mercoledì 23 ottobre 2024

Dubuffet e l’Art Brut – l’arte degli outsider

 




Con Piero, amicizia pluri-cinquantennale, al Mudec.

Sensazioni profonde, dove il mondo mostra un’ombra che taglia e ferisce dentro la carne. Pare che quelli che sanno le cose non parlino, piuttosto gridino, lacerando la calma piatta di chi, ordinariamente, è sonnambulo ma crede di vivere sveglio.

“Il partito preso dell’Art Brut è quello che si oppone al partito preso del sapere, ciò che l’Occidente chiama (piuttosto rumorosamente) la propria ‘cultura’. E’ il partito preso della tabula rasa. Le sue truppe non indossano alcuna uniforme, non vestono toghe o ermellini e non si fregiano di titoli gloriosi (…) Vagabondi, veggenti dagli ostinati soliloqui, non brandiscono diplomi bensì stampelle e vincastri; sono gli eroi dell’arte, i santi dell’arte”

(Jean Dubuffet)

In ogni tempo, in ogni area artistica, ci furono e ci sono anche ora le minoranze ribelli.

Anche, è certo, nel campo del corpo e del movimento, nomi e metodi diventati famosi, almeno nella nicchia dei ricercatori, o rimasti sconosciuti. Per restare al secolo scorso e agli inizi di questo, ecco Moshe Feldenkrais, Milton Trager, Josef DellaGrotte, Rudolf Laban, Bonnie Bainbridge Cohen, Orlando Cani, Linda Kapetanea e Jozef Frucek, Ido Portal; pure nel vasto campo delle Arti Marziali pochi pionieri ed esploratori, ognuno a loro modo, e, alcuni decenni, ci siamo anche noi, ZNKR ora Spirito Ribelle.

E mi riconosco nell’intenso forgiare dionisiaco e demoniaco, di irrefrenabile tormento ed estasi, di queste opere…Art Brut.

Queste opere hanno voci basse, a volte appena sussurrate, solo, improvvisamente, urlano “Pietà di me”, per poi maledire il mondo attorno accogliendolo in un abbraccio. Artisti disastrati, feriti nell’anima, privi di quella insensibilità che protegge mediocri e prepotenti, chiamati a pagare le colpe di altri. Zittiti, spaventati, stritolati in maldestre posizioni ambigue.



“Con questo termine Art Brut intendiamo opere eseguite da persone immuni da qualsiasi cultura artistica, persone dunque per le quali, contrariamente a quanto vale per gli intellettuali, il mimetismo conta poco o nulla; questi autori, pertanto, traggono ogni cosa (soggetti, scelta dei materiali, strumenti, ritmi, stili di scrittura, ecc.) da dentro se stessi e non dai cliché dell’arte classica o dell’arte che va di moda”

(Jean Dubuffet)

Cosa significa muoversi, agire, accarezzare il corpo e affrontare il corpo in uno scontro, cosa significa in quanto esperienza, non certo in quanto tecnica da memorizzare, gestualità da mostrare. Senza questo fare esperienza si perde ogni comprensione. Si affoga dentro la mediocrità rigidamente apollinea della mente moderna, ossessionata dal controllo e spinta dal narcisismo egocentrico, che ogni spazio di cultura e creatività avvelena con gli strumenti della “lista della spesa” e del “menù di fatti”, avvolgendo in questo senso triviale e stecchito anche il mondo del corpo e della corporeità, il mondo delle Arti Marziali.

 

 


 


 

 


mercoledì 16 ottobre 2024

Come impostare una lezione di Arti Marziali

No, non siamo il solito Dojo con riscaldamento, fondamentali, tecniche a vuoto e in coppia o su un bersaglio, forme, combattimento semilibero e libero, rilassamento e/o stretching.

No, non lavoriamo con una successione tecnica, di esercizi, prestabilita.

No, quand’anche il nome sia lo stesso, il contenuto del “fare” non lo è, MAI.

I due tipi di riscaldamento

Ovunque ginnastica, più o meno intensa, per aumentare la temperatura corporea, fare “fiato”, investire nel potenziamento muscolare e, in alcuni casi, un po' di attenzione alla coordinazione motoria. Il tutto in un gergo che, quando non sia approssimativo (“sciogliere le articolazioni” – le articolazioni non sono nodi -, “flessioni sulle braccia” – piegamenti, perdinci, sono piegamenti; prova a fare una flessione, ovvero a flettere l’avambraccio sul braccio, e ti troverai col naso spiaccicato per terra, sono piegamenti, è il braccio che si piega!! - “tieni il bacino avanti” – incommentabile!! - ecc.) è aridamente tecnicistico intendendo il praticante come un robot, una macchina e non come un individuo integrale, di corpo biografico che contiene le relazioni, gli affetti, i simboli, la cultura, il modo di porsi con gli altri, il tumulto delle emozioni.

Da noi, Spirito Ribelle, il riscaldamento (ma il termine appropriato è “apertura”) è invece un passaggio importante in quanto opera:

           dallo stato di coscienza abituale a stati di coscienza espansa;

           dal linguaggio verbale al linguaggio non verbale;

           dal pensiero logico – analitico al pensiero analogico e associativo;

           dalla disposizione difensiva ordinaria a una disponibilità alla libera circolazione delle emozioni;

           dalla dimensione concreta – operativa alla dimensione immaginativa, espressiva e creativa;

Quindi il “cosa” e il “come”,

sono totalmente diversi.

Pagine illuminanti sul riscaldamento, sono stare scritte da Vincenzo Bellia nel suo “Dove danzavano gli sciamani”. Un breve mio scritto lo si trova qui: “Riscaldamento per un atleta, uno sportivo e riscaldamento per un artista marziale” in  https://tiziano-cinquepassineldestino.blogspot.com/2022/09/riscaldamento-per-un-atleta-uno.html.

Il contenuto di una

lezione di Arti Marziali

Da noi, Spirito Ribelle, la premessa fondamentale è che la pratica tiene conto del praticante come corpo olistico, integrato con il personale mondo interiore. Dunque che non va allenato, addestrato come un animale da circo, ma ri-abitato, incarnato, in quanto esso è il “centro di relazione e di esistenza personale” (G. Farinelli, docente universitaria, in ‘Pedagogia dello sport ed educazione della persona’)

“Sei una macchina? Allora allenati.

Se invece sei un essere umano,

pratica per saperti adattare ai mutamenti

e stare in salute”

(Fighting Monkey)


Volendo identificare dei filoni di pratica (1), diversamente presenti, in ogni incontro (preferisco il termine “incontro” a “lezione”, anche se, per comodità di intendimenti, mi adeguo al senso comune ed uso “lezione”), possiamo scrivere di:

Respirazione – il respiro è l’elemento fondamentale per potenziare ed utilizzare la propria vitalità. Respirare non è solamente immettere aria nei polmoni, è anche stimolare il sistema nervoso ‘autonomo’ ed entrare in contatto con il registro emozionale. Si fa esperienza di diversi tipi di respirazione e si confronta questa esperienza durante la pratica corporea a solo e nei vari giochi di contatto e scontro con uno o più compagni. La “Respirazione” è un filone di pratica che, anche quando non “in figura”, ovviamente resta sempre e comunque sullo “sfondo” durante l’intera lezione, mai assente in termini di attenzione e presenza consapevole.

Sensazione e percezione – con opportuni giochi di stress si ricrea l’ambiente atto ad attivare i sensi, le percezioni si amplificano fino al rischio di non saperle gestire. Il sistema dei fluidi rallenta per consentire uno stato vigile e di allerta. Ma il fermarsi eccessivamente sulle nostre percezioni rischia di “congelare” ogni nostra azione. Ecco, è questo invece il momento in cui agire, le percezioni lasciate sullo sfondo, ma ciò è possibile solo dopo averle attentamente misurate e conosciute con appositi giochi.

Coordinazione, esplorazione ed attività multipla e simultanea - che è regolare ed adattare ogni atto motorio in modo armonico e funzionale in condizioni di esplorazione anche e soprattutto del tutto nuove in termini di spazio, ritmo, postura ed attura.

