lunedì 21 novembre 2016

Spirito Ribelle


 

 “Nessuno può darti la libertà. Nessuno può darti l'uguaglianza o la giustizia o qualsiasi altra cosa. Se sei un uomo, te le prendi.”
(Malcolm X)

 

La festa per il mio compleanno, sessantacinque anni, era un buon evento, una bella occasione per stare insieme, noi della Scuola, noi amici.
Mi è parsa anche l’occasione buona per illustrare, pur brevemente, dove sta andando questa Scuola nostra e come ci sta andando, in particolare nella prossima stagione, 2017 – 2018, e in quelle a venire. E qui, ancor più succintamente, lo ripeto, per chi alla festa del mio compleanno non ha voluto esserci, per chi c’era e, non avendolo fatto allora, vuole ora farmi qualche domanda, inoltrare qualche proposta.

Comincio con lo scrivere che a fine di questo Giugno, lasceremo i locali di via Simone d’Orsenigo.

Dal 1984 ad oggi, più di trent’anni e il cuore lo sente, lo sa.
Ma chiudo la porta, lascio i locali di trent’anni del mio vivere, del vivere, per qualche mese o diversi anni, di decine e decine di giovani, uomini e donne che lì hanno sorriso e sudato, tirato di spada e al sacco, gioito e pianto, oltreché lì hanno dormito, cucinato, fatto l’amore, si sono confidati delle loro paure, hanno chiesto “una mano” per una relazione affettiva in crisi, un lavoro da scegliere o lasciare, un padre con cui riappacificarsi o un figlio da comprendere.
Lo faccio per diversi motivi.

L’affitto troppo alto.

Solo la generosità del nostro anfitrione che da due anni ne ha parzialmente ridotto l’importo, ci ha permesso di continuare. Ma il tracollo, l’impossibilità di pagare affitto o bollette varie, sta in agguato ogni mese, di mese in mese.

L’esiguo numero dei nuovi praticanti.

D’altronde, i locali così “spartani”, l’ambiente così crudo, cozzano con quanto i milanesi modaioli vanno cercando, in questa società di aspiranti VIP che infestano face book con un presenzialismo goffo e burino, di vanesi narcisisti ossessionati dall’apparire. Il nostro praticare, così terribilmente efficace quanto così attento al “conosci te stesso”, non solo cozza con le caratteristiche imbelli dei tizi di cui sopra, ma sparisce davanti alle glorie di facciata di pratiche marziali o da ring fatte di muscoli e facce truci. E non importa se costoro smanacciano, calciano non tenendo la guardia, non hanno alcuno sviluppo ritmico dl movimento né alcuna poetica dei movimenti del corpo nello spazio. Queste pratiche appaiono, sono visivamente “rumorose”, dunque piacciono a questo pubblico giovane di età e a volte, quando non di età, giovane, o meglio, immaturo, di cervello e superficiale. Pratiche superficiali a loro volta, non impegnano l’individuo in un duro percorso sulla riappropriazione della propria energia vitale, muscolare ed emozionale, sulla via dell’individuazione, di un perturbante pellegrinaggio interiore.  Sono un simpatico e comodo passatempo, a volte, un “gioco” (*) (nell’accezione transazionale) teso proprio ad eludere lo specchio dell’anima. Insomma: “Tiro due cazzotti che mi sfogo e mi sento un combattente vero e non c’è nessuno a sfrugugliarmi i maroni con ‘Cosa provi?’ ‘Come ti emozioni?’ e menate varie”.  Ci aggiungiamo la mia incapacità di fare una pubblicità accattivante e mirata, il mio fallimento nel farci conoscere, ed il desolante quadro è completato.

L’esiguo numero dei praticanti “soliti” e quel che ne consegue.

