mercoledì 27 aprile 2011

Chiburi, pulire il sangue sulla lama

Chiburi, o togliere il sangue dalla lama, dopo il taglio.
Apparentemente, è questo il significato che viene dato al gesto, piccolo o ampio che sia, in cui il praticante muove nell’aria la spada dopo aver tagliato.
“Apparentemente” per diversi motivi, compreso, come succede in ogni azione marziale, il sottile intrecciarsi di significati altri, essoterici ed esoterici.
Cominciamo col dire che, dopo aver passato la lama tra vestiti, ossa, tendini, muscoli, sangue, il semplice muoverla nell’aria non assicura la sua perfetta pulizia.
Pare ( io, pur non essendo giovane, a quei tempi ancora non c’ero ….)  che il samurai avesse in uso un’ulteriore e più prosaica pulizia: togliere i residui del corpo ucciso utilizzando … il vestiario del morto stesso. Semplice e rapido: Passo la mia lama su un lembo di stoffa dell’hakama del morto ed ecco il katana pulito a dovere.
Passiamo ora ad aspetti sempre più “okuden”, nascosti, sia nel senso di non visibili nell’atto in sé sia nel senso di aspetti riguardanti il “simbolico” del tirar di spada.
  • Pulire il sangue significa “calmare il mare dopo la tempesta”. Ovvero, ho preso la decisione di togliere una vita, che è, a seconda dell’impostazione culturale ed esistenziale di ognuno,  squilibrare il delicato organismo del vivere del mondo; impedire ad un uomo di godere del dono della vita e togliere ai suoi cari il godimento della sua presenza; sostituirmi con ciò a (Dio, Buddha, il “Grande Coniglio”, ecc.) nel decidere chi vive e chi muore. Tale decisione, che implica il confronto con le pulsioni vitali di eros e thanatos, e le sue conseguenze nel gesto assassino, è suscitatrice di una tempesta di emozioni, ebbene essa va ora “lavata”, “pulita”:
- perché io possa fare i conti con quanto di mio orgoglio ci sia stato in quel gesto confrontandomi col delirio di onnipotenza ed ogni tentazione narcisistica,
- perché io restituisca il sangue del nemico alla Madre terra, in un ultimo gesto riparatore  di riequilibrio.
o       Pulire il sangue, in attesa del rinfodero (notto), significa farmi tornare pronto (zanshin) per un nuovo incontro. E’ la fase di post contatto (per dirla in chiave gestaltica) in cui, arricchito dell’incontro appena trascorso, vivo il qui ed ora di un nuovo possibile incontro. Lo vivo sia esternamente (sono posturalmente pronto ad un nuovo duello) sia interiormente, appunto con spirito zanshin (attenzione continua).
Per questo, nella nostra Scuola, “chiburi” è così importante. Come ogni nostro momento di pratica marziale il fare realistico, il simulare, è intimamente connesso con il simbolo che lo sottende.
Uno non esiste senza l’altro. Nessuna copia pedissequa di un modello meccanico, di “stile”, quanto nessuna “sega mentale” (per dirla alla Giacobbe); nessun principio teorico che, avulso dal contenuto della pratica, sarebbe una mera e sciocca illusione, appunto, “una sega mentale”.




4 commenti:

  1. Quoto, in quanto in simbolismo spesso viene attribuito in tal senso...
    Ma, un maestro di Osaka, a uno stage svolto a Parigi nel 2004, mi ha parlato di compassione nel gesto di chiburi... di rispetto e umiltà, nel senso che non è stata la spada a ucciderlo ma si è ucciso da solo, sbagliando.
    Per questo sono anni che rifletto sulla frase: La spada che da la vita... o la toglie.
    Il tameshigiri ha un grande effetto esoterico e energetico, sapendolo, non lo pratico più da anni, purtroppo, perchè non so ancora gestie tali energie... Grazie del blog molto interessante. Arigatou

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  2. Il katana, una arma per rispolverare l’archetipo del Guerriero.
    Riscoprirla nella quotidianità delle relazioni, se la pratica marziale e la Via della Spada si limitassero a rimanere in dojo non avrebbero più senso di un fitness o di un allenamento muscolare, è proprio il suo rivelarsi nella quotidianità ciò che affascina.
    Il quì e ora, l’esserci con mente e pancia, è indispensabile per qualsiasi scelta che sia porre fine a una relazione affettiva o ricercare un nuovo lavoro, il cambiamento, la fine di ciò che conosciamo per l’inizio del nuovo, l’ignoto.

    Dopo un taglio per quanto si tenti di rimettere insieme i lembi non coincideranno mai più come prima. Scelte estreme o più semplicemente scelte determinate, come la Vita e la Morte.Condivido ciò che scrivi Tiziano, senza la pulizia del sangue, senza Chiburi, saremmo colti da deliri di onnipotenza, saremmo più simili a un killer che a un guerriero. Senza rispetto per la Vita e per la Morte.

    E quanto, la sua lama può penetrare in profondità, nel nostro profondo, nell’ombra. Mi piace quel suo fare che definisco “Luciferino”, quel portare luce nell’oscurità.
    Le bellezze della Spada stanno in ciò che gli altri non vedono, non a caso Hagakure significa “ciò che sta sotto le foglie”. Un serpente, silente e pronto a saettare. Un mare in tempesta, pronto a sfondare ogni barriera, le energie nel Tameshigiri.

    I migliori auguri per buon inizio per questa tua nuova avventura Tiziano..Oss!!

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  3. Mi è stato chiesto, in piena libertà di scelta, dal mio Sensei Tiziano di scrivere un mio pensiero sull’argomento, Chiburi.
    Ti ringrazio Tiziano. Lasciarti un mio pensiero all’interno del tuo diario mi emoziona profondamente, grazie.

    Parlo in prima persona, parlo con le mie emozioni senza imitazioni usando le mie espressioni, le mie parole. Unita ma non legata da un sottile filo.
    Questo filo è: l’Addestramento.
    Che il mio Sensei mi ha donato e che porto con me.
    Tutto il resto è soltanto il mio essere è ciò che sono e che ho deciso e imparato a voler essere.

    ***

    Quando eseguo un combattimento con una spada giapponese, non è una cosa da poco. Non è per niente facile. Ho passato un lungo periodo imparando a portare sulla mia pelle, quello che può apparire semplice ma che non lo è: “L’estrazione” e ancora oggi, a volte, non la sento dolce, semplice, libera.

    L'estrazione è il mio “biglietto da visita”.
    Nel momento dell’estrazione creo un “disegno” di ciò che sono e lo presento al mio avversario. Poi che cosa gli presento veramente è un altro discorso legato all’ ”Illusione” che l’Arte Marziale rappresenta. Ma non voglio dilungarmi su questo argomento.

    Il Mio Chiburi.

    Non lo eseguo soltanto quando ho finito ti tagliare, (Tameshigiri) , una stuoia o un pezzo di carne, (già morta), ma lo faccio sempre e comunque nel momento che estraggo la spada. (Ecco che ritorna l’estrazione).

    Dopo esser entra, (IO, con la mia spada), nella carne e aver tagliato le ossa, dopo aver visto quell’ultimo istante di agonia nel volto di chi ho tolto la vita. (…) Sono l’unico giudice di chi ha deciso, infine, di veder spegnersi la luce dai i suoi occhi e ascoltare l’ultimo suo alito di vita.

    (…) Che cosa posso dire. (…)
    Ho tolto una Vita. (…)
    C’è qualcosa di grandioso in questo?. (…)

    Nel momento che ho estratto la mia spada ho già fatto la mia scelta.
    Portare a casa la mia pelle. Dare la morte o la vita.
    Essere consapevole che per l’anima non c’è protesi.
    E’ un luogo ben preciso di non ritorno.

