mercoledì 24 gennaio 2024

Botero

 Finalmente di nuovo con mio figlio Lupo a mostre: Entrambi appassionati di Botero, ci rechiamo al

Museo della Permanente

dove è esposta

Via Crucis. La Passione di Cristo

ciclo di opere realizzate da Fernando Botero tra il 2010 e il 2011.

Di Botero ho letto critiche anche aspre, come quella di Francesco Bonami in “Lo potevo fare anch’io”, ma io, quando vent’anni or sono ne scoprii le opere, rimasi subito ben impressionato.

Delle opere esposte mi ha colpito la presenza solenne, forte, di Cristo. Mai domo ancorché sottoposto a torture ed umiliazioni, la sua fisicità tiene testa ad ogni avversità. La sua presenza sovrasta ogni accadimento. Per contro, Il suo corpo, massiccio, quando tra le mani di altri, pare lieve, etereo, non leggo alcuno sforzo nel sostenerlo.

Solo nell’immagine abbandonato tra le braccia di Maria, lo si nota piccolo, in dolce subordine. Altrimenti è figura piena, dominante. Persino quando accasciato al suolo sotto il peso della croce, conserva una sua dignità, un suo sereno prostrarsi.

Appare evidente che per l’artista questa narrazione drammatica della Passione è un simbolo di dolore e ingiustizia che travalica ogni senso religioso, ogni appartenenza religiosa. E’ autentico spettacolo di forza e dolore dentro il mondo umano, terribilmente umano, del “male”.

Personalmente, come faccio ad ogni esplorazione dentro l’arte della pittura, ho provato ad entrare nel cuore di ogni dipinto variando il “modo” di guardarlo, ovvero una volta inspirando e l’altra espirando, da angolazioni diverse, ecc. ma, soprattutto, assimilando posture e gesti dei soggetti rappresentati.

Immediato è scoprire che tutte le parti del corpo sono in relazione, dunque modificare una parte porta a modificare l’intero: imitare una postura dà un certo senso, poi modificarla lievemente, ascoltando le sensazioni proprie del momento, dove mi porta? Che relazione stringe con l’immagine davanti a me?

Poiché noi stiamo e ci muoviamo sempre in rapporto alla terra, alla gravità, cosa colgo del dipinto nel momento in cui, imitandone la postura, vario il peso da “pesante” a “leggero”?

Cosa succede nel mio gustare l’immagine quando muto la connessione centro / periferia, ovvero quando privilegio uno schema corporeo che dal centro si propaghi alle estremità oppure privilegio l’inverso?

E se provassi a dare continuità all’immagine fissa? A darle movimento nello spazio?

Mi piace entrare nei dipinti usandomi di corpo. Così trascurando una lettura, che è comunque sempre “interpretazione”, razionale, magari indirizzata da recensioni e commenti altrui altrettanto razionali. Mi piace stabilire con le opere d’arte un rapporto carnale, somatico; inevitabilmente soggettivo ma così del tutto mio: Allora sì gusto l’opera. Come avviene (per chi ama e sa vivere!!) in ogni aspetto della vita quotidiana, in ogni aspetto vissuto attraverso una consapevole esperienza carnale, fisicoemotiva, di embodiment: che sia un buon piatto di pasta a tavola o una stretta di mano ad un nuovo incontro, un tramonto sopra Milano o una passeggiata al parco, l’ascolto di una musica o il soffiare del vento sul volto.

Splendido insegnamento delle Arti Marziali quando praticate come da noi Spirito Ribelle: Ovvero esplorazione e comunicazione di corpo. Ghiotta opportunità perché la pratica marziale sia chiave di lettura di noi nel mondo, di noi nell’ambiente, di noi… davanti, anzi dentro, un’opera d’arte.

Museo della Permanente

v. F. Turati 34. Milano

F. Botero “Via Crucis” Novembre – Febbraio 2024

 

 

 

 

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