Troppo pochi per garantire il pagamento di tutte le spese.  Anche perché, già pochi, alcuni di questi pochi praticano e dunque pagano nemmeno per l’intera stagione (Settembre – Luglio) ma solo da Ottobre a Giugno, mentre affitto e bollette pretendono denaro dodici mesi all’anno. Poi, succede che c’è sempre chi salta un mese o due di pratica, chi per un mese o due non viene e dunque paga saltuariamente, adducendo il sacrosanto motivo che soldi non ne ha. Immagino intenda che non ne ha da spendere per praticare, perché, in tutti questi trent’anni e più, sai quanti dichiaratisi “in bolletta”, facevano acquisti o vacanze che io fatico a sognare !! Ci aggiungiamo che non sempre ho saputo comunicare nel linguaggio appropriato quell’entusiasmo, quella passione necessaria per affrontare una pratica semplice ma non facile, quei cambiamenti che troncavano certezze raggiunte lasciando, così, il praticante smarrito quando non deluso di fronte alle novità introdotte ed anche qui il quadro è completato. (**)

La mia stanchezza.

Stanchezza nell’esserci sempre, quattro sere su cinque, più gli spezzoni al Sabato e / o la Domenica. Stanchezza nell’essere sempre teso ed attento su tutto quanto la vita di una Scuola, di un clan richiede: dalle piccole ma necessarie incombenze a quelle di più vasta portata; dall’esserci e con le parole giuste per i timori ed il malessere nella vita privata di ognuno che mi venivano portati in Dojo e fuori, alla precisione nella contabilità; dall’organizzazione spicciola di auto ed equipaggi per uno Stage, alla preparazione del calendario mensile; dall’organizzare i necessari ed educativi turni di pulizia scegliendo accuratamente gli accoppiamenti e poi stando sempre pronto a sostituire chi eventualmente ci “bidonava”( anche la scorsa settimana: uno dei due non si è presentato mai né mi ha avvisato; l’altro, mi ha detto “ Vengo Sabato a pulire” ma non l’ha fatto, così sono andato io di “ramazza” su e giù per il Dojo) alla redazione “in toto” del periodico SHIRO; dalla distribuzione delle tessere all’inseguire ognuno di voi perché portasse il certificato medico; dal trovare come e chi potesse risolvere, rapidamente e a basso, bassissimo costo, i guasti vari in doccia, all’impianto elettrico, nelle “turche”, al volantinare in giro per le strade. Mi fermo qui, so che avete capito che “mazzo tanto” io mi faccia ogni giorno, e, tranne i primi lontanissimi anni ‘80, ormai lo faccio sempre da solo. Ah, un grazie di cuore a Giovanni che, in questi mesi, mi è stato accanto: senza di lui, più di una “rogna” non avrei saputo spulciarla.

Ci aggiungete che se, fino ad un anno fa circa, non mi pesava se Tizio o Caio saltavano uno o più incontri, lasciandomi in pedana per incontri “one to one” o, a volte, da solo, ora la cosa mi pesa. Mi pesa non perché io giudichi negativamente i motivi per cui Tizio o Caio saltano, sono i loro di motivi e dunque sono sempre legittimi, è che, leggete bene: mi sono stancato di aspettare i motivi buoni, quelli che li faranno venire in Dojo. Capito, vero?
Allora, che succederà nella stagione a venire?

Grazie alla disponibilità del Maestro ed amico Giuseppe, ci trasferiremo presso la sua sede, in via Labeone, in zona via Lomellina.
Non sarà la Scuola con le caratteristiche di clan, di famiglia, di scuola di vita, che ci sono proprie, ma se qualcuno ne sente la nostalgia può rimboccarsi le maniche e crearne una di propria, con quei tratti di solido collettivo, di Scuola di formazione alla vita, che erano dello Z.N.K.R. e magari pure migliore.

I corsi saranno così strutturati:
Martedì e Venerdì
18,30 – 19,30: Wing Chun Boxing
19,30 – 21,30: Pratica di Tai Chi Chuan e Chi Kung per la formazione di un corpo sano e marziale e, a seguire, trasposizione nella pratica combattiva del Kenpo Taiki Ken. Con possibilità, per chi non sia interessato alla parte “marziale”, di praticare solo la prima parte (Tai Chi Chuan).
Sarà mio piacere organizzare, nei fine settimana, presso la struttura del Maestro Giuseppe o in altra sede, Seminari di Kenshindo e altro che ritenessi di valore o su suggerimento dei praticanti stessi. Continuerò, a richiesta, con gli incontri privati sia “marziali” che di counseling.(***)
Non riapriremo i corsi Bimbi / Ragazzi, che sarò però ben contento di accogliere nei corsi adulti.

