sabato 12 aprile 2025

Perché mi piace il Kenpo Taiki Ken

 

Spirito Ribelle - Pa Kwa

Chissà, magari il compito di ogni individuo che voglia farsi adulto è abitare il cielo immenso costellandolo di stelle. Non per riempirlo, che quel vuoto buio ci parla il linguaggio del mistero e del silenzio, “vuoto fertile” (1) di stampo gestaltico, e riempirlo mi parrebbe sconcio e superfluo, quanto per tessere fili invisibili di danza capaci di giocare a rimpiattino e rincorrersi tra una stella e l’altra. Si addensa, così, una melodia cinetica in cui, Tao e sempre Tao, vuoto e pieno si muovono insieme amalgamandosi e insieme scontrandosi.

Fu il poeta Ezra Pound a scrivere “Quello che veramente ami non ti sarà strappato. Quello che veramente ami è la tua vera eredità”.


Amando io il vivere, il vivere di corpo, di corpo fisicoemotivo, e dedicandomi alla pratica delle Arti Marziali da quasi mezzo secolo, convengo che ciò che davvero ami ed a cui dedichi molto, se non tutto, di te stesso, rimane.

  • Ho praticato diverse Arti Marziali e sport da contatto guadagnando gradi superiori e qualifiche di rilievo.
  • Ho attraversato

una prima fase di ricerca dell’Arte migliore, quella completa e più efficace in combattimento;

una seconda di miscelazione delle diverse Arti tra di loro perché questa miscela non lasciasse fuori niente né di tecniche /tattiche né di strategie.

  • Infine (era ora, ma almeno io ci sono arrivato: Quanti altri?) sono approdato alla fase in cui comprendere che è il praticante il centro, l’attore protagonista, con il suo personale ed unico corpo / corpo fisicoemotivo dentro cui far attecchire il sapere del corpo in movimento. Ovvero l'insieme delle informazioni che il corpo stesso fornisce sul proprio movimento, posizione e forza applicata aggiustandole ed adattandole a seconda delle situazioni. Non si tratta né di eleggere una disciplina come l’unica valida né di fare una ‘marmellata’, una sommatoria di pezzi dell’una e dell’altra. il che risulterebbe solo fragile come un puzzle.
Eccomi karateka



A quel punto, una ventina e più di anni or sono, non potevo che innamorarmi di un’Arte, fino ad allora praticata insieme ad altre, di cui il fondatore Wang Xiangzhai diceva: “Non esiste un equilibrio assoluto, quando parliamo di equilibrio, parliamo della capacità di controllare l'equilibrio in questo preciso momento” (2)

Liberato dalla meta, dall’ansia di approdare ad un risultato, pratico errante e vagabondo, pratico per il piacere ed il gusto di percorrere il cammino della conoscenza di me attraverso la conoscenza di me corpo; mai gravido di un carico prestabilito, una tecnica da imparare, una sequenza da memorizzare, e sempre pronto a rinnovarmi, perché essere artista, tanto più artista marziale non è mai, non può essere mai sgranare un rosario recitando devozioni.


ZNKR alle origini



Pare generalmente accettato che la spinta originaria alla creazione dello Yi Quan / I Chuan, il fondatore Wang Xiangzhai la ebbe perché disgustato dalle rigidità formali, dalle pretese dogmatiche, in cui versavano gli allenamenti convenzionali e ripetitivi dei principali stili ‘interni’ di Kung Fu: Tai Chi Chuan, Pa Kwa Chuan e Hsing’I.

Qualcuno una riflessione su come si insegna e si apprende ancora oggi nella pratica di Arti cinesi, giapponesi, vietnamite, filippine, tra ‘copia e incolla’ e ricerca ossessiva dell’imitazione perfetta, avrebbe voglia di farla?

Quando alcuni allievi proposero al fondatore di cambiare il nome della sua Arte in Dachen Chuan ((‘pugilato del grande risultato’ o ‘pugilato grande e completo’) questi rispose: “Non ci sono limiti allo sviluppo dell’Arte Marziale, perché dovrei chiamarla ‘grande risultato’?” (3)

Qualcuno una riflessione sui ‘sistemi’ di questa o quell’Arte che presuppone un percorso con inizio e fine solo al termine del quale l’allievo può essere considerato ufficialmente ‘arrivato’, ‘esperto’, ‘padrone’, avrebbe voglia di farla?

Il sistema nervoso è molto importante e il sistema nervoso è influenzato dall'attività mentale – spirito”. Scriveva già cinquant’anni or sono Yao Zonggxun (4), relegando in secondo piano il lavoro muscolare.

ZNKR Kangeiko - stage invernale a. 2013


Oggi, nel terzo millennio, nelle Arti Marziali ancora l’attenzione prioritaria è sui muscoli, sul potenziamento muscolare e l’allungamento muscolare. Oggi ancora l’attenzione principale è sul corpo come Korper e non Leib (5), sul tentativo di unire corpo e mente come fossero due cose diverse. E questo nonostante il sapere taoista, la fenomenologia occidentale, le neuroscienze (6) e… lo Yi Quan!!

Perché dello Yi Quan

ho scelto la versione giapponese?