Relazione e interazione – giochi di coppia e di gruppo, a contatto parziale o totale, in cui entrare affidandosi alla propria vulnerabilità, alla capacità di stabilire un dialogo fisicoemotivo sincero ed autentico, all’intelligenza del non reagire meccanicamente ad uno stimolo ma interpretarlo agendo adeguatamente.

Nello specifico,

quali giochi proponiamo?

La premessa è che ogni gioco proposto è come una cipolla, ovvero ogni strato ne nasconde uno sottostante, e poi un altro ancora. Ogni gioco investe più filoni, ogni esperienza tocca e migliora più temi corporei.

Due esempi:

  • Al suolo, aderire con l’una e l’altra gamba ad una palla medica, facendola scorrere senza mai perdere il contatto, investe il filone sensoriale e quello della coordinazione ed esplorazione; introduce alla lotta a terra, al Chi Gerk, lo scambio di contatto di gambe per intercettare e deviare i calci dell’opponente tipico del Wing Chun, agli Ashi Waza, le proiezioni di gamba del Judo.
  • I Suishou, come tutti i giochi di “mani a contatto”, investono principalmente relazione ed interazione, senza dimenticare coordinazione, esplorazione ed attività multipla e simultanea e l’equilibrio tra sensazione e percezione.

Nel primo, di un gioco che nulla pare abbia a che vedere con le Arti Marziali, col combattimento, disveliamo, invece, le potenzialità di formazione al combattimento.

Nel secondo, di un gioco presente in tutte o quasi le Arti Marziali, siano esse giapponesi, okinawensi, cinesi, filippine, vietnamite, lavoriamo, dietro l’evidenza dei colpi e delle difese, l’enorme ricchezza in termini di enterocezione (il senso che rivela le sensazioni dello stato interno del corpo, a differenza dei cinque sensi, vista, udito, tatto, gusto, olfatto, che sono preposti verso sensazioni esterne), e neurocezione (i modi in cui i circuiti neurali selezionano le situazioni tranquille da quelle minacciose) (2).

Questo sarà possibile in tutti i momenti e le occasioni di formazione solo ed esclusivamente

  • scartando una pratica che sia fatta di esercizi e sequenze meccaniche e preordinate quanto che privilegi e dia spazio tracotante allo scazzottarsi; che mostri e imponga certezze, gestualità rigidamente codificate, modelli da imitare e copiare;
  • puntando invece alla consapevolezza corporea attraverso esperienze motorie.

Più crei disordine dentro di te,

più ti evolvi (3)






Azzardato? Temerario? Troppo audace per te?

Eppure …. “Credo che uno dei grandi errori che fanno gli essere umani quando tentano di capire qualcosa sia volere certezze. La ricerca della conoscenza non si nutre di certezze: si nutre della radicale assenza di certezze. Grazie all’acuta consapevolezza della nostra ignoranza, siamo aperti al dubbio e possiamo imparare sempre meglio. Questa è sempre stata la forza del pensiero scientifico, pensiero della curiosità, della rivolta, del cambiamento” (C. Rovelli, fisico, in “Helgoland”. Citato da S. Spaccapanico Proietti in “Umanizzare il movimento”)

Eppure… questo è il meraviglioso ed appassionante modo di praticare allo

Spirito Ribelle

Uguali a nessuno.

 

Ah già, ora ci sarebbe da affrontare la parte di chiusura di una lezione. Lo farò in un prossimo post. Sicuramente del tempo va dedicato al ritorno ad uno stato di quiete insieme ad una rielaborazione, personale e / o di gruppo, di quanto fatto e come questo abbia inciso sul sé – corpo in tutte le sue componenti. Sicuramente NO qualche minuto del solito stretching e poi… tutti a casa!!

 

1. Impostazioni simili, ancorché sempre flessibili ed adattabili al variare delle situazioni, si trovano in numerose pratiche di corpo e movimento. Per es. DMT (DanzaMovimentoTerapia), Movimento Biologico, BMC (Body Mind Centering), Healing Tao.

