Di che normalità si tratti, è forse questo il reale terreno
del contendere.
Una normalità pre Covid – 19 e, soprattutto, pre
restrizioni imposte da questo governicchio e dai suoi scalmanati esperti?
Che si sia sostenitori di un complotto di cui il virus è
arma subdola o che si creda ad un avvenimento così tragico scaturito dal nulla,
che si faccia carico al virus di migliaia di morti o che lo si sfrondi di
decessi in cui altre patologie sono state il terreno che ne ha permesso e
condiviso il tragico esito, credo che una premessa sia doverosa ed un auspicio
di svolta radicale sia quanto più vicino ad uno Spirito Ribelle.
Personalmente, seduto qui sui massi che costeggiano lo
scorrere del Brenta, bicicletta accanto e intonsa lama possente al fianco, la
mia premessa impone uno sguardo a quel che comunemente chiamiamo caso. Tutte
le “cose” del mondo, persone, animali, piante, e tutto ciò di cui facciamo
esperienza sono la manifestazione di un’unica energia, di un campo di forze
unitario, il cui muoversi ci appare sovente incomprensibile, dettato da
motivazioni sovente non condivisibili, altre volte da motivazioni che paiono a
noi avverse.
Questo “caso” non è la negazione della causalità. Anzi, la
contiene. Esso è il contenitore delle svariate e imprevedibili cause che innestano gli eventi tutti.
Il mondo, macro e micro, quello su cui ci appare
impossibile agire e quello più modesto in cui qualcosa, o forse tutto, ci pare
possibile fare, è uno scenario complesso partorito dalle azioni di molti
attori, umani e non, ognuno dei quali opera seguendo motivazioni proprie.
Ogni attore opera per raggiungere un certo risultato ma,
spesso o qualche volta, ottiene risultati di cui volutamente e vigliaccamente
non vuole valutare la portata nell’ambiente oppure in parte imprevedibili, che,
a loro volta, avranno effetti imprevedibili su altri attori o eventi.
Così pensando, ci troviamo di fronte a un fatto
affascinante: le cose cosiddette “separate”, in realtà non lo sono affatto.
Sono unite dallo spazio che, tanto separa quanto nello stesso tempo unisce.
In questa visione, il caso permette uno spazio di libertà
per l’attore, sia che voglia modificare le regole e i rapporti di potere, sia
che voglia tornare alle vecchie regole ed ai vecchi rapporti di potere. Questo,
nel macro, per quel che può, come nel micro, il suo micro mondo, nel quale può
molto.
Che il virus sia considerato un fatto voluto, causato, sia
che venga considerato frutto del caso, del “caso” così inteso, questi e le
decisioni e le azioni ed i pensieri stessi presi intorno a lui, hanno scombussolato
gli equilibri preesistenti in modo radicale e inaspettato, con ciò creando uno spiraglio
di possibilità, di intervento.
Se, a me pare, le macro forze finanziarie e governative una
certa strategia di restaurazione, quando non di ulteriore abbrutimento nel campo
economico e sociale, ce l’hanno, non vedo altrettanta lucidità nelle forze
sparse che invece, vorrebbero, seppur indistintamente, una svolta radicale.
Personalmente, sono molto colpito dalle crescenti
aspettative attorno alla tecnologia, al digitale.
Pare quasi che, memori e feriti dalle paure e dalle
delusioni sperimentate nelle relazioni umane, poi costretti rinchiusi nelle
proprie case preda della “sindrome della capanna” (1), ci troviamo
indirizzati a cercare sostegno e rifugio nella tecnologia.
Quella tecnologia che, con la suadente voce di Alexa, assistente
vocale basata su cloud, un'intelligenza artificiale che, interpretando il
linguaggio naturale, è in grado di interagire con l'uomo, ci guida nelle nostre
scelte quotidiane; quella tecnologia che ci permette di mentire ed illuderci
immersi in posticce relazioni pseudo sentimentali o in perversi ma perfetti
giochi sessuali con il / la partner ideale (2); quella tecnologia che, navigando
sui social, ci illude di far parte di un gruppo di amici, raccattati a
centinaia su Twitter e Facebook; quella tecnologia che, con la DaD, la
didattica a distanza, avanza la pretesa di non essere una temporanea e
sgangherata riduzione del danno da isolamento ma un innovativo modo di fare
scuola;
quella tecnologia che distorce ed aliena il nostro stesso
essere corpo, essere individui fisicoemotivi.
Una continua connessione che produce solo una nuova e
trista solitudine.
Allora, per quel che so, per quel che posso, Spirito
Ribelle qui tra le braccia della pigra Bassano, sapendo di non sapere, in termini verbali, se un dato
evento è buono o cattivo, certo a disagio in circostanze che mi suonano
sgradevoli quando non avvilenti e mortifere, provo a sperimentare se tale
disagio è il modo giusto e appropriato di percepire l’avvenimento, e che quest’ultimo
e lo stato d’animo che lo accompagna passeranno e troveranno una nuova forma
appropriata solo se saprò danzare nelle forze del caos immergendomi io-corpo.
Forse pare poca cosa in rapporto con le enormi forze in
azione, ma io questo so e posso fare.
So e posso offrire solo me stesso, forte nella mia
vulnerabilità, all’accadere degli eventi.
Allora l’intrecciarsi, qui, sulle rive del Brenta,
dell’antico sapere taoista che è Chi Kung e Tai Chi Chuan con la caccia feroce
del Kenpo Taiki Ken, dello svelto agire di mano con le potenti falciate del mio
kukri a immaginare, a prefigurare, una giustizia futura.
Io totalmente carne, totalmente individuo incarnato.
1. “Questa sindrome sembra essere caratterizzata da un senso
di smarrimento che spinge un soggetto a voler continuare a restare nel proprio
rifugio e a non voler così varcare la soglia della propria casa.
A tal proposito, è bene sottolineare come questo non sia un
disturbo psicologico, ma una reazione emotiva naturale.
Dopo aver trascorso giorni e giorni nella nostra casa,
lontani dal resto del mondo, il nostro cervello si è in un certo senso abituato
a quella sicurezza e protezione che abbiamo ritrovato.”
2. Il sempre più dilagante mondo del sesso on line, che si
tratti di approcci con Chatroulette, il sito web che, in maniera casuale, mette
in contatto sconosciuti di tutto il mondo attraverso videochat, di appositi
siti per incontri “al buio” o meno, o di esplicito sesso virtuale (Cybersexual
addiction) con l’amico/a di turno o con sconosciuti/e.
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