sabato 22 luglio 2023

Una comunità che formi

 Quando rifletto su “cosa” sia e “come” sia lo Spirito Ribelle (2018 a tutt’oggi), e, prima di lui, lo ZNKR (1980 – 2017), e quali competenze costruisca nei praticanti che lo abitano, ripenso sempre ad un vecchio (risale al 1993) documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ebbi l’occasione di leggere in un momento professionale in cui lavoravo a stretto contatto col mondo scolastico. Documento che ho trovato parzialmente citato all’interno di un articolo dedicato all’istruzione scolastica a firma Anna Oliverio Ferraris (in “Conflitti” Luglio 2023), e che ho letto in questi giorni di caldo e tanto tempo libero a disposizione.

Il documento riporta le abilità cognitive e sociali che permettono di affrontare le richieste e le sfide della società contemporanea e fornisce le linee guida per insegnarle e apprenderle a partire dall’infanzia.

Dieci sono le competenze citate: Autoconsapevolezza, gestione delle emozioni, gestione dello stress, senso critico, prendere decisioni, risolvere problemi, creatività, comunicazione efficace, empatia, capacità di relazionarsi.

P

enso a come, nel Giappone, dal Bujiutsu feudale che è la capacità di eliminare il nemico per restare in vita, si sia passati, in epoca moderna, al Budo, la “Via”, l’etica del vivere (1). E come questo passaggio io l’abbia interpretato nel mio percorso marziale, inserendolo nelle esigenze sociali e culturali del nostro paese.

Ho già più volte scritto di come, in linea col pensiero antropologico, ogni modello sia culturalmente determinato. Esso ha senso solo all’interno delle situazioni (antropologiche, culturali, sociologiche, ecc.) in cui è sorto, in riferimento ai bisogni ed alle aspettative della comunità che gli ha dato vita. Con ciò smontando ogni pretesa di immediata e meccanica validità di una qualsiasi Arte nata e sviluppatasi in Cina, Giappone, Vietnam, Filippine, ecc. secoli or sono, quando proposta e praticata in Italia ai giorni nostri. Validità ampiamente dubbia sul piano dell’efficacia (Bujiutsu), quanto totalmente dubbia sul piano della formazione etica, valoriale (Budo). (2) Non a caso, diverse di queste Arti si sono trasformate in sport.

“Per me la ricerca del benessere è direttamente legata alla ricerca dell’efficacia nel budo, non è una questione di stile. Se non è per sentirsi bene e meglio, affrontando con il corpo e lo spirito i propri problemi esistenziali, non vedo per quale ragione continuare a praticare le arti marziali ai nostri giorni” (M° Kenji Tokitsu)

Ecco l’importanza di mettere mani dentro queste Arti inserendole, didattica ed andragogia apposite, nella mentalità, nella cultura nostra e dei giorni nostri.

Coltelli WC forgiati a mano da balestre di Fiat 500

Penso che riprodurre i rituali tipici di queste arti, copiandoli alla lettera, sia un loro depauperamento, un depotenziamento totale, tanto quanto inventarne di nuovi sia una pretesa arrogante. I riti non si improvvisano. E’ ancora l’antropologia a dirci con quanta scrupolosità e attenzione ai particolari le pratiche rituali si plasmino sui tempi, sui linguaggi, su peculiari simbolismi, per compiere la loro funzione di mediazione con il sacro. Basterebbe chiedersi: Il “sacro” e l’esoterico che posto hanno nella vita culturale, spirituale, ma anche ordinaria, dei praticanti di oggi?

“La pratica esoterica poggiava su numerosi elementi dell’esperienza umana che, combinata alla strategia marziale e alla sua applicazione, costituiva una scienza di tutto rispetto nella cerchia degli antichi strateghi” (Risuke Otake, Maestro di Katori Shinto Ryu)

“Il sacro non è mai limitato ad un corpo. Può apparire con un corpo, ma non è incapsulato in quel corpo. Il sacro è una energia libera che costruisce il mondo” (M. Calzoli, in Ereticamente – La sapienza e il sacro)

Questa è la sfida che, ormai da decenni, mi sono imposto: Fare delle Arti Marziali, dunque di patiche quanto di cosmogonie e ideologie Asiatiche nate e concretizzatesi in realtà geografiche e temporali così distanti, un terreno di conoscenza, crescita e trasformazione per praticanti italiani dei giorni nostri.

 “Autoconsapevolezza, gestione delle emozioni, gestione dello stress, senso critico, prendere decisioni, risolvere problemi, creatività, comunicazione efficace, empatia, capacità di relazionarsi”, le dieci competenze succitate, sono, incontrovertibilmente, le competenze richieste allora ad un buon guerriero per combattere dignitosamente e cercare di portare a casa la pelle (Bujiutsu), quanto quelle adatte ad affrontare le contraddizioni del contemporaneo vivere quotidiano, a costituire il nostro, contemporaneo, Budo.

Nascerà così quell’uomo che, lontano dalla ragione priva di immagini e trasformando l’istinto di morte in conoscenza, sia adulto coraggioso, autodiretto, capace di relazionarsi e, nelle relazioni, vivere e trasformarsi vitale ed erotico, cacciatore di Poteri Potenti.


Katana periodo Shinto 1600

1. E’ convenzione comune datarne la nascita nel 1897, quando fu redatto lo “Statuto del Budō” (budō kenshō) ad opera del Nippon Budō Kyūgikai.

2. C’è bisogno che spieghi la differenza di mentalità, che è personalità e carattere, tra un contadino delle risaie cinesi o un guerriero (samurai medioevale) del Giappone e uno studente bocconiano o un impiegato di banca dei giorni nostri? O le differenti conseguenze di una coltellata portata su un torso nudo o su un torso ricoperto di maglietta, camicia e golf? Per non parlare dei docenti: Quanti degli attuali Maestri e Sifu hanno alle spalle esperienze di combattimento reale, da strada, per portare a casa la pelle a danno di un altro essere umano? Eppure insegnano (pretendono di insegnare) combattimento / difesa personale!! Quanti hanno reali e dimostrate competenze che li rendano capaci di sostenere il processo di contatto con l’allievo inducendolo ad accrescere la conoscenza e la consapevolezza di sé, consentendogli di elaborare emozioni e confini interiori, fino all’opportunità di condurre una vita più soddisfacente e ricca di risorse?

 










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