mercoledì 4 dicembre 2013

Del Maestro e del Sensei. Dell’autorità che impone e della guida che ti appassiona al vivere.

“Non bisogna mai dimenticare che molto spesso i maestri sono l'ostacolo più pericoloso per l'apprendimento”
(B.P.Keeney)

“Il segreto dell'Arte Marziale,
risiede nell'Artista Marziale medesimo”
   (Kuo Cho Hiu)

L’allievo mi sorride, mente parla piano dei suo incontri, dei suoi cambiamenti. Alcuni dovuti proprio a quegli incontri.
Ripenso ad “Incontri con uomini straordinari”, un intenso libro scritto da Gourdjieff, letto negli anni delle mie frequentazioni con chi in quella Scuola cresceva.
Ecco, a volte questi “uomini straordinari”, più che per loro caratteristiche eccelse, sono tali, sono forieri di scoperte ed apprendimento, perché hanno vissuto, hanno errato ( nel duplice significato di aver sbagliato, di essere caduti, e di ricerca senza limiti, col sapore dell’eresia ) e possono offrire all’allievo, a chi gli sta accanto, un’esperienza precedente, una mappa; per quel che può valere un’esperienza che mai è generalizzabile ed una mappa che non è mai il territorio.
Sciamani ben poco sant’uomini, il cui pregio principale è non aver cercato riparo dalla bufera ed ora possono offrire la loro esperienza di “sopravvissuti” a chi dalla bufera è ora sorpreso o, addirittura, alla bufera va incontro.
Uomini, facilitatori, Sensei (“colui che è nato prima”) che operano per l’individuazione e la realizzazione di chi cammina al loro fianco mentre questi impara da sé come e dove andare: relazione  interumana.  Che è, reciprocamente, relazione conflittuale; di empatia, di più, di simpatia per l’altro e di accettazione, magari anche critica, di cosa l’altro va a diventare; di induzione alla curiosità  e al coraggio nel stare davanti a quell’incognita che la curiosità stessa ci fa incontrare.
Ora l’allievo mi dice che a volte, a casa la sera, ripensa con frustrazione e sconforto a come si è mosso in pedana, ai miei suggerimenti critici, e gli pare di essere ancora fermo, di non aver appreso nulla. Ma la volta dopo è ancora lì, in pedana. A provare e riprovare su di sé, fino all’insight improvviso, che gli illumina l’agire: “Ecco, è così che mi piace muovermi, è così che funziona !!”
Come mi piace sentire le sue parole.
E’ questo il sano rapporto che vado proponendo allo Z.N.K.R.
L’ idealizzazione del “Maestro” annulla ogni dialettica. Come brutta copia della Bibbia, l’allievo che idealizza il Maestro si nega la possibilità di nascere e diviene creta perché il soffio di un altro gli dia l’identità. Dove sta, così, l’individuazione ed il percorso personale ? Ridicolo pappagallo che ripete a comando. Individuo che, nell’idealizzazione, in ogni momento può proiettare, può scaricare, sul Maestro i propri deliri di onnipotenza quanto le proprie personali incapacità: tanto è sempre merito o colpa del Maestro !!
Penso, poi, alla fortuna che hanno i miei allievi. Si perché essi, in quanto vengono dopo “colui che è nato prima” hanno, potenzialmente, maggiori possibilità di crescere ed autodeterminarsi. Ovvero, per così dire, scalzano il Sensei, lo “invecchiano”.
Questo mi piace, ma chissà se piace anche al “Maestro” che, temendo di perdere il suo potere, la sua “sovranità”, magari insegna a non imparare, a non fare domande, a non cercare né realizzarsi.
Sarà che, dal punto di vista dell’allievo, l’incessante domanda di “padre”, di autorità che tutto spiega rassicurando, di certezze, cela sempre l’insidia di coltivare un’attesa infinita e sciatta di qualcuno che non arriverà mai. E quel qualcuno, in realtà, è forse l’allievo stesso, povero specchio di un Godot assente !!
Teniamoci lontani da questa doppia cuspide, così appuntita e letale per chiunque sia in cammino, per chiunque studi e pratichi per crescere.
Mi arrivano alla mente le parole di ex allievi… quello che, comunque sincero nel suo ritrarsi, annunciava di smettere perché, guardandosi dentro, avrebbe dovuto mettere in crisi le sue scelte familiari; quello che, rivolta la sua attenzione a pratiche muscolo-machiste,  nell’ammettere di essere più grossolano, rivendicava però la soddisfazione di essere meno confuso; quello che se ne era andato perché le botte erano troppo dure e quello che se ne era andato per il motivo opposto, ambedue senza chiedere nulla a sé ma solo giudicando il compagno di lotta, l’altro.
Ad ognuno la sua strada.
Al Maestro l’essere Laio, colui che abbandona il figlio, non permettendogli di coltivare desideri, domande, una strada tutta sua. Perché lui per primo non si è interrogato, non ha lavorato per una sua realizzazione creativa personale.
All’allievo di costui l’essere Godot, il nome di un’assenza, nostalgico spettatore di un padre – eroe che non arriverà e non lo salverà, non lo può salvare.
Al Sensei l’essere Ulisse, colui che errando per mare conosce le cose del mondo, le sue tentazioni ed i suoi misteri, fidando nel ritorno ad Itaca che ,come già scrissi citando il poeta Kafavis:
Sempre devi avere in mente Itaca,
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezza da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti ?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà
deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso,
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare
Al buon allievo l’essere un po’ Edipo, nella parte di “abbandonato” che si mette alla ricerca delle sue origini e di come costruire il suo destino; un po’ Telemaco, la cui attesa del ritorno del padre è fatta di autonomi tentativi di emancipazione, un attesa non certo di un padre padrone ma di un padre testimone: colui che del mondo e del vivere, sappia offrirti  il desiderio e la responsabilità. Starà a te, buon Telemaco, cosa farne.