2. Qualsiasi gesto, in ambito quotidiano, lavorativo, sportivo, di combattimento, non origina da quanto tu sia rapido di braccia o forte di gambe, ma nelle connessioni neuronali, nelle rapide sensazioni che attraversano i circuiti cerebrali e le strutture muscolo – tendinee implicate. I taoisti lo intuirono secoli or sono, ora lo confermano e spiegano “scientificamente” le Neuroscienze. Per questo l’allenamento che punta sulla muscolatura è una corbelleria!!

3. “Il termine “fissità funzionale” è stato introdotto dagli psicologi per descrivere dei "blocchi mentali" che possono ostacolare la creatività e la risoluzione dei problemi. Quando si è prigionieri della propria fissità funzionale, si tende a seguire schemi mentali rigidi che non permettono di pensare fuori dai confini che ci si è dati. Ad esempio, se vediamo un cacciavite, possiamo pensare solo al suo utilizzo per avvitare viti, senza immaginare che potrebbe essere usato anche per aprire una scatola. (omissis) Superare la fissità funzionale richiede coltivare una maggiore flessibilità mentale e stimolare la capacità di vedere persone, oggetti e situazioni in modi nuovi e diversi. Un approccio utile è lo sviluppo del pensiero laterale, che invita a cercare soluzioni creative ai problemi, esplorando vie alternative rispetto ai percorsi logici tradizionali” (P. Iacci, estratto dall’editoriale in: https://www.aidp.it/hronline/2024/10/18/lanatra-la-fissita-funzionale-e-lorientamento-di-carriera.php)

 




mercoledì 9 ottobre 2024

Maestro NO.

Non mi si adatta l’etichetta di “Maestro”, colui che ha raggiunto maestria, padronanza in una materia. Come a dire uno che è “arrivato”, che “sa e dispensa il sapere a chi non sa”.

Io non sono arrivato: Quasi cinquant’anni di pratica ininterrotta ed ancora “”So di non sapere”, per citare il grande Socrate. Ancora mi appassiono a cercare, studiare, tornare sui miei passi, modificare, rimestare, proporre nuovamente sapendo che ci sarà ancora altro da scoprire, altro che farà vacillare quanto imparato.

Per questo preferisco Sensei: “Colui che è nato prima”. Uno che è stato sorpreso dalla tempesta e invece di scappare a rifugiarsi al coperto è rimasto esposto alle intemperie; uno che il bosco lo ha attraversato, inciampando, cadendo, facendo incontri sgradevoli, ma ne è uscito più o meno indenne. Uno che non pretende di insegnarti né cosa incontrerai nel tuo di bosco, né quale sia il percorso migliore per attraversarlo, perché ogni bosco è personale e dunque diverso. Ma il Sensei è la testimonianza concreta e vivente che puoi stare dentro una tempesta senza affogarci, puoi attraversare un fitto bosco ed uscirne. E’ colui che può darti una mano a trovare in te stesso le energie e le risorse per farcela.

Per dirla con un termine “moderno” è un facilitatore: Chi ti accompagna sostenendoti nelle difficoltà.

Io, se proprio devo rifarmi ad una figura non proprio attinente alle Arti Marziali (o forse è attinente?) mi rivolgo all’immagine dello sciamano.

Nelle culture antiche, tradizionali, lo sciamano è chi, con pratiche corporee e riti, si fa mediatore tra l’individuo e il divino, tra uomo e cielo, tra il visibile e l’invisibile, tra il micro e il macro.

Come uno sciamano, il Sensei comunica attraverso riti, corpo e movimento per portare in superficie l’impulso interno (neijia) di movimento di ogni praticante, suscitando immagini esteriori ed interiori (quella che il filosofo della scienza Gaston Bachelard chiamava reverie) perché siano fonte di ispirazione corporea, gestuale, aprendo la strada verso stati di coscienza espansa che costruiscano un individuo equilibrato, autodiretto e capace di sostare nei conflitti, scoprendo Poteri Potenti e aprendosi tanto all’incontro con l‘altro da sé e con l’ambiente circostante quanto con il mistero grande della vita, con il Tao.

