Antico “gioco di mani” presente, con nomi diversi, in molte, moltissime pratiche marziali, siano cinesi, giapponesi, vietnamite, filippine, di esso ho già scritto più volte, per esempio:
https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2022/12/souishou-push-hands.html
(22.12.2022)
https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2024/09/cosa-sono-push-hands-sui-shou-sujin-te.html
(13.09.2024)
Qui intendo scrivere, rubando un’espressione alla cultura
anglofona, di dirty care.
Per essa, in ambito
sociologico, si intende il prevedere, il percepire un nascente attacco violento
riducendone l’inevitabile danno. Una sorta di “cura sporca” che è pratica di
autoconservazione, di tutela, in un contesto apertamente ostile, fino, laddove
necessario, al prepararsi allo scontro quando inesorabile.
Interpretiamo questa lettura alla luce della pratica dei
push hands, quelli che noi Spirito Ribelle chiamiamo Suishou.
Lui ed io a stretto contatto di mani ed avambracci, in una situazione
di distanza intima: Non proprio quanto ci sia di quotidiano, di abitudinario,
nel nostro vivere ordinario. Dunque con una ridda di emozioni a cui non siamo
abituati, l’odore reciproco, corpo ed alito, ad abitare il nostro gioco, lo
sguardo dritto negli occhi, il tatto (l’unico senso reciproco: Non posso
toccare senza essere toccato) a farla da padrone, dove giochi e trucchi di
tecnica (waza) qui hanno poca rilevanza.
Chi pratichi una “cura sporca” si trova dentro un momento
contraddittorio:
- da un lato subisce l’aggressione, la pressione fino alla spinta volta a far perdere l’aderenza al terreno quando non a proiettarti al suolo. Dunque, paradossalmente, è lo stato di aggressione e prevaricazione a darti il campo d’azione entro cui puoi intervenire perché per agire efficacemente e governare lo stato emozionale necessario allo saper stare in uno scontro (essere il guerriero, che è quello per cui ti stai formando in un’arte marziale) sei costretto ad allineare costantemente ed in tempi brevi le tue conoscenze a quelle di chi ti sta offendendo;
- dall’altro, ciò ti porta a necessariamente conoscere (beh, tentare di conoscere!!) l’aggressore più di quanto sarebbe immaginabile il contrario, perché per difenderti ti è richiesto di divenire un competente conoscitore, un esperto, di chi ti sta aggredendo (1).
L’ addentrarsi nella pratica, il divenire vieppiù esperti
di come stare in queste situazioni conflittuali senza subirle o, quanto meno,
riducendo i danni del subirle, col tempo ed una buona formazione fisicoemotiva
consente di arrivare ad intuire e modellare i tempi e gli spazi in cui sia
possibile organizzare un’adeguata resistenza fino a capovolgere a proprio
vantaggio la situazione. Ciò utilizzando gestualità motorie capaci di agire
negli interstizi tra una resistenza ottusa alla pressione e il cedere
passivamente, e di farlo in modi non grossolanamente visibili ma che
sovvertono, nascosti, quasi invisibili, lo scenario e la sua apparenza.
Ci vengono in aiuto i fluidi non newtoniani (2).
Quei liquidi che percossi prepotentemente resistono senza piegarsi,
frantumarsi, senza alcuna possibilità che siano penetrati. Ma se li investi
lentamente, dolcemente, si lasciano penetrare, circondandoti con una mancanza
di pressione ed aderenza che lascia sbigottiti. Altrettanto, se provi ad uscire
rapidamente ti trattengono con la forza delle sabbie mobili, mentre ti puoi
sfilare senza alcuno sforzo se lo fai lentamente, pigramente.
Ecco, se l’impatto forte e deciso sulla pelle umana
comporta un’immediata reazione neuro-muscolare, una reazione di contrasto, invece
accostarsi lentamente e progressivamente supera la difesa muscolare investendo
la fascia, il tessuto connettivo, fino ad influenzare la struttura ossea, lo
scheletro, suscitando una nulla, o quantomeno bassa, reazione nervosa, per cui
diventa più facile scardinare la postura dell’opponente (3).
Provare per credere!!
E ancora va per la maggiore la convinzione che la pratica
marziale sia terreno per forzuti macho men, di allenamenti alla forza
muscolare, di trucchi da super sayan…
“Il
pensiero occidentale ha la colonna rigida, la leva e la forza bruta,
tutti
concetti che ci sono familiari fin
dall’infanzia, quando abbiamo costruito la
nostra prima pila di blocchi,
cavalcato
un’altalena e distrutto il nostro primo giocattolo.
Nel
pensiero orientale, la forza viene dal profondo ed è flessibile, cedevole e
mobile: scorre”
(S.
Levine)
1. In un gioco di relazione come i push hands, la necessità di
conoscere l’altro dovrebbe essere reciproca: da parte di chi attacca e preme,
come da parte di chi riceve. Esperienza personale ormai quasi cinquantennale in
diverse Scuole di pratica, mi dimostra che non è così. Vuoi per ego
spropositato, magari con evidenti tracce di machismo, o ansia di prestazione o
insofferenza del contatto ravvicinato, chi prende l’iniziativa di premere per
squilibrare lo fa senza l’ascolto di “come” sta e “cosa” fa l’altro,
interessandosi solo all’obiettivo di “vincere” ad ogni costo, di prevalere
sfondando la difesa altrui.
2. https://www.focusjunior.it/scuola/scienze/che-cose-un-fluido-non-newtoniano/
3. Un aiuto alla comprensione pratica di quanto, lo danno
- Il lavoro sulla fascia e la tensegrità del Body Mind Centering
- Il lavoro sul peso e sul flusso del Laban Movement Analysis
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