martedì 25 aprile 2023

Fuori Salone e Fashion Week

 Che sarebbe il trionfo degli eventi di ogni tipo. Tra questi, dopo un piacevole intrattenimento a base di musica jazz in pieno centro città, eccomi, questa volta con Monica e Kalì, all’interno del cortile dell’Università Statale a sprofondare tra installazioni di design con pretese artistiche.

Tutti i gusti sono giusti? Sì, ma anche comprendere il senso di ogni gusto.

Se non sai di arte non puoi capire e giudicare? Forse, ma ancora meglio è, a mio avviso, “sapere” di contesto storico e sociale (la struttura) in cui sorgono le diverse arti (la sovrastruttura) e come una influenzi l’altra fino a confonderne i confini: Marx insegna.

Dunque, diamo per condiviso che il ventesimo secolo è stato tanto gravido di innovazioni scientifiche e ha aperto la strada al dominio della tecnica, quanto portatore di corpose concezioni filosofiche soggettivistiche e umanistiche oltre a simil religioni le più astruse possibili (1). Questo ha comportato, per l’arte, in particolare pittura e scultura, il tentativo di misurarsi con gli aspetti non evidenti all’occhio umano, quelli più o meno celati del reale: Come era possibile rappresentare la “realtà” del mondo atomico e sub atomico o delle onde elettromagnetiche, quello non visibile ad occhio nudo? E come dare “forma” alle istanze teosofiche e fenomenologiche?

In campo pittorico e scultoreo, nascono il “belvismo” (fauvismo) con Henri Matisse (uno dei miei pittori preferiti!!) e Albert Marquet; il cubismo avviato da Fernand Léger, Georges Braque, Pablo Picasso, Joseph Csaky; i primi passi dell’astrattismo con Vasilij  Kandinskij e Paul Klee; la musica dodecafonica, in cui” i dodici suoni della scala cromatica temperata sono posti in relazione uno con l’altro senza che i loro rapporti siano in alcun modo riferibili a una nota fondamentale” (in enciclopedia Treccani) creata da Arnold Schönberg;  il minimalismo sacro di Arvo Pärt; il free jazz lanciato in primis da  Ornette Coleman; nella danza la rivoluzione di Mary Wigman per cui “La forma che avevamo imparato non era più decisiva per la danza come arte, ma il contenuto stesso, cercando una forma di espressione si sforza di crearlo a partire da se stesso”, Martha Graham che “Nello spirito del grande capovolgimento operato dall’arte moderna, dalla pittura alla danza, non cerca di ricreare uno spettacolo visuale ma una realtà poetica nuova, di far sbocciare nuovi rami sull’albero della realtà” (Roger Garaudy, in “Danzare la vita”), passando per Merce Cunningham a cui capita di “trascrivere ogni gesto possibile su un pezzo di carta e di tirare a sorte o a testa o croce le loro sovrapposizioni e le loro successioni” (ibid); e poi ll “teatro delle crudeltà” di Antonin Artaud in cui utilizzare tutti i mezzi d’azione capaci di scuotere e sconvolgere lo spettatore, ottenendone la partecipazione incondizionata e il “teatro povero” di Jerzy Grotowski.

Che piacciano o meno, ecco il senso di una pittura ed una scultura distante, avulsa dal rappresentare e interpretare il “reale” per come ci appare per entrare invece nel campo dell’invisibile, dell’immateriale, del personale più esasperato.

Scritto questo e accettato l’assunto che: “L’opera d’arte non è solamente fatica, lavoro, studio, tecnica, ma anche follia, visione, azione, vuoto, nulla, scherzo, tutte cose che, come quelle faticose, difficili e noiose, fanno parte, a pieno diritto, della vita” e pure che “L’importante è pensare, in ogni caso e possibilmente prima degli altri, la cosa giusta, al momento giusto” (2), personalmente:

- Trovo davvero interessanti quelle opere di design in cui convivono espressioni personali (artistiche? Può darsi) dell’autore e soluzioni “tecniche” atte a migliorare la vita quotidiana, il lavoro quotidiano, dell’uomo.

- Trovo davvero un obbrobrio, una presa per i fondelli, quelle opere che si pretendono artistiche mentre sono solo esposizione di un ego gonfiato a dismisura e rappresentato in oggetti ed installazioni che nulla hanno a che vedere col termine “design”, ovvero la “progettazione di oggetti d'uso comune mirante a conciliare funzionalità ed estetica” (dal vocabolario Treccani).

Questi ultimi dovrebbero stare in una mostra a sé, di presunta arte contemporanea.

A proposito di quest’ultima, penso alle tele dipinte di bianco di Robert Ryman: il suo primo quadro, nell’ottica di cui sopra, è opera d’arte, perché ci interroga su “il dramma del vuoto e del modo in cui può essere colmato, nell’arte ma anche nella nostra vita quotidiana” (il libretto “paraculo” di cui sopra), ma tutti gli altri, identici, tutti bianchi? Non sono più intuizione, né pensiero anticipatore e realizzato prima, sono solo riproduzione piatta, che potrebbe pure essere fatta in serie da una macchina o… da un qualsiasi imbianchino.

Qui ci sarebbe da aprire un capitolo sul rapporto tra mutazione economica e sociale, narcisismo diffuso, pretesa di apparire sempre e comunque, consumo senza uso, assunzione di “nessun limite” come mantra quotidiano, e i tanti presunti artisti per i quali vale il “porsi come un ‘ego’ solitario, imperioso e unico, in una sorta di delirio di onnipotenza infantile, altro elemento che caratterizza la modernità” (Jean Clair, in “Breve storia dell’arte moderna”).

Ma ve lo risparmio e mi preparo, prossimamente, ad andare a vedere la mostra fotografica di Helmut Newton; intanto, dopo la sbornia di stronzate incastonate nel bellissimo cortile dell’Università Statale di Milano (meglio, molto meglio, la cornice del quadro!!) vado a cercare, in rete, immagini delle opere di Fernando Botero e Juarez Machado, i miei due pittori contemporanei preferiti.

“Il culto dell’anti – cliché diviene a sua volta cliché. L’anarchia, coltivata per se stessa, si trasforma facilmente in conformismo” (R. Garaudy)

 

1. Per esempio, in campo scientifico, la rivoluzione nella fisica operata da Albert Einstein; l’opera dei tre precursori dell’informatica, ovvero l’americano Vannevar Bush, il britannico Alan Turing e l’ungherese John von Neumann; la televisione e primi elettrodomestici; il DNA, la molecola a cui è affidata la codificazione delle informazioni genetiche e costituisce la sostanza fondamentale del gene, responsabile della trasmissione dei caratteri ereditari; l’elettroencefalogramma, strumento che registra le onde cerebrali, suddivise in alfa e beta; il primo reattore nucleare, dove l’atomo viene “bombardato” e, “spezzandosi” (fissione nucleare), produce energia. In campo filosofico e del pensiero ecco la fenomenologia, l’esistenzialismo, la psicoanalisi, il neo spiritualismo, l’antroposofia, scientology e la new age.

 

2. Francesco Bonami, critico d’arte, in “Lo potevo fare anch’io”, libretto autenticamente “paraculo” a partire dal sottotitolo “Perché l’arte contemporanea è davvero arte”.

 

 






 

 

 

 

 

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