mercoledì 28 novembre 2018

Il mio volo libero




 A chi non è mai capitato che qualcuno gli chiedesse di scendere dalle nuvole, di smetterla di solcare i cieli più ampi ? 
Anche a me.
Che fosse un professore accidioso ad insultare il mio sogno di cambiare il mondo.
Che fossero una paio di giovani dottori, al capezzale di un letto d’ospedale, guardando mia madre per dirle “Non guarirà e se mai guarisse, non tornerà normale”.
Che fosse un amore grande, troppo grande, a voler mancare una vita frugale nelle cose materiali eppur grandiosa nei sogni e nel suo volare.
Che fossero uno, dieci, cento fine mese a “tirar la cinghia” per non cadere, mentre quello sprezzante “Sei un pezzente”, uscito forte da una bocca amata, mi rimbombava sempre nella mente.

Ebbene, ora sto ancora più in alto. 

Non so se siano le ali, pur stropicciate dal vento avverso, gyaku – fu, quel vento contro a volte cercato a volte per caso incontrato, ma sempre distese ad accogliere indistintamente soffi e brezze e tempeste.

Non so se sia il curioso desiderio di incontrare, di accostare, di mescolare. Oppure quello di donare quanto appreso a chi, perso nei boschi, intrappolato nel fango del terreno, guardi su in alto verso un tracciato di libertà e liberazione.

Sarà l’ascoltare, che è abbracciare il tempo senza dargli limiti definiti, che è disponibilità ad accogliere il dissenso. Perché ci vuole tempo per ascoltare, ma anche per permettere ai gesti ed alle parole, pure a quelle avverse, a quelle al momento distanti, di entrare dentro in noi. Ed ascoltare, accettandolo, il tempo che occorre perché gesti e parole e incontri diventino la nostra personale saggezza e non una vetrina per bellimbusti, saccenti, capitan Fracassa, o peggio, una chiesa di fanatici adoratori di un’unica Verità.

Sarà l'apprendere per poi incoraggiare chi mi accompagna nel volo, nel viaggio, a farne uso nella vita di tutti i giorni, anche se questo significasse smarrire i contorni del passato, volti e figure, per andare verso un orizzonte talmente aperto da fare paura.

Sarà il volare a spirale, cerchio dopo cerchio ad inanellare, che è testare, che è provare.
Perché solo verificare ciò che impariamo toglie scorie e sabbia lasciandoci fluire senza intoppi e bugie raccontate persino a noi stessi. Ho visto troppe verità segrete mai sperimentate, troppe banalità assurte a preziosismi rari, troppi docenti e allievi  mai mettere in pratica ciò che insegnano o imparano.

Sarà l’inesorabile passo di In yo gogyo, dove gli opposti ed i cinque elementi si incontrano e scontrano per partorire sempre nuove vite e lasciare accadere vecchie morti. 
Perché solo quando qualcosa raggiunge il suo estremo sviluppo, allora muta nel suo opposto. Altrimenti, di contro alla fede ottusa in un’unica direzione, comunque ci si imprigiona nel consumismo senza uso, nel rubare qui e là mischiando, apprendisti stregoni, e mai realmente trasformando, mai crescendo.

Sarà l’assumersi la responsabilità per ogni atto, di più, per ogni pensiero.
Perché come è certo che nessuno può fare il percorso al posto nostro, così è certo che ogni nostro agire ci riconduce a noi stessi. Inutile sottrarsi o scaricare su altri. Inutile posticipare a quello che sarà il momento giusto o nascondersi dietro e dentro le faccende quotidiane. O sei Tu o non lo sei. Non raccontare balle!!

Allora, viaggiare dentro di noi, che sia un volare nel cielo o un solcare il mare aperto, un camminare tra boschi e sentieri o uno scavare sotto la crosta della terra, è un ricco Tao.

Un Tao dove non trovi ricette e pozioni e manuali d’istruzione, quanto piuttosto un atteggiamento di fondo, una disponibilità, un’attitudine, che noi italiani invece abbiamo tradotto storpiandolo in “forma”: Cristallizzazione di una vita, carapace di un essere che è vivente, fissazione di ciò che è sempre movimento.

Un Tao che ci permette di coltivare sentimenti coraggiosi e generosi, di concepire comportamenti efficaci: Anche la tecnica più precisa, se non si fonda su un atteggiamento che rispecchi sinceramente chi siamo e come stiamo viaggiando, resta vuota astrazione, è un falso, un orpello che non ci rappresenta

Quando scopro che ciò che io, o tu, o lei, o lui, pensavamo impossibile almeno riusciamo ad immaginarlo; quando riusciamo ad immaginarlo dentro di noi, sorta di reverie dove la coscienza pulsa ad una intensità tanto  impercettibile quanto capace di ricondurci alla dimensione originaria dell’essere dell’uomo di fronte al mondo e del comparire del mondo all’uomo,
allora, e solo allora, diventa possibile realizzarlo.

Un antico detto recita:” Benché numerosi siano i sentieri ai piedi della montagna, coloro che arrivano in vetta vedono tutti la stessa luna”. Ma perché sia così, hai da metterti in viaggio ora, volando nel cielo o navigando il mare, camminando tra boschi e sentieri o scavando sotto terra, e non hai da fermarti mai.













Nessun commento:

Posta un commento