lunedì 28 novembre 2022

L’accoglienza gentile

Mentre mi guardo so che non posso fermare il tempo e non c’è alcun ruolo che io possa indossare o meta lontana verso cui scappare.

Dietro le spalle ho un mare di volti e di gesti ed un rumore assordante.

Pratico Arti Marziali, le propongo ai miei compagni d’avventura, e so che ho da mantenermi aperto a viaggiare tra le diverse caratteristiche fisicoemotive per contattare l’uno o l’altro nello stile che gli è proprio, per indurre l’uno o l’altro ad esplorarne uno nuovo anche quando la strada è insicura.

Ogni stile di presenza e di movimento ha le sue ragioni, per questo i corsi proposti di tecniche uguali per tutti sono una prigione, ogni forzatura di forme uguali per tutti è un’assurdità, una trama di aberrazioni.

Sarà per questa consapevolezza che non mi rattrista più di tanto sapere che i sogni sono appassiti e con loro l’insana voglia di ottenere tutto, ma proprio tutto.

Mi da quasi più fastidio chi guarda senza vedere, chi non coltiva alcuno spazio dentro al cuore.

Non puoi praticare Suishou (Push Hands) senza uno spazio dentro di te, senza comprendere lo spazio dentro il compagno, senza condividere uno spazio insieme.

Altrimenti è solo tecnica, solo forma vuota o gara a chi spinge e butta più lontano, nani illusi di essere giganti che combattono a sbatacchiarsi, e c’è sempre un ignorante campione a sbraitare, un grande Maestro dall’alto del suo scranno a spiegare e caterve di ignari praticanti a trastullarsi.

Ho molti dubbi davanti e poche certezze in tasca, ma almeno so cosa provo quando mi guardo dentro, quando mi guardo attorno. A volte i miei piedi incespicano nel fango, a volte lo sguardo deraglia dalla linea dell’orizzonte, eppure sono ancora qui a giocare un gioco in cui vince chi sorride, chi è vulnerabile, chi accoglie di sé e dell’altro, chi lo fa donando.

Le mani di Marta sul mio petto, là dove batte il cuore, ed esattamente dietro, sul dorso. Ad ascoltare lo spazio che dovrebbe, ad esserne capaci, farlo danzare il cuore, danzare fino a infondere movimento nel resto del corpo. Le mani di Eleonora, lei che conduce questo seminario di Body Mind Centering, mi sostengono e mi aiutano a trovarlo questo spazio dentro il cuore: davvero un’anatomia che è e si fa esperienziale.

Incredibile sapere dall’embriologia come il cuore arrivi nel feto; spettacolare osservare le immagini di torsioni e spazi che nel cuore si innestano e lo costruiscono, forme che sono anche forze in azione. Il difficile, l’affascinante, è tradurre spazio e torsioni in movimenti reali.

A me pare di essere immobile, solo il battito a dar segnale di sé. Marta, poi, invece mi racconta di impulsi potenti, addirittura di un fremito arrivarle alla mano e lungo il braccio fino alla spalla. Eleonora mi dice quel che già altri, in incontri intensi e di esperienza dentro il corpo, mi hanno detto: “Hai un gran cuore, forte e generoso, ma stretto in un dolore enorme che se non superi, lì ti tiene costretto”.

Mi emoziono, ci emozioniamo, occhi sgranati. E ancora lo spazio, dentro e fuori di me, a narrare del vivere.

E’ un attimo lungo minuti, è un silenzio che parla. So che posso prenderlo e guardarci attraverso. Fuori, nel mondo di ogni giorno, è facile e semplice dire ad uno come è, ma chi davvero ha voglia ed è capace di guardarlo dentro? Chi davvero aspetta senza giudicare, mantenendosi invece accogliente e aperto?

Per questo, da quasi cinquant’anni pratico Arti Marziali, viaggio di ogni ribelle mai domo, di ogni eroe perso. Arti Marziali come lotta, come caccia, dove il primo avversario, la prima preda, è sempre se stesso. Altrimenti sono solo vetrine di vanità e incoerenza, dentro vite che si sprecano in un tempo che prima o poi scopri breve, così fragile e breve tra l’immensità del nulla che lo precede e lo segue, vite prive di eros e thanatos, di amore e morte, di violenza.

 


 

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