  • La mia formazione marziale è iniziata con un’Arte giapponese, il Karate stile Shotokan, ed è proseguita affiancando alla pratica regolare di questo stile esperienze prolungate o saltuarie di altri stili di Karate come Shingakukai, Wado Ryu, Shito Ryu, Goju Ryu, e, dunque, le mie fondamenta sono propriamente giapponesi.
  • Il primo incontro con lo Yi Quan nel 1980 o giù di lì, avvenne nella versione giapponese grazie al Maestro Tokitsu Kenji. Riferimento che, nei decenni, pur saltuariamente, non ho mai perso.
  • Quando decisi di approfondire lo studio di quest’Arte avevo la possibilità di scegliere tra un comodo studiare nella mia città, Milano, presso il Maestro Yang Li Shen che vi si era appena trasferito o un molto meno comodo recarmi regolarmente a Firenze presso il Maestro Stefano Agostini che, con il Maestro Sun Li, diffondeva uno stile di Taiki Ken, lo I ken. Pur non potendo certo disconoscere la validità del Maestro Yang Li Shen, preferii la scomodità del viaggiare Firenze – Milano. (7)
  • Infine, ho sempre aborrito la traduzione di Yi /I che veniva data qui in Italia ed appiccicata allo Yi Quan / I Chuan, ovvero ‘Intenzione’, dunque ‘Pugilato dell’intenzione. Mi sono invece ritrovato nella traduzione che ne dà la sinologa Giulia Boschi ‘Spontaneità, su cui concordava, in una conversazione privata avuta durante uno stage presso di lui, il Maestro Xia Chaozhen e che è propria anche dei Maestri che lo Yi Quan insegnano in Francia. C’è una bella differenza tra proporre una pratica basata sull’intenzione “Orientamento della coscienza verso il compimento di un’azione, direzione della volontà verso un determinato fine; può indicare semplicemente il proposito e il desiderio di raggiungere il fine, senza una volontà chiaramente determinata e senza la corrispondente deliberazione di operare per conseguirlo” così la definisce il Vocabolario Treccani, o sulla spontaneità “La caratteristica, il fatto di essere spontaneo e non calcolato o affettato, come tendenza abituale a comportarsi con naturale franchezza e immediatezza” (ibidem).

Spirito Ribelle. Maki mani che avvolgono



Giacomo Dall’Ava scrive: “Le azioni sono inscritte nella carne ancor prima che l’intenzione consapevole agisca e detti i comandi. Insomma, non è che abbiamo un corpo ma siamo corpo” (‘La reazione all’ambiente che ti comanda’ in ‘La chiave di Sophia’ n.12 giugno – settembre 2020). Chiunque stia leggendo capisce subito la differenza, lo spartiacque, che rimanda, ohibò!!, a quella tra Korper e Leib, tra la solita pratica ripetitiva e dogmatica ed il percorso creativo, totale che, mi pare di poter affermare senza essere smentito, stava alla base della nascita dello Yi Quan e della sua versione giapponese, il Taiki Ken.

“Non ci sono forme fisse nel Taikiken. Sebbene questo libro presenti metodi di difesa e attacco, sono solo esempi dei tipi di attacchi e difese possibili. Praticare per perfezionare Zen e Hai costituisce la base dell'allenamento. Quando si entra in contatto con un avversario, il proprio corpo deve essere in grado di muoversi in completa libertà. Costringere persone grandi e piccole a praticare le stesse forme non ha senso. Inoltre, un'eccessiva attenzione alle forme uccide solo la libertà di movimento. Il Taikiken mira a consentire a ogni individuo di usare i movimenti del corpo che gli si addicono”

(K. Sawai ‘Taikiken The Essence of Kung-fu’. Traduzione dall’inglese mia)

Letto quanto sopra, comprendi perché 

mi piace il Kenpo Taiki Ken?

E a te?

 

 


 

 

1. https://scuolacounselinggestalt.it/v-come-vuoto-fertile/#:~:text=La%20sensazione%20era%20quella%20di,Ci%20abbracciammo.

2. He Jinping ‘Wang Xiangzhai – Contradictions old man’ traduzione dal cinese all’inglese di A. Kalisz; dall’inglese all’italiano, mia. In ‘Collection of essays about Yiquan published at A. Kalisz’s site in years 1996 – 2007.

3. Master Yao Chengguang answers question; traduzione dal cinese all’inglese di A. Kalisz; dall’inglese all’italiano, mia. Ibid.

4.Yao Zongxun ‘General characteristics of Yiquan”; traduzione dal cinese all’inglese di A. Kalisz; dall’inglese all’italiano, mia. Ibid.

5. Leib è il corpo vivente, abitato, di cui faccio esperienza, che è me. Körper è il corpo-cosa, il corpo nella sua materialità, corpo oggettivizzato, quello che come una maglia allungo, stiro, accorcio, ripiego come se fosse altro da me, come se non fosse me e come tale suppongo (erroneamente) non mi influenzi fino a determinarmi nel pensare, negli stati d’animo, nell’agire a seconda di come lo tratto.

6. “La mente è incorporata, nel senso più pieno del termine, non soltanto intrisa nel cervello” (A. Damasio ‘L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano)

7. A conferma delle capacità del Maestro Yang Li Shen, posso scrivere che due miei allievi, già plurigraduati cintura nera presso di me e con qualifica di Maestro, i quali stavano cercando una loro autonoma strada marziale, studiarono per diversi anni col Maestro Yang Li Shen. Ambedue raggiunsero la qualifica di Insegnante e gradi superiori, quarto e sesto, entrando nella ristretta cerchia dei discepoli a lui più vicini, almeno fino a quando il Maestro lasciò l’Italia e la sua organizzazione si sbriciolò. Io però non rimasi affatto colpito dal suo modo di insegnare, che mi risultava dogmatico e per nulla corrispondente allo spirito di quell’Arte come descritto invece dal Maestro Guo Gui Zhi: “D. Ci sono allenamenti codificati nel Dacheng Chusn / Yi Quan? R. No, nulla di predeterminato. (omissis) Il lavoro di visualizzazione, di sensazione e sullo spirito fa parte del metodo interno. Yi si può tradurre con volontà e spirito”. (Intervista di cui ho conservato traccia scritta ma non il riferimento bibliografico)

 

Spirito Ribelle. Sempre nuovi giochi di formazione

 

 




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