La serata prende avvio con un ricco happy hour al “Taxi
Blues”.
E, finalmente, un hh come si deve!!Negli anni della mia adolescenza e gioventù, l’happy hour non esisteva, solo l’aperitivo, ovvero al bere erano accostati un pugno di patatine e qualche oliva.
Poi venne l’happy hour e fu un trionfo di carne e pasta e salumi e formaggi.
Da alcuni anni, invece, sarà per risparmiare, sarà che l’happy hour lo trovi ovunque, la carne è pressoché sparita, la pasta è scadente e troneggia la verdura.
Dunque, ben venga la nuova sede del Taxi Blues, proprio a due passi da casa mia, dove l’happy hour, già provato più volte in questi mesi, è un trionfo di opulenza culinaria!!
Proseguiamo, io e Monica, con un salto alle “Dolci
Melodie”, dove il caffè è da sempre squisito e l’accoglienza sempre affabile,
dove non può mancare un seppur piccolo “peccato di gola”.
Siamo pronti per il teatro.
Sì perché Lupo, dolcissimo, per l’anniversario del nostro
matrimonio: il 21 Dicembre, ci ha regalato due biglietti per lo spettacolo “The Dual Beatles Nonsense Circus”
Ed è serata di grande godimento, tra alcune delle più belle
canzoni dei Beatles, reinterpretate e cantate con un impasto di voci fortemente
accattivante e prezioso, e brevi scenette tratte dall’irriverente repertorio
dei Monty Phyton.
I Monty Phyton, sul finire degli anni ‘60, riprendendo le orme
lasciate da Lewis Carrol e dai fratelli Marx, stravolsero la comicità spargendo
a piene mani il nonsense, ovvero il paradosso e l’assurdo, intanto che
irridevano mentalità e costumi della borghesia, della società inglese e degli
standard televisivi.
Il loro umorismo, apparentemente sconclusionato, mentre
sbeffeggiava le ipocrisie della società, mentre mostrava un nuovo e paradossale
punto di vista da cui osservare la vita attorno a noi, in realtà invitava a non
ritenere giusta, esatta, una sola lettura, una sola interpretazione delle cose,
perché tutto può essere capovolto.
Negli stessi anni, o meglio, già negli anni ’60, i Beatles
ribaltarono ogni corrente musicale allora in voga e non solo musicale,
presentandosi con un look eccentrico e fuori dagli schemi.
Le loro musiche, negli anni a seguire, avrebbero
influenzato l’hard rock, il metal e la psichedelia; il loro look avrebbe dato
vita ad un completo cambiamento nelle pettinature e nell’abbigliamento di
milioni di giovani.Erano gli anni dei grandi moti ribellistici e rivoluzionari, di Marthin Luter King e delle “Pantere Nere”, della “primavera di Praga”, della nascita del fenomeno Hippy, dello sbarco sulla luna, ed I Beatles furono sempre parte integrante di quegli anni. Tanto che il compositore Aaron Copland ebbe a scrivere: “Se volete conoscere gli anni Sessanta, ascoltate la musica dei Beatles”.
In italia si esibirono in un’unica tournee, nel 1965, ed io ebbi il gran piacere di vederli, al Velodromo Vigorelli, con il mio amico Paolo e accompagnati da mia sorella Anna, di cinque anni più grande di noi, perché quelli erano tempi in cui era impensabile che un tredicenne andasse da solo ad un concerto; di più, erano i concerti stessi ad essere impensabili. Una tournee che raccolse poche adesioni, di contro all’enorme successo che i Beatles già avevano in tutto il mondo. Ma l’Italia, e non solo quella canora, è sempre stata un passo indietro!!
Lo spettacolo è coinvolgente, frizzante, scenette e brani
musicali si intrecciano e si susseguono a ritmo incalzante. Qualche sbavatura
non fa che rendere ancor più vicini gli interpreti. Il buon umore, in sala, è
palpabile e gli attori/cantanti “costretti” ad un bis dopo l’altro.
Ancora una volta, la “Dual
Band” si dimostra capace di coinvolgere ed emozionare. Gli artisti in scena
paiono essersela goduti a loro volta e questo non fa che rendere ancor più
forte, intenso, il legame con chi li applaude, a ringraziarli per una bella
serata.
Serata divertente, che mette il buon umore, ma, tra le
pieghe dei testi, dei gesti, lascia intendere uno spessore culturale, un
approccio diverso alle cose.
E, forse, nella bellezza inconfutabile delle loro musiche,
nello spasso esplosivo dei loro sketch, è questo che Beatles e Monty Phyton
volevano comunicare.
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