“E la conoscenza nuova risulta dal porsi nuove domande; molto spesso nuove domande su vecchi problemi. E questo è il punto: una volta che avete imparato come porre le domande – domande importanti, appropriate, sostanziali – avete imparato ad imparare e nessuno vi può trattenere dall’imparare tutto ciò che volete o avete bisogno di conoscere”
(N. Postman)

“Devo lasciarti ora, amico mio.
Hai un lungo viaggio davanti a te, e devi viaggiare leggero.
Da questo momento in poi, lasciati dietro tutto il fardello di conclusioni preconcette e ‘apriti’ a tutto e a tutti coloro che troverai lungo il cammino”
      (Bruce Lee)


Post illustrato con opere di René Magritte, detto anche “le saboteur tranquille” o “il pittore del mistero”.






5 commenti:

  1. Come sempre trovo i tuoi pensieri molto interessanti e degni di attenzione; quello che più stimola il mio intelletto leggendo quest'ultimo, è l'importanza inscindibile che un "Buon Sensei", per definirsi tale, deve possedere anche buone capacità di relazione.
    Relazione, relazionarsi, condividere, capacità di ascolto, bramosia di imparare, voglia di scoprirsi, disponibilità nel mettere/ rsi continuamente in discussione, gestire comunque una lezione in pedana al di là delle proprie condizioni del momento. Così come tu ci inviti a "simulare" lo sguardo predatore in una condizione del tutto anacronistica, quello che tu spesso definisci "immaginare" una reale situazione di pericolo e poi provare a seguire tutte le tue istruzioni......
    Relazione è quindi una qualità a specchio tra il sensei e il suo allievo, per me alla base di una buona pratica marziale e tutte queste cose le ritrovo ogni volta che entro nel nostro Dojo e che scelgo te come mio Sensei.
    Oss! Tina.

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  2. Se il Sensei, o Sifu, come tu dici instaura un legame di dipendenza ai suoi allievi la vedo dura che questi pssano uscire del nido e volare liberi e soli, con le proprie ali..non ho figli ma, per quanto ne sò è un pò come tanti padri che danno ai figli ogni cosa, li assecondano su tutti i loro desideri e bisogni per un loro bene (?). Quale il bene per un figlio, se non vederlo percorrere con le proprie gambe, le proprie scelte e gli errori, poichè con essi impara,cresce e si brucia anche sì..ma solo in questo modo può camminare da sè. Al contrario, in questi tempi dove i ragazzi vengono accontantati su ogni cosa e hanno tutto cosa possono imparare?il padre dà loro i giochi anche se piangono, un giorno magari gli troverà un lavoro, gli comprerà una casa, e magari gli troverà pure la maglie come piace a lui (al padre..). Che tristezza...
    e la differenza la vedo in molti frangenti quando aiuto Celso con ragazzi che provengono da famiglie più o meno benestanti e quando ci incontriamo invece in quartiere popolare dove il disagio (non solo economico) è la routine...
    Del resto la Stella cometa illluminava la Via ai Magi per trovare il loro Dio, non che io sappia almeno, li hai mai invitati a cena facendo le presentazioni..anche perchè magari gli avrebbe presentato u Dio che non era il loro?succubi della dipendenza dalle parole della Stella Cometa? ;)

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  3. Aimè io mi sento un pò tutti quegli ex allievi; spesso esco frustrato dal Dojo perchè avrei voluto "muovermi" meglio oppure avrei voluto essere più aggressivo col compagno.
    Spesso preferirei un "allenamento" più pugilistico ignorante con la consapevolezza però che m'annoierei in breve tempo.
    Quasi sempre vorrei imparare PRIMA a danzare sulle punte e DOPO infiammare il palco, non vinceversa!
    La mia unica vera certezza sta nello spirito pienamente appagato nel giorno successivo alla mia pratica nel kenpo; perchè (purtroppo) tutti i limiti in pedana son solo miei!
    Quindi cosa dire ad un Sensei in continua evoluzione che predica il metodo senza metodo se non grazie!?!
    Oss


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  4. Sì, Giovanni, hai colto nel segno, come pure tu, Puppet.
    Per questo rivendico l’importanza di dividere tra il Maestro ed il Sensei.
    Il primo, come ho scritto, all’allievo dà il saputo, il già costituito, spinge, cioè, alla coazione a ripetere.
    E il sapere siffatto si tramanda per mezzo di servi addetti ad imparare a memoria e ripetere all’infinito. Mi viene da sorridere amaramente: le ripetizioni, il ripetere, la certezza data del vero, sono strumenti fondamentali, ottimi, per la cura della disabilità mentale. Qui, sono usati per ottenere l’inverso ?
    Il Sensei, per dirla con il matematico Henri Poincaré, è invece colui che crede che “creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”.
    Lo scontro frontale del primo e di chi ne condivide il percorso, avviene contro l’ istituzione ( che siano federazioni o il maestro stesso, o lo stile, o il “sapere dato” come “istituzione” ) che nasconde l’assenza di uomini.
    E mi spingo oltre. Mi spingo a scrivere che il “servo”, il drogato di certezze, è colui che infila nelle discussioni la sua codardia interiore, la sua incapacità di guardare il suo malessere, di affrontare i contenuti della sua vita e distorce quanto gli altri scrivono, propongono, