martedì 10 maggio 2016

Verso il viaggio della Notte: il cosa e come, terza parte.


Wing Chun Boxing

 
Viaggio attraverso territori sconosciuti, viandante che come milioni di altri, a volte si trascina altre corre leggero per distese piane o dentro boschi oscuri, camminando su sentieri tracciati e sicuri.
Qualcuno, più d’uno, si ferma a riposare, fino a scordarsi il dove andare, fino a scordare quel richiamo profondo, par quasi primitivo, che attrae verso l’ignoto. E in quel luogo di agio e sosta si ferma, stanza di un riposo che sa di narcolettico, di esposizione muta allo scorrere che viaggia altrove.
Altri riprendono a camminare, riprendono quei sentieri tracciati e sicuri che li porteranno ad una fine certa, che certa sempre è per tutti la fine, quanto probabilmente avara di erotismo, di vitalità ribelle.

Per anni anch’io ho stentato a riconoscere quel richiamo, tutt’al più dedicandogli modeste ore d’aria srotolate da una prigione quotidiana, a volte erano decisioni importanti, altre scelte ed incontri tutti fuori dal coro, ma il sentiero calpestato era sempre quello tracciato e sicuro. Poche evasioni, poche penetrazioni là dove la boscaglia era più fitta, la luce negata da ombre minacciose.
Come molti, mi caricavo con tutto quello che mi davano e che prendevo con gioia, fiducioso di essere pronto ed adatto al camminare, sì fuori dalla panciuta e sonnolenta strada principale, ma pur sempre su sentieri tracciati e sicuri.

Poi, incrocio strano e pericoloso di angeli eterei a cantare su devastazioni mondane, di fuoco e fiamme che eruttavano da un mondo sotterraneo malevolo ma così seducente nella sua morbosa faccia del male, quei sentieri tracciati e sicuri li ho lasciati.
La chiamata al selvatico, al selvaggio, mi ha preso e portato con sé.
E, passo dopo passo, tra rovi acuminati e fiori scaldati dai mille colori che si rivelavano impestati, tra radici contorte e tenere farfalle che celavano un acre veleno, ho attraversato la terra del Wing Chun Boxing (*).

Istinto primordiale umano (e non solo umano…) di penetrazione irresistibile alla pura e semplice animalità da uno stato di artificiosa meccanica tecnica presunta.
L’aspetto istintivo primordiale riecheggia fino all’estremo, fino ad ogni momento della pratica, autentica primordialità della natura sulla cultura, come a dire dell’istinto sulle costruzioni stilistiche.

Pratica semplice e frugale, il Wing Chun Boxing richiama il modo in cui le persone “normali” reagiscono d’acchito, quando attaccate o semplicemente spaventate, riprende quale posizione e quale comportamento spontaneamente assumono per reazione. E, a partire da questa risposta semplice, la trasforma in gesti e azioni di attacco, lasciando scaturire un’azione efficace o una energica risposta difensiva.
Un “non stile”, in cui qualsiasi tattica, qualsiasi strategia si scelga di vivere dentro, distruggitrice di ogni prevaricazione, in un lampo, in una folgore, in uno schioccar di dita, si compie l’azione letale del praticante Wing Chun Boxing.

 

(*) Arrivò il momento in cui mi accorsi di avere tempo ed energie per arricchire il mio percorso marziale accostandomi ad un’altra Arte oltre a quanto già praticavo. Indeciso tra Thai Boxe e Wing Chun, scelsi il secondo. Un po’ perché già ce le davamo “di santa ragione” col Kenpo, un po’ per proseguire lo studio della sensibilità e della distanza “a contatto” già avviato con il Kenpo stesso e con il Tai Chi Chuan.
Fu un praticare intenso, tra Wing Tsun, American Wing Chun, Wing Chun di matrice Wong Shun Leung.
Furono le domeniche, una dopo l’altra, ad attraversare le campagne del pavese, col sole d’estate o con la spessa nebbia d’autunno, imparando da un docente sconosciuto ai più, Carmine Agostino, che sarebbe poi diventato uno dei primi graduati superiori della WTOI, praticando fianco a fianco con un allora altrettanto sconosciuto Maik Faraone. E i seminari e gli stage con i “capi” della WTOI, sifu Cuciuffo e Boztepe, praticando fianco a fianco con chi, poi, avrebbe preso altre strade portatrici di fama e notorietà, quali Alberto Riccardi (oggi rappresentante in Italia di Sifu Ip Chun), Franco Giannone (che prosegue autonomamente la sua ricerca a Novara, presso “Il Centro”), Dario Battaglia (creatore di un’organizzazione dedita allo studio e pratica del combattimento gladiatorio)
Furono i seminari più che intensi con Sifu Kenneth Anderson . Poi le trasferte a Tortona, da Sifu Regalzi e il suo Maestro, Nino Bernardo.
Fino a costruire, su queste esperienze, un mio personale modo di intendere il Wing Chun, che ne riprendesse le radici essenziali e guerriere; che non si lasciasse fagocitare da dogmi e modelli fissi, leggendo l’essere umano come soggetto ai processi di continua trasmissione comunicativa che avvengono nel campo delle relazioni conflittuali in cui è immerso.
Ovvero, il Wing Chun Boxing.

 

L’appuntamento è per la notte tra Sabato 28
e Domenica 29 Maggio
La Notte del Guerriero
otto ore di formazione marziale “non stop”

 



 

2 commenti:

  1. spogliarsi del superfluo...togliere.
    Me ne rendo conto solo ora, per entrare nel bosco ho dovuto togliere ogni certezza, lasciare la strada che conoscevo e che pensavo "fuori dal coro" ,ma era sono un alternativa già tracciata comunque da altri..e così ogni incontro col Wing Chun Boxing, voglio (non devo!) spogliarmi per penetrare il centro caldo del suo fuoco, che poi è parte di me ardente.
    Il concetto di questa società in cui viviamo, avere sempre più, possedere auto e macchine PIU' grandi , PIU' belle...PIU...imparare PIU' cose, mere informazioni, saperi che non divverranno mai "conoscenze masticate e digerite", cibi che rimarranno forse sullo stomaco e nemmeno defecati..
    togliere, disimparare, svuotare la tazza come dicono gli asiatici...la frugalità dell'essenza, il minimo indispensabile per muoversi a 45 , sinuoso rettile che penetra vorace, col minimo dispendio energetico, senza sforzo, senza pensiero...che Ip Man era forse una sessantina di kg di uomo, anche se tante scuole di WC hanno fior fior di muscolosi "Maestri" che predicano la frugalità di quest'Arte...

    vi ritrovo molto il nostro Tirar di scherma, nel Kenshindo (l'Arte della katana Giapponese).Quell'assenza di mezzi termini, solo vivere o morire...il totale annientamento dell'avversario anche quando,sta nel solo disarcionarlo rovinosamente e andare oltre. Vivi! e il tuo avversario non è più una minaccia ora, è solo il passato..e tu sei pronto, io sono pronto ad affrontare ancora il passato, nel presente, sensibile a 360° su quanto può ancora accadere.

    trasfromare la paura in un arma, mani avanti in cuneo corto, letali gomiti che distruggono penetranti..farfalle d'acciaio, battito d'ali minimo, tagliente come rasoio, impietoso quanto la forgiatura che brucia le parti deboli e unisce fortificando quanto non muore al fuoco.
    Levare vecchi schemi mentali, lasciare a terra la zavorra e solcare i mari col prua che fende le onde, con la dolcezza di una lama che penetra le carni.

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  2. E dire che prima di iniziare avevo paura di trovarmi a praticare per ore e ore, facendo movimenti a vuoto, a mo’ di pinocchietto, magari facendo solo le forme tipiche del Wing Chun; gomiti bassi, braccia avanti, posizioni compatte e molto corte..
    Un po’ come avevo visto fare in effetti in diverse scuole di Wing Chun della zona di Milano, alle cui lezioni avevo assistito prima di iniziare allo Znkr.
    Ero un po’ preoccupato, a dire il vero.. Pensavo, chissà, magari mi annoierò..
    Io che, tra le altre cose, prima di iniziare con il Kenpo di Tiziano, venivo da lunghe, estenuanti e snervanti lezioni a praticare le forme del “militaresco” stile Shotokan di Karatè; dove, devo dire che, nonostante tutto mi ero pure in qualche modo distinto per qualche bel piazzamento tra i primi nelle gare sociali di Katà..
    Pensate che adesso faccio fatica addirittura a ricordare anche la sequenza di una sola di quelle forme ripetute fino alla nausea… Che male alla pianta dei piedi, che rimaneva "ustionata" a furia di andare avanti e indietro per la pedana (quasi senza capire nemmeno il perché poi..).
    Un altro brutto ricordo che mi è rimasto è stato quello legato ai dolori ed alle fitte, vigliacche, di una brutta pubalgia..
    Devo dire che da quando ho iniziato a praticare allo Znkr non ho più avuto traccia di dolori alla schiena e della pubalgìa.
    Ricordo infatti che Tiziano, la prima volta che l’ho sentito al telefono prima di iniziare la pratica in dojo, aveva preso ad esempio le posizioni, naturali e spontanee, degli animali, per cercare di spiegarmi il modo di praticare le sue arti marziali in dojo.
    Tornando al Wing Chun insegnato in dojo, devo dire che sono rimasto assolutamente sorpreso in positivo …
    Infatti, niente pinocchietti o lunghe forme estenuanti, con gesti ripetitivi fatti all’infinito ..
    Nonostante pratichi da soli pochi mesi (anche se qualche assaggio di W.C. lo avevo già avuto praticando il Kenpo di Tiziano), penso di aver capito in un certo senso che cosa si intenda con l’appellativo di “Eterna primavera”, dato a questo stile.
    Tutt’altro infatti che l’immagine dolce del rifiorire dei fiori, ma uno stile letale, con un’esplosione di fare continuo, ad esprimere una pratica “attiva”.. Lontana dal subire passivamente l’avversario .. Dove la “semplice” difesa è già offesa.
    Il W.C. insegnato in dojo è quindi ben lontano da quello degli sterili gesti (almeno apparentemente per me..), sempre uguali, ripetuti per ore noiosamente, su linee rette …
    All’opposto, invece, ho trovato un’arte fluida, potente ed esplosiva; alla ricerca del vero “volume” nell’esecuzione della tecnica, per essere efficace verso tutte le direzioni.
    Questa è la pratica marziale come la intendo io; diretta e concreta, con pochi “fronzoli” e volta alla ricerca del risultato immediato; come credo che si debba fare in una situazione reale, ovviamente se non ci sarà la possibilità di girare i tacchi e andarsene …
    Questi aspetti del W.C. mi affascinano non poco e si attagliano bene con quella parte di mè più schietta e diretta; che probabilmente mi sta spingendo a continuare la pratica di questo stile di A.M. molto particolare.
    Oss!
    Gianluca



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