Questo è qui, allo Spirito Ribelle, il Sensei, colui che ti accompagnerà attraverso una pratica corporea a conoscere di te corpo per vivere bene, vivere meglio, per affrontare consapevolmente ogni scontro piccolo o grande della tua vita quotidiana,

O davvero credi che il potere delle Arti Marziali sia riducibile a gesti da imitare, ripetizioni da eseguire, cazzotti da sparare al sacco o sul volto del compagno, ossequiando un Maestro che sa mentre tu non sei nessuno perché non sai un kazzo?

Io, il Sensei, qui allo Spirito Ribelle, non insegno esercizi, io propongo esperienze motorie; non alleno, io accompagno il praticante a formarsi adulto guerriero attraverso il movimento.

 

“Se sapete che il vostro strumento siete voi stessi, conoscete anzitutto il vostro strumento, consapevoli che è lo stesso strumento che danza, che canta, che inventa parole e crea sentimenti”

(O. Costa, regista e pedagogista teatrale




 

 

 

lunedì 7 ottobre 2024

Da vedere (O NO?) al MAS. Museo Arte e Scienza – Milano



Venerdì 4 “vernissage” al MAS per

On Leonardo’s road –

 mostra d’arte contemporanea

Francesca Callipari, curatrice di mostre, presenta gli artisti che espongono nelle sale superiori.

Luogo incantevole, il MAS, crea un’atmosfera vagamente misteriosa, le sedie tutte occupate e qualcuno in piedi, luci soffuse, le pareti riccamente addobbate. Il fascino finisce subito all’appello degli artisti che, uno dopo l’altro, salgono sul piccolo palco. Per tutti, salvo qualche dimenticanza (!!) le parole della curatrice ripetono “sperimentare”, ma quel che vedo proiettato sullo schermo, in attesa di sincerarmi di persona, non ha nulla a che vedere con lo sperimentare, sono le solite noiose ripetizioni del già visto, senza alcun guizzo di originalità. Ben calate nel grigiore generale sono anche le parole degli artisti: Brevi ringraziamenti alla curatrice, qualche parola di apprezzamento per il posto e tanta emozione dipinta sui volti e trasmessa dal corpo. Si staccano il pittore, marito della curatrice (!!) che regala alcune nozioni tecniche alla platea, e la giovane che frettolosamente parla della necessità di vedere con nuovi occhi e quest’intento anima le sue fotografie.

Pare la premiazione ad una recita scolastica o a un torneo amatoriale in una bocciofila. I presenti, a giudicare dai capannelli, sono tutti parenti o amici degli artisti.

Finalmente la lunga lista di artisti si esaurisce e tutti si sale a vedere le opere esposte.

Quanto vedo, non fa che rafforzare la convinzione maturata al piano di sotto: Nulla mi emoziona, tutto mi risuona di già visto e rivisto.

Due fanciulle restano a lungo davanti alla foto che, di fatto, potrebbe essere (o magari lo è!!) la riproduzione di un dipinto di Esher. Un autore si dilunga a spiegare alla fanciulla che lo accompagna i significati presenti nella sua opera. Io mi fermo davanti ad un dipinto che, secondo curatrice ed autrice, ha suscitato scalpore sui giornali: Una rivisitazione della “Donna con ermellino” di Leonardo da Vinci.  Uno sguardo più attento lo dedico all’opera di chi ci ha spiegato di giochi di luce, di colori d’oro e di esoterismo. In effetti, nelle mie scorribande presso librerie esoteriche, in molti libri sul tema ho visto illustrazioni del tutto simili, come immagini simili crea Leo Principe, pittore molto ”cliccato” sul web. Vado, curioso, davanti alle opere di chi si è descritta come “digital artist” che utilizza anche l’intelligenza artificiale e me ne allontano con la curiosità ancora in tasca.

Non sono un professionista delle arti figurative. Con questa necessaria premessa, mi trovo però a concludere la visita, per l’ennesima volta, col motto “Nulla di nuovo sotto il sole”.

