martedì 24 dicembre 2013

Stille Nacht 2013. Lunedì 23 Dicembre

Tutto il tempo, sì, bisogna allenarsi tutto il tempo,
ma allora la parola allenamento acquista un nuovo senso.
È sviluppare la coscienza del proprio corpo che diventa l'essenziale dell'allenamento.
Non è soltanto muoversi intensivamente, ripetendo e sudando
( K. Tokitsu )

by KejaBlank
Il silenzio ed il buio della notte che investono la sala. Un timido lumicino , qualche schizzo di luce fievole.
Musica e danza, esprimendo di sé al momento. Vicinanza di corpi, sguardi e respiri.
Spiragli di spazi occupati da gambe e braccia.
La penombra che nasconde corpi di guerrieri che si incontrano ..  mani sul volto, sul petto, sul dorso.
Le mani dell’altro, i suo avambracci, a percorrere il tuo corpo tutto, come curiosi e sfacciati turisti che infestino una piazza, senza mai andarsene. E quella “piazza” sei  tu, è il tuo corpo che viene invaso, toccato, percorso, violato più e più volte, nel buio della sala.
Il pugno schizza sibilando. Volto impassibile, sguardo fermo, mentre le nocche del compagno si fanno sentire sfiorando rapide l’orecchio. Tu, fermo davanti a lui, accogli i colpi che arrivano: non puoi, non devi, fare niente. Solo sostenere col tuo sguardo gli occhi del predatore che ti sta di fronte, che ti colpisce forte e rapido mirando al volto per poi deviare quel paio di centimetri che ti salvano i connotati, facendo rabbrividire l’orecchio, sfiorato dal colpo.
In coppia, ora, a provare pugni e calci. Ad esprimere l’arte del contenere, laddove il compagno avanzi sfrontato a scontrarti, ad invadere il tuo spazio. Capacità di alternare esplosione di colpi a suadenti movenze che circondano, contengono, soffocano, l’aggressore.
Il combattimento libero, libero di percuotere e ritirarsi, schiacciare ed eludere, proiettare al suolo e divincolarsi, mentre l’ululato dei lupi riempie la sala, accostando richiami antichi, selvaggi, primitivi al lottare  di uomini e donne che, per un paio d’ore di buio, affondano corpi ed emozioni  nell’arte della caccia e della sopravvivenza.
Ora è Tanshu, la danza del guerriero. Ognuno sia il cacciatore, il predatore che crede. Ognuno si muova nel buio della sala cacciando di sé e dei suoi demoni, delle sue debolezze nascoste e di quelle che mostra, travestite di potere e tracotanza, per non apparire nudo, per non apparire fragile, di quelle “maschere” e di quei ruoli che ne imbrigliano la vitalità per rientrare nella norma, nel “copione” condiviso.
Chissà se qualcuno dei guerrieri di “Stille Nacht” ha incontrato la sua Ombra, si è mostrato a sé nella sua nudità inerme.
Chissà se qualcuno si è concesso il dono.
Sì perché, il nostro “laico” modo di intendere il Natale, di intendere l’arrivo dell’anno nuovo è, nel solco della nostra usuale pratica marziale, il desiderio di donarsi e donare.
by KejaBlank
Un desiderio che si costituisca  sulla fertilità delle energie e sulla possibilità anche di disperderle; un desiderio di vivere appieno  la vita accettandone anche i suoi aspetti più aspri;  un desiderio che sappia travalicare i limiti dei bisogni personali, erigendosi a strada maestra di relazione nei rapporti intra e inter personali, fino, forse, per alcuni, non so, alla dimensione del sacro.
Un desidero di dono che si fa capacità reale di donare come antidoto all’anaffettività ed alla ragione astratta che non trasforma.  Una capacità di donare  che consente di affrancarsi dal narcisismo per aprirsi alla conoscenza dell'altro e del nostro stare al mondo.
Dunque, innanzitutto, un donarsi per comprendersi, trasformarsi e crescere e, nel contempo, misurare le proprie risorse e scarsità con le altrui risorse e scarsità. Ed anche un donare di sé agli altri. Sorta di alienisti sempre “in guardia”. Capaci di esplorare pulsioni e passioni, di metter mano alla sessualità umana che è scorgere i movimenti pulsionali degli esseri umani a confronto.
Corpi, emos-azioni, nel buio e nel silenzio della nostra serata di Kenpo “Stille Nacht”.
Al saluto finale, il mio augurio, coraggioso, spavaldo, forse anche temerario, eccessivo: “Che l’anno nuovo non ci porti quel che vogliamo, ma quel che siamo”.
Poi, luci accese e sguardi che sanno di un mare calmo, le chiacchiere allegre, il brindisi conviviale tra birra, vino e dolci e panettone.
L’avventura, per i guerrieri dello Z.N.K.R., continua.

Nulla ci può riscattare nella vita se non la dimensione del sentimento; se un dio dovrà giudicarci e vorrà perdonarci, lo farà perché abbiamo molto amato, non perché abbiamo, per esempio, molto pensato( A. Carotenuto )


La riflessione di Giovanni sulla serata, la potete trovare sul suo blog:




Nessun commento:

Posta un commento