La pratica seguirà l’evoluzione di questi ultimi tre anni. L’incontro e il mio praticare con i Maestri Trickovic (un grazie enorme per avermi aperto un mondo !!) e Xia, il rinnovato interesse per quanto fa il Maestro Tokitsu, tutto “condito” dalla mia personale interpretazione, ci hanno aperto le porte di un incredibile salto di qualità. Ora sappiamo bene, e lo facciamo anche !!, che è nel lasciare la presa, nell’affondare dentro fisicomoetivo, che avviene l’emergere del soggetto e con lui una motricità tanto sana ed equilibrata quanto letale, assolutamente vincente.

Non vado oltre, chi pratica ha già gustato la meraviglia. Per gli altri, le porte della meraviglia sono sempre aperte.

Sarà, dunque, se non una mini Scuola, certamente un piccolo cuore pulsante e ribelle.
Ribelle, o “gyakufu” per usare un’espressione giapponese: “faccia al vento”; lì, in una cultura omofona dove il collettivo prevale sul singolo, è caratteristica negativa, per me, invece, sta ad indicare uno spirito eretico, audace, mai domo, dove il gruppo e l’individuo convivano dialetticamente, dove vivere un’avventura individuale in seno al gruppo, dove il praticare dia non solo la “madre” gruppale, ma anche gli strumenti della “disillusione” e della differenziazione.
Ribelle come è stato per decenni lo Z.N.K.R., sempre fuori dal coro e già ne ho scritto in diverse occasioni.

Solo che, qualcuno lo avrà notato? da alcuni mesi la scritta “Spirito Ribelle” appare sempre insieme ai mon (****) della Scuola e delle diverse Arti. Questo perché il nostro tratto ribelle, anticonformista, audace, sia evidente già nella forma, nell’apparire, e perché, scriverlo, anticipi e prefiguri il cambiamento, anche lui enorme, che stiamo andando a fare passando dai nostri locali, dal nostro Dojo, all’ospitalità nei locali, nel Dojo di altri.

Allora,

che Spirito Ribelle sia,
per tutti coloro che vorranno condividere.

 

“E il mio Maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”
(F. Battiato)

 

 (*) “…il concetto di gioco legato all’idea di tornaconto, sperimentazione di emozioni parassite, cioè inautentiche rispetto alla situazione, come surrogato di una intimità che non si riesce a vivere se non come obbligatorietà di una messa in atto inconscia del proprio copione, da cui ci si libera solo attraverso la consapevolezza di una ridecisione copionale e il coraggio di provare emozioni autentiche e non parassite”
(http://www.performat.it/pubblicazioni-articoli/i-giochi-e-le-simbiosi-in-analisi-transazionale/)

 

(**) Nell’assumermi la mia responsabilità nel non aver forse dato sempre il meglio e il massimo, una considerazione la voglio però fare, pensando
-       più che a chi ha smesso di praticare, a chi si è buttato su pratiche marziali / sportive goffe e infarcite di grossolani errori, a chi mi ha mandato messaggi trasversali recriminando perché si è sentito poco considerato e coinvolto;
-       piuttosto a chi è rimasto, ha tenuto duro e mi accompagna entusiasta e motivato.
Ecco, io non credo che Valerio, Davide e Giovanni si siano così divertiti né siano stati così sicuri di quel che io loro proponevo in tutte quelle lezioni che so essere state noiose, incerte, a tratti fumose.
Ma voglio pensare che abbiano continuato spinti, per un 45% dall’aver intuito il potenziale enorme di intelligenza motoria ed efficacia marziale che si sarebbe svelato una volta passate le nebbie e la fatica della transizione, senza farsi illudere ed abbagliare dalle sirene di pratiche muscolari, machiste o di pura fantasia; per un 45% dall’avermi dato fiducia, una fiducia in parte incondizionata in parte testata sui cambiamenti che io ho fatto in quarant’anni di pratica e oltre trenta di insegnamento e sempre hanno portato la Scuola, gli allievi, ad eccellere, a essere sempre un passo avanti a quanto facevano negli altri Dojo o palestre. E il restante 10%? Beh, credo che quel restante 10% sia una forte convinzione nei loro mezzi, nel sapere che ce l’avrebbero fatta. Ed è stato proprio così. Per quanto io sappia della loro vita privata e professionale, che conta ben più del saper tirare efficacemente un pugno o una bastonata ma da questo saper tirare trae motivo e modo per essere e vivere efficacemente nel quotidiano, i cambiamenti in meglio li hanno fatti, i riconoscimenti esterni li hanno ricevuti, eccome. Per quanto riguarda strettamente tirare un pugno ed una bastonata, basta vedere come si muovono, come agiscono ora, per apprezzare gli ottimi risultati raggiunti: ed il viaggio continua !!
Evidentemente, a chi se ne è andato, mancavano, in toto o in parte, proprio quegli attributi.

 

(***) “Il counselor è colui che offre il suo tempo, la sua attenzione interessata e partecipativa, nonché il suo rispetto a chi si trova in una condizione di difficoltà e di incertezza e che, attraversando un momento di difficoltà, sente la necessità di chiarificare alcuni aspetti di sé, anche in rapporto all’ambiente che lo circonda.
E’ un esperto di comunicazione e relazione in grado di facilitare un percorso di autoconsapevolezza nel cliente, affinché trovi dentro di sé le risorse per aiutarsi. Aiutare gli altri ad aiutarsi è, infatti, una delle funzioni principali del Counselor”
(http://www.aspicvenezia.org/counselor-chi-e-e-cosa-fa/)

 

(****) “mon, ovvero dei tradizionali emblemi araldici giapponesi che rappresentavano una singola persona o, più comunemente, un clan”
(http://seishin-dojo.weebly.com/blog-e-approfondimenti/mon)

 

 

 

 

 Don't give up
'cause you have friends
Don't give up
You're not the only one
Don't give up
No reason to be ashamed
Don't give up
You still have us
Don't give up now
We're proud of who you are
Don't give up
You know its never been easy
Don't give up
'cause I believe there's a place
There's a place where we belong

 




























 

 

 

 

 

 

 

 

5 commenti:

  1. "Roma antica città, ora vecchia realtà, non ti accorgi di me, e non sai che pena mi fai..."
    Beh, finita la pena, un po' narcisistica, un po'altezzosa (più per me che per Antonella Ruggiero, perché lei, quantomeno, è Antonella Ruggiero, ed io no!), verso una città-civiltà-tempo, che chiude gli occhi davanti al bello ed al valido, che senza sussulti accetta lo svanire del moonshine, nonché la sofferenza dello ZNKR, mentre si inebria delle sue manifestazioni più mediocri, dall'expo ai derby, dall'immondizia di piazza duomo all'arroganza sfrontata di delinquenti e poliziotti; ebbene, dopo che questa visione ci ha ben disgustato e ci siamo presi il tempo di distinguerci da essa, restano i problemi contingenti, anche pratici, soprattutto se vogliamo rimanere nel qui ed ora, senza proiettarci in passati e futuri. Resta comunque Milano, che non abbiamo cambiato con sdegno e mugugni, e non è cambiata lei, nel suo incedere, con belle parole, verso il fango. Questa è la realtà che dobbiamo affrontare, è il tempo in cui siamo nati. Che si fa? si passa la vita a piangersi addosso, o si trovano motivi di soddisfazione altrove, ad esempio in noi stessi?
    In questo quesito trovo il motivo principale del mio partecipare alla vita dello znkr, nello stesso quesito troverò il motivo di abbandonarlo, quando sarà.
    Non nell'orgoglio vacuo di sentirmi portato ad esempio da un sensei, che comunque è altro da me, e ritengo che spesso, nei miei confronti, esageri; non nell'evitarmi la responsabilità di un abbandono, e delle sue conseguenze eventuali; non per gratitudine a chi, nel percorso della propria vita, si è fatto un mazzo incommensurabile, per dare la possibilità anche a me di godere di uno spazio di crescita, ma per crescere decido di scendere in pedana.
    Ebbene, è nella logica di questo mondo, legge non scritta, ma fin'ora ineludibile, che la notte succeda al giorno, per dar spazio ad un giorno nuovo, e così è inutile rammaricarsi del buio lasciato da una realtàluminosa che si scansa, e cede il passo a qualcosa di nuovo: è il modo che ha la vita, per comunicarci che non era tutto perfetto, che possiamo migliorare, che da qualche parte abbiamo sbagliato strada, ma ci è data ancora l'occasione per riflettere e ripartire. Quando qualcosa mi viene donata, mi sento molto sciocco ed irriguardoso a sprecarla, non godendone.