Certamente, ormai nel terzo millennio d.c., dopo le tele lasciate bianche, l’orinatoio di Duchamp, i colori gettati sparsi sotto l’impulso di irrefrenabili pulsioni, le tele tagliate, i barattoli riempiti di feci, le figure umane gonfiate a dismisura e via con tutto l’enorme e inelencabile elenco di tendenze e sotto – tendenze, dopo millenni di opere d’arte, cercare e pretendere del nuovo, del non visto prima, pare insensato.

Però… è insensato nelle opere artistiche contemporanee, vista l’impossibilità di creare cose nuove, cercare relazioni nuove dentro contesti e stili vecchi e già visti? Relazioni che, poste in quel contesto, suscitino emozioni diversamente aggettivabili a seconda dell’estro e del gusto dell’autore in rapporto alla singolare e soggettiva personalità di chi le guarda? Opere che siano disturbanti, accoglienti, offensive, estranianti, confortevoli, interrogative, inquietanti ecc. Che emozionino, insomma.

Non sono un professionista di arti figurative, lo ripeto. Come non lo sono di musica o letteratura. E ci sarà un motivo, motivo grande, più grande di me, se incidono dischi e fanno concerti (a cui il pubblico va) Alessandra Amoroso, Marco Carta, Elodie e tutti quei distributori di musica “marmellata” tutta uguale, indistinta, dai testi  di una banalità disarmante, che cade nell’oblio nel giro di pochi mesi; se tutti i politici, nonostante impegni lavorativi per forza gravosi data la loro professione, scrivono (o si fanno scrivere) libri per altro immediatamente dimenticabili; se scrivono e pubblicano e vendono Fabio Volo e Marina Di Guardo (quest’ultima, forse più nota come la mamma della Ferragni).

Per lo stesso motivo, hanno tutto il dritto di dedicare tempo e passione alla loro arte anche tutti i pittori e fotografi che imperversano nelle mille e mille gallerie e mostre d’Italia. Dunque anche i simpatici artisti che in questi giorni espongono al MAS. Io mi arrogo il diritto di continuare a cercare, tra mostre ed esposizioni, quell’artista, quelle opere, che mi facciano emozionare.

Un po' come avviene nel mondo del movimento e del fitness. Tra la moltitudine di proposte tutte uguali nel considerare l’uomo – corpo (Korper) una macchina (o uno stupido?), quei supermercati del chiacchiericcio e del narcisismo che si chiamano Get Fit, Virgin e gli epigoni meno famosi, a voler cercare, cercare attentamente, trovi, in spazi per niente rinomati, gioielli stupendi di corpo Leib, gioielli che rispondono al nome di Laban Movement Analysis, Natked, Body Mind Centering, Feldenkrais.

Un po' come avviene nel mondo delle Arti Marziali. A ben cercare, dietro ed oltre gli spacciatori dei soliti nomi noti come delle invenzioni fantasiose, dietro ed oltre stili e tecniche da ripetere e ripetere e ripetere e mandare a memoria, dietro ed oltre Maestri, Guru, professori, gonfi di ego e certezze assolute, puoi trovare autentici ricercatori appassionati, cacciatori di emozioni. Puoi trovare noi Spirito Ribelle e altri come noi, che senz’altro ci sono, esistono; senz’altro, da qualche parte seminascosta, c’è chi, come noi Spirito Ribelle, pratica di cuore e di pancia contribuendo a formare individui adulti, coraggiosi, vitali ed erotici; pratica di crudo Bujutsu per aprirsi all’etica del Budo.

 

DAL 5 al 11 OTTOBRE 2024

Presso MAS Via Quintino Sella 4. Milano

 

 




 

lunedì 30 settembre 2024

Il mio pensiero di OTTOBRE

Perché gli uomini generalmente non sono sereni e soddisfatti di come vivono? Le risposte, tutte condivisibili e parzialmente vere, possono essere tante.(1)

Qui mi soffermo sulla risposta che individua nel sistema in cui viviamo un modello costruito sì in modo da permettere una convivenza la cui conflittualità sia contenuta, ma con un contesto educativo e valoriale univoco. Il che è portatore di nevrosi, senso di costrizione e alienazione, iperattività concorrenziale, sfrenato consumo senza uso, alternanza scomposta tra nichilismo ed eccessi bulimici. Questo non può certo soddisfare gli avventurosi, gli audaci, i … Ribelli.

