, che a loro volta generano sofferenza da cui bisogna liberarsi qui e ora.”

(https://www.fondazionegraziottin.org/it/articolo.php/La-meditazione-zen-un-dove-infinito-senza-sofferenza?EW_CHILD=28344#:~:text=E%)

2. “Con il concetto di Ombra Jung definisce quella parte dell’individuo che non è consapevole e che racchiude in sé aspetti di noi sia negativi che positivi ignorati.  Dapprima Jung fa coincidere l’Ombra con l’inconscio personale poi nel corso della sua opera ne amplia il significato e l’ombra diviene uno degli archetipi fondanti il percorso di individuazione. L’archetipo dell’Ombra è uno dei primi con cui ci si deve confrontare all’interno di un percorso di crescita e trasformazione. Jung chiama questo percorso Individuazione”

(https://odasso-psicologa-torino.it/2018/10/08/il-viaggio-infero-incontrare-lombra/)

3. Sono i primi quattro nomi delle "otto forze" del Tai Chi Chuan, che sono: Proteggersi espandendo (Peng), ritirarsi ruotando (Lu), premere penetrando (Ji) e spingere sollevando (An).

 


 

 

 

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