lunedì 28 aprile 2025

Lezione aperta Tai Chi Chuan e Festival Taiji Quan

Calda mattina di primavera, qui ai giardini Marcello Candia in Milano. Il vento gentile si muove silenzioso, invisibile. L’erba alta, pochi i bambini a giocare qui e là, mentre il mattino prende ad arrossirsi di un timido sole.

Piccolo gruppo di praticanti che, in occasione della

Giornata mondiale del Tai Chi Chuan

hanno aderito alla mia proposta di una

Lezione Aperta

C’è Matteo, a rappresentare lo Spirito Ribelle, e c’è Sergio, che fu allievo negli anni dello ZNKR. Con loro un paio di persone che hanno visto la proposta della lezione sul periodico di zona “Quattro”.

Praticare di corpo, in particolare praticare Neijia Kung Fu /Naido, le Arti Marziali con una visione interna, per me è come scoprire l’intero mondo in uno scambio di sguardi, trovare l’infinito sulla punta delle dita della mano.

Questo mio mondo provo ad aprire al corpo degli astanti.

Due saranno i temi fondanti l’incontro:

  • La percezione dell’aria come presenza fisica, reale, con cui confrontarsi; resistenza a cui relazionarsi, materia da attraversare.
  • Il movimento ad onda, la successione delle spirali, come energia cinetica atta ad agire e muoverci nello spazio.

Così, qualsiasi siano le proposte motorie, corredate da riferimenti teorici che spaziano dai testi taoisti alle ricerche sul movimento di Moshe Feldenkrais, dalle indicazioni di strategia guerriera del generale Sun Tzu all’anatomia esperienziale come spiegata dal Body Mind Centering, suggerisco sempre di fare i conti con la presenza viva e reale dell’aria attorno a noi e delle catene cinetiche che innescano l’onda.

Oscillazioni secondo i principi dello Yi Quan; mani nello spazio e dentro l’energia dello Healing Tao; la respirazione a narici alterne; l’onda shock; Peng Lu Ji Han….

Per esperienza, so che chi vuol parlare di quel che sente non sa cosa e come dirlo: Esprimersi sembra solo confusione, stare in silenzio sembra scansare quel che si prova.


Ma sono i corpi stessi a parlare, a comunicare. Attraverso loro, si incominciano a intuire le storie narrate e quelle rimaste inascoltate, a cogliere il ritmo del tempo là dove più a lungo si è posato.

In cerchio, un sorriso corale, sorriso nel volto che mi auguro giunga al cuore, e l’incontro termina.

Con Sergio, raggiungiamo casa, dove Monica ci accoglie sorridente e viziandoci con un pranzo delizioso. Lunghe chiacchiere con un ex allievo, con un amico, che non vedo da una decina d’anni poi raggiungiamo

La Fabbrica del Vapore

dove si tiene il

Festival del Taiji Quan

Lì ad attenderci ci sono Giuseppe, già allievo, Maestro a sua volta, e Donatella, anche lei praticante di lungo corso ed amica cara.

Mi piace questa costruzione, da anni votata alle sperimentazioni di corpo e movimento, aperta a mostre di ogni forma artistica; da anni anche “casa” del corso di Laban Movement Analysis che conduce la docente Micaela Sapienza e che ho il piacere di frequentare regolarmente. Beh, ora un inconveniente salutistico mi terrà fermo qualche mese, ma poi …

Non mi piace affatto quel che vedo. Qua un ammasso di praticanti intruppati ad imitare gesti, là un capannello in cui il Maestro spinge e sbatacchia gli allievi usando modesti trucchi, accanto a noi un altro Maestro sistema braccia e mani di una praticante come fosse una marionetta e non un corpo vivente; passano quelli della spada, che in realtà (e come purtroppo è ovunque) è un pezzo di latta del tutto inoffensivo: Come guidare ai giardinetti un’auto a pedali credendosi un pilota di Formula Uno!!

Mi intrufolo qui e là. Una praticante bofonchia sconsolata “E’ difficile, è difficile”, un altro cerca di resistere di forza allo squilibrio dell’esperto, c’è chi allunga il collo per vedere che fa il Maestro superando il muro di chi gli sta davanti, sento scandire i comandi a dirigere chi imita un gesto dopo l’altro per eseguire una forma.

Ma è questo il Tai Chi Chuan? Questo è il mondo Neijia Kung Fu / Naido?

“I miglioramenti dipendono dalla consapevolezza interiore e non dalla forza esteriore” ed anche “Se continuerete a dipendere dal maestro o a riprodurre il particolare approccio dell’insegnate, non potrete raggiungere il vostro potenziale più alto”

(Jou Tsung Hwa in “Il Tao del Tai Chi Chuan”)

“L’esercizio giusto è quello che si adatta all’evoluzione naturale di ogni corpo umano”

(Tokitsu Kenji in “Yi Chuan”)

Un curioso che ora si aggirasse tra questi gruppi, che penserebbe del Tai Chi Chuan e delle Arti cosiddette “interne”, “dolci”?

Sono combattuto tra lisciare il mio ego o ritenermi dentro una sorta di “black mirror”, in cui non è la tecnologia a distorcere le mie percezioni ma qualcosa di sbagliato in me.

Ecco, avrei molto da scrivere. Ma sono troppo disturbato. E chi sono io per criticare, financo giudicare, altri?

Che costoro seguano pomposamente la loro strada, Maestri ed allievi. Io mi tengo la mia, la nostra Spirito Ribelle. Mi tengo il dubbio di essere io, noi, quelli sbagliati.

Sbagliati a ritenere l’Arte Marziale un percorso incerto, affascinante proprio perché tale e non un’autostrada con luccicanti autogrill, indicazioni precise ed inappellabili, entrate ed uscite obbligate in cui paghi, quanto paghi!!

Sbagliati a ritenere che ogni individuo, dunque anche il neofita alle prime armi, è una risorsa ed ogni relazione un campo di sperimentazione, rifiutandosi di trattare l’altro come un ignorante ed asettico ricevitore, di ritenere che la materia di pratica e studio è immutabile è un dogma, e che l’allievo non ha altra scelta se non vedere e capire l’insegnamento così come esso “è”.

A ciascuno il suo!!

 

“Che cosa credono i buoni allievi ? Che cosa fanno ?

Anzitutto, confidano nella loro capacità di apprendere. (…)

I buoni allievi tendono a provar piacere nel risolvere i problemi. (…) essi preferiscono fidarsi del proprio giudizio. (…)  essi sono sospettosi verso le “autorità”, in special modo verso tutte quelle autorità che tendono a dissuadere gli altri dal fidarsi del proprio giudizio.

Normalmente i buoni allievi non hanno paura di sbagliare. Essi riconoscono i propri limiti e non subiscono alcun trauma nello scoprire che ciò a cui essi credono è apparentemente errato. In altre parole, possono cambiare di convinzione. (…)

I buoni discepoli sono flessibili. (…) le “risposte” sono relative, che ogni cosa dipende dal sistema al cui interno si opera. Quello che è “vero” in un sistema può non esserlo in un altro. (…)

I buoni allievi non hanno bisogno di una soluzione assoluta, definitiva, irrevocabile per ogni problema. (…)”

(N. Postman in “L’insegnamento come attività sovversiva”)

 

 

@paolo.borzacchiello

 

Nessun commento:

Posta un commento