Questi ultimi sanno che il corpo è il nostro biglietto d’ingresso nel mondo, che per cambiare il modo di essere ed agire occorre cambiare l’immagine che si ha di se stessi, che il corpo Leib (2) (corpo vivo, corpo che sente e patisce) è sempre più costretto, asfittico e sempre meno animalesco, selvatico.

Per questo, questi ultimi scelgono pratiche corporee, di movimento, che sono generaliste, ovvero rifiutano la specializzazione e puntano al sentire ed essere consapevoli del proprio corpo. Pratiche che investono i diversi aspetti della propriocezione, dello schema corporeo, della memoria somatica, dell’intelligenza senso-motoria e tutti i tipi di consapevolezza non intellettuale dell’esperienza di essere umani. Sale in figura il concetto di cinestesia, la capacità di sentire i movimenti del proprio corpo nei muscoli, nelle articolazioni, nell’apparato scheletrico, fino agli organi interni: La capacità di comprendere e governare l’esperienza motoria del sé corpo.

Io individuo nelle Arti del Bujutsu - Budo un filone interessante di queste pratiche. Probabilmente esse sono le uniche con la caratteristica di prendere di petto il rapporto corpo contro corpo, anche nelle sue manifestazioni conflittuali. Sono le più realistiche nell’essere metafora e simulazione dei micro conflitti presenti nelle relazioni quotidiane, le più severe nello scavare dentro il registro emozionale dei praticanti, le più performanti nel portare alla luce il duetto vita / morte che, invece, il sistema tende ad occultare, a far dimenticare, le più adatte a mettere il praticante davanti alla responsabilità del coraggio e della paura.

Purché siano realmente Arti del Bujutsu - Budo e non la solita sfilza di tecniche, forme e gesti copiati da un modello e memorizzati come una filastrocca, purché non siano l’affannato scazzottarsi per un vanto di supremazia muscolare, per una momentanea esaltazione machista.

Purché siano praticate come qui, allo Spirito Ribelle: Uguali a nessuno.

“Non bisogna impantanarsi nella "forma" delle cose nella pratica. Credo fermamente anche che non si debba creare un metodo che sia scolpito nella pietra. Il Bujutsu stesso è la capacità di usare il corpo in qualsiasi situazione, in qualsiasi ambiente, e come tale è l'incarnazione del cambiamento. Ciò significa che l'allenamento deve essere adattato a te stesso tramite infinite prove, errori, sperimentazioni e aggiustamenti se vuoi comprendere la vera essenza dietro il movimento”

(Maestro Akuzawa Minoru)

1.         Per saperne di più: di Byung-Chul Han, “La società della stanchezza”; “Eros in agonia”. Di Erich Fromm, “I cosiddetti sani. La patologia della normalità”.

2.         https://www.psicologiafenomenologica.it/leib-korper-ripensare-fondamenti-psicopatologia/

 

 

 

mercoledì 25 settembre 2024

Kenshindo - Iaijutsu l’arte della spada

 


Muoversi impugnando acciaio, silenzio e respiro come condizione di presenza densa e profonda. Immaginare. Stare dentro un viaggio cinestetico per modellarti con empatia all’ambiente, a colui che, minaccioso, ti sta difronte.

Muoversi impugnando acciaio come esercizio critico della corporeità. Restare immobili che, come il silenzio, è totale espressione sincera, sapere che prima di muoverti ed agire devi saperti fermare.

Muoversi impugnando acciaio non è solo una pratica ristretta ad uno specifico ambito marziale, in quanto alcuni suoi aspetti investono ogni essere umano: Da quelli più lampanti quali movimento, gesto, spazio, a quelli sottesi come tempo, ritmo e peso. Essi stessi sono chiavi di lettura dell’esperienza del nostro modo di vivere la vita, del nostro saper ricevere impressioni, confrontarci con l’ambiente circostante, accettare e creare mutamenti. È la convinzione, personalmente esperita in quasi cinquant’anni di pratica, dell’Arte del katana come pratica nient’affatto specialistica. Essa, invece, ci mostra in modo potenziato e amplificato alcuni aspetti del nostro essere corpo in movimento e in relazione.

“La spada deve essere più di una semplice arma;

deve essere una risposta alle domande della vita”

(Miyamoto Musashi)


Kenshindo la “Via dello spirito della spada, che è

Suburi – Movimenti con fendenti e falciate

Tachiuchi kata – Giochi codificati in coppia

Tameshigiri – Taglio su bersagli

Gekken – Scherma libera

“Prega affinché l’altro non sfoderi,

ma alla fine, se non è possibile evitarlo,

mettilo a morte con un colpo solo

e prega perché riposi in pace”.

NB: La pratica del katana, qui allo Spirito Ribelle, è condotta con lame di acciaio, affilate, lame che sanno essere letali. Qui, allo Spirito Ribelle, lasciamo agli altri il fare i samurai agitando giocattoli di latta. Qui si pratica realisticamente per divenire adulti autodiretti, coraggiosi e vitali.

 

 

 

 

 

 

 



sabato 21 settembre 2024

Tambo, bastone corto, arma di difesa e strumento per una motricità consapevole

 


Il bastone corto, per gli interessati alla difesa personale, è arma poliedrica la cui modesta lunghezza si può trovare in numerosi oggetti quotidiani e a portata di mano; per gli interessati alla cultura del movimento, è  “occasione” per stimolare e scoprire nuove esperienze motorie, nuovi percorsi motori tali da incentivare la nostra intelligenza corporea.

Noi, Spirito Ribelle,

  • -       ai primi ricordiamo che i vari maneggi non sono esibizioni narcisistiche. L’arma, in quanto tale, non va fatta volteggiare al di fuori dell’area del proprio corpo pena l’esporsi agli attacchi avversari e nemmeno i colpi vanno “caricati” pena il manifestarsi platealmente agli occhi dell’avversario aprendosi, inoltre, ai suoi attacchi. Su You tube trovate video e video di Maestri, sifu, guru che cadono in queste sciocchezze. Chissà quanti di loro hanno mai, nella vita reale, colpito di bastone, di spranga, di chiave inglese e sono stati aggrediti da qualcuno armato di bastone, di spranga, di chiave inglese… Magari sono gli stessi che, a mani nude, spronano l’allievo a “non caricare” i colpi, a “tenere la guardia”: Misteri dell’imbecillità umana.
  • -       ai secondi proponiamo giochi ben poco codificati, forti del motto “Il minimo di struttura per il massimo di esplorazione “ (E. Duplan) in cui creiamo un apparente disordine per cercare e testare una gestualità diversa, inusuale, come tale capace di aderire agli imprevisti che il vivere ci pone davanti.

 

Ad ambedue dedichiamo una citazione del filosofo Merleau - Ponty:

“Il corpo è il nostro mezzo generale per avere un mondo”.

 

 La pratica con oggetti: esplicitamente armi, possibili armi o semplicemente “oggetti”, è sempre riferita alle loro peculiari attinenze con sistemi e strutture del corpo, con i diversi componenti qualitativi del movimento e con i sistemi globali di coordinazione motoria. Nulla è lasciato al caso.

Ne ho già scritto in precedenza e, prossimamente, pubblicheremo un video sull’uso …. creativo  della palla medica nella formazione di un corpo e di una motricità liberi di fare quello di cui sono capaci senza che la mente o l’imitazione di modelli ne limiti il potere.

Riferendosi al video, in cui usiamo i tambo (bastoni corti), ma questo vale per i bastoni in genere: jo (medio), bo (lungo), è in primo piano il sistema osseo coinvolgendo l’assialità e le direzioni dello spazio. Sono stimolate le strutture muscolari centrali (antero – posteriore nella spinta, postero – anteriore nell’estensione assiale) e quella di condensazione (antero – laterale). (Per saperne di più: cap. 8 “Le materie e il corpo” in “Un corpo tra altri corpi” di V. Bellia).

 

Ancora Spirito Ribelle, UGUALI A NESSUNO.