    Il mio Chiburi è:
    Silenzio, perché dopo la morte non c’è che questo. E’ un silenzio che si ristagna nella mia pancia. E’ un silenzio che strangola la mia azione.
    E’ un silenzio che mi racconta di aver fatto qualcosa di grandioso o di terribile, comunque senza gloria.
    E’ un silenzio che mi riporta col lo spirito zanshin. Pronta per un nuovo duello.
    (…)

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  4. "compassione nel gesto di chiburi... di rispetto e umiltà, nel senso che non è stata la spada a ucciderlo ma si è ucciso da solo, sbagliando."
    Yuri

    Ecco, queste parole mi hanno colpito molto, e in questi giorni le ho un po' rimuginate...soprattutto perchè, vuoi per inesperienza o per limitata profondità della mia pratica esse mi sono ancora aliene, mi suonano strane, tanto più nel passaggio:"non è stata la spada a ucciderlo ma si è ucciso da solo, sbagliando." Ecco questo passaggio mi sembra sottintenda un allontanamento dalla responsabilità del proprio gesto, pur simbolico, che non concepisco. Che il mio oppositore abbia sbagliato o meno, se giunge ad essere tagliato non ho dubbi che sia stata la spada a tagliarlo, la mia spada, ovvero io attraverso di essa. Ma il fatto di aver tagliato, per mè, non vuol dire che lo sbaglio, l'errore, non possa esser stato mio.
    Magari sono io ad aver innescato un conflitto che a portato a snudare l'acciaio; magari sono io a non esser stato capace di gestire questo conflitto in modo tale da non giungere ad esiziali conseguenze; magari questo conflitto l'ho innescato io per futili motivi.....tutte cose che non posso sapere e che non mi sentirei di garantire a priori.
    Ecco, quella frase:"non è stata la spada a ucciderlo ma si è ucciso da solo, sbagliando.",mi fa pensare ad una negazione di responsabilità nel contemplare le conseguenze di un atto irrimediabile come il tagliare, e io in queste conseguenze invece voglio cercare di starci, appunto per la tempesta emotiva ed energetica che il tagliare, simbolicamente o meno, genera di per sè; per la serie: se mi metto in condizioni di tagliare qualcuno(e alla fine l'avere una spada al fianco è una mia libera scelta, se non ho una spada sarò per sempre al sicuro dal rischio di tagliare),il minimo che possa fare è esserci mentre sanguina.
    Questo a meno che non si intenda lo sbagliare di cui sopra, in modo più tecnico-pragmatico: se entrambi, io e un ipotetico lui, arriviamo a sguainare acciaio e alla fine io sono quello rimasto in piedi, allora quest'interlocutore altro da me deve aver sbagliato qualcosa nella sua azione, che immagino finalizzata a tagliarmi, se il risultato finale di tale azione è, per l'appunto che esso non taglia ma viene tagliato. In questo senso, l'errore da da parte di chi è tagliato lo concepisco, ma ancora, e questo è evidentemente un mio limite non riesco a vedere nel Chiburi un gesto di pietà anche se postuma, semmai vi leggo una nececcità, quella di tagliare-uscire dall'atto dell'uccisione...Mi sa che devo ancora riflettere sulla cosa.



    Ps ho fatto esperimenti di chiburi inteso in quanto pulizia della lama utilizzando liquidi inerti, come l'alcool o fluidi come l'olio di vaselina e l'olio per la manutenzione pulizia delle lame in acciaio al carbonio. In tutti i casi e qualunque gestualità abbia sperimentato, piu o meno ampia, veloce o lenta, , densa o leggera, il chiburi, non si è dimostrato granchè efficace al fine di liberare la lama da un fluido denso: ho il mio chiburi fa cagare ( cosa in sè probabile ^_^)dal punto di vista della meccanica del movimento, o la sua funzione è piu simbolica che pragmatica e la sua efficacia è da ricercarsi nella sfera dell' emotivo che della manutenzione dell'arma.

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