“Tu
vedi un blocco, pensa all’immagine: l’immagine è dentro. Basta solo spogliarla”
(M. Buonarroti)
La
vita di ogni individuo è scandita, sin dall’infanzia, da una serie di scelte .
Scelte volontarie o no, autodecise o subite.
Scegliere, nel contempo, significa necessariamente rinunciare.
Rinunciare a qualcosa d’altro o, nel caso di scelte “non scelte”, ovvero
imposte da altri, rinunciare a confliggere per opporsi alle scelte “imposte”.
Scegliere
è anche, nel momento della scelta, ricomporre le diverse parti che concorrono
a formare l’individuo per prendere una
decisione condivisa da tutte queste “micro” parti o, in alternativa, accettare
che una parte si assuma la responsabilità della decisione, consapevole che le altre
“micro” parti, prima o poi, avranno da ridire su quella scelta.
Sappiamo
poi che non solo siamo una miscela di
elementi disparati, ma tutti gli altri individui, nel rapportarsi a noi,
proiettano su di noi una serie di immagini, ci vedono e ci sentono in modi
diversi da quelli che siamo e che contrastano con noi e tra loro.
Quindi,
diventa fondamentale per l’individuo il “qui
ed ora”: l’attenzione vigile verso quel che fa e come lo fa.
La consapevolezza di ciò che accade intorno a noi
prevede necessariamente un buon grado di consapevolezza di noi stessi,
soprattutto nel saper riconoscere rapidamente quando e come le nostre emozioni
e i nostri desideri compongano le nostre
facoltà percettive. Da Freud alle attuali ricerche in ambito neuroscientifico,
ormai è consolidata l’importanza del registro emozionale ,dell’inconscio, nel
nostro scegliere ed agire.
Da
ciò discende, per un individuo che voglia dirsi adulto autodiretto, non solo sapere quel che non fa facendo una
cosa e non l’altra, ma anche agire, in
quel che fa, con un’attenzione ed una
partecipazione convinta e non per abitudine. Ovvero porsi sempre delle
domande.
Come
già scritto più volte, le quattro domande fondanti un qualsiasi agire
consapevole e autodiretto, sono:
“Cosa
sto facendo ? “
“Cosa provo nel fare ?”
“Cosa
sto evitando?”
“Cosa
mi aspetto da quel che sto facendo?”
Tutto
questo, sempre più spesso, non da solo ma in un gruppo; gruppo che … si è
liberamente scelto oppure no !!.
Per
quanto concerne la nostra Scuola, il nostro praticare “formazione marziale”,
voglio pensarla così: “Ci sono cinque qualità fondamentali che
fanno grande una squadra: comunicazione, fiducia, responsabilità collettiva,
attenzione e orgoglio. Mi piace pensare ad ognuna di esse come ad un singolo
dito di un pugno. Ognuno singolarmente è importante. Ma tutti insieme sono
imbattibili”. (A. Krzyewski: “Le
stategie di coach K.”)
Questo,
una volta lasciata passare l’onda forte delle mozioni, del cuore pulsante e dei
sorrisi larghi, dello star bene e del condividere tra amici e ricercatori di
sé, è quanto ho pensato dopo la nostra cena sociale.
“Per
poter essere un vincente, devi trovare il modo di riuscire a fare le cose e non
una scusa per non farle. La gente che campa di scuse ha sempre cose in sospeso
che non possono essere terminate”. (A.
Krzyewski: “Le strategie di coach K.”)
una foto migliore, noo? >:-(
RispondiEliminaIn quella foto, ti leggo sorridente, dolcemente indifesa ed un "tocco" maliziosa. Una gran bella Gilda.
RispondiEliminaTiziano