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  2. Carissimo Tiziano,

    la tua comunicazione mi ha riempito di tristezza: per me, che da anni e anni sono un fedele (anche se non intenso) praticante del lunedì e del giovedì, essa rappresenta infatti la fine della Scuola come l'ho conosciuta.

    Probabilmente, anzi, rappresenterà anche la sospensione della mia pratica marziale. Almeno in questo momento, in cui le lacrime mi offuscano gli occhi e il cuore, non riesco a vedermi seguire un altro maestro in altri luoghi, diversi da quelli in cui ho sempre e solo praticato per quasi 33 anni.

    E' amaro osservare come un'esperienza umana di questa portata - per me un'ininterrotta ascesi a piccolissimi passi - venga spenta da una questione di vile denaro. In realtà - e tu stesso lo dici tra le righe - l'affitto e le bollette non devono essere stati tutto: in passato, ricordo, quando avemmo momenti economicamente difficili, ricorremmo a contribuzioni straordinarie. Stavolta sono state le nostre schiere a scendere irreversibilmente sotto il minimo vitale; il fenomeno era prevedibile e purtroppo inevitabile: quando il livello della pratica (e della conoscenza) sale, la selezione sfronda i seguaci. A ben guardare, allorché quel predicatore giudeo del primo secolo, inizialmente seguito e osannato da migliaia di persone, fu messo a morte, un solo discepolo si fece trovare ai piedi della croce.

    Quanti praticanti ho visto venire e andarsene dallo ZNKR in questo terzo di secolo. Forse dovrei trovare consolazione almeno nel fatto di essere uno dei pochi fedelissimi (l'ultimo dei primi) sopravvissuti fino alla fine del viaggio, una specie di Pigafetta nella circumnavigazione di Magellano. Ma in realtà non ho meriti: a ben guardare, ti ho seguito perinde ac cadaver, come un infante segue la madre, senza chiedersi dove questa lo porti e perché; e quanto durerà il cammino. Come un bambino, non ho mai pensato che il seno della mamma potesse venire meno. Chissà, forse il non essermi finora svezzato è un segno di pigrizia. Ma lo dico probabilmente per assolvere la mia tiepidezza.

    Tutto quanto è materiale deve avere un termine, ed è segno di maturità accettare la fine delle cose. Poiché comunque non è morto nessuno, voglio cullarmi nella speranza che il futuro offra altri tempi e altri luoghi, per poter tornare col mio bicchierino a bere alla tua cascata.

    Frattanto, e già da stasera, mi godrò, con acuita e malinconica consapevolezza, questi ultimi mesi di formazione guerriera.

    Grazie per tutti questi lustri passati assieme, anche da parte di papà, sempre spiritualmente presente in Dojo (ogni sera, dopo la pratica, vuole infatti essere relazionato sui presenti!) e oggi particolarmente addolorato.

    Michele

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  3. Anche se ho frequentato per pochi anni lo Znkr e abbia lasciato le Arti Marziali da un pò, sono comunque dispiaciuta che chiuda la sede in Via d' Orsenigo. Ora che avevo imparato la strada (perché un paio di volte mi sono persa per arrivarci)!?!
    Tanti ricordi lascio lì dentro. Compreso di lacrime, sorrisi, dubbi, paure, conferme, ma anche crescita di una persona che senza conoscervi sarebbe vissuta solo nell' ombra.
    Oss.
    Gilda

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  4. Tiziano.
    Grazie
    Grazie
    Grazie.

    Con vera gratitudine, il Dojo di via d'Orsenigo è un pezzo del mio cuore che non se ne andrà certo per la chiusura - effetto che immagino, ma solo immagino, sia ben diverso per te che l'hai creato e per i sentimenti specifici di ognuno di noi.

    Tiziano, grazie.
    Se posso permettermi, non essere riuscito a venire a patti con la pubblicità o con altro fa parte di questa Storia, e va bene così, pazienza, non è in fondo giudicabile, a ognuno farne quel che può o pensa, ma di certo, 30 anni di dojo hanno ramificato da morire, coi limiti e valori di tutti, ma con un'energia vera, umana, commuovente - termine che, già, oggi passa per "passato".

    Io ne sono felice. Di essere commosso per quel che il mio corpo, la mia anima, ha avuto la possibilità di vivere.

    Grazie Grazie Grazie, e ancora Grazie
    ps al prossimo incontro!

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  5. Cancello e riscrivo...da dove iniziare? talmente tanto è quanto ho preso e dato in questo dojo che davvero mi viene difficile esprimere questo magma di emozioni in un linguaggio verbale, questo turbinio di vento di calci e pugni sinceri dati e presi, fiotti di sangue lasciati dalle cicatrici che han reso forte il cuore...
    Misi piede in questo luogo, nella stagione 2008/09..venendo dalle macerie di un passato autolesionista e con una visione Stalinista su tutto e chiunque ( e che sicuramente ancora un pò ho, ognuno a i propri dèmoni e demòni).
    Continuai con voi, con Tiziano, un viaggio verso Ixtlan, alla scoperta di chi sono, tra le meraviglie e gli incubi di avere un corpo, meraviglie del suo funzionamento e l'orrore di organi e arti che non funzionano come vorrei e l'accettare il pacchetto completo per poi poterlo migliorare. Scoprire quanto ogni movenza sia collegata e guidata dalle emozioni che proviamo nel momento, e quanto ancora ci si può immergere a fondo nel ri-conoscerle, giocare con l'immane potere della "reverie", l'immaginazione ha un ruolo fondamentale "in me mago agere”.

    Problema che attanaglia tutti oggigiorno, il denaro. Anche ieri delucidando Silvano su quanto ha letto in questo post, cercavamo io e Valerio una soluzione che potesse tenere in vita il dojo ma...
    siamo pochi e quei pochi con scarse finanze e avanzerebbero le dita di una mano nel contare le persone disponibili a prendersi realmente carico della situazione. Certo ognuno ha la propria vita, con tempi gestiti solo da lui stesso nell'impiegare le energie che ha, ma chiediamoci :quando diciamo di non avere tempo, realmente è così?
    Non avere tempo per fare un regalo ma aspettare che si muova qualcun altro che , secondo noi ha più tempo per farlo. Non avere tempo per essere in pedana, coi propri impegni di lavoro e di vita ma sempre presenti al gozzoviglio. Manca il tempo che tanto poi il momento lo trovo, tanto Tiziano c'è sempre. Non manca però il tempo per attacchi, sull'operato di quelli che il tempo lo trovano sempre.
    E' davvero affascinante la maieutica di questa Scuola, che reputo unica e magari ce ne fossero così , che non si piegano ad obblighi e ginnastiche d'obbedienza tanto in voga oggigiorno, che portano a responsabilizzare chi entra qui, dalle pulizie, alle manutenzioni varie del dojo, al prendersi carico di quelli appena arrivati, di crescere e aiutare a crescere chi c'è; di autorganizzarsi quando Tiziano non c'è per lezioni, di gestire la semplice partenza per i raduni, le pulizie di riapertura, quelle natalizie insomma tutto quello che occorre perchè questa nave possa solcare forte tra le onde del tempo.

    Ma se questa maieutica non ha funzionato, lecito per Tiziano farsi delle domande ma anche chi questa realtà la vive o l'ha vissuta forse, potrebbe anzi potremmo, prenderci del tempo e farci due domande anche noi.

    Oppur come cantavano i CSI?
    “chi c'è c'è, chi non c'è non c'è.
    Chi è stato è stato e chi è stato non è.
    Così vanno le cose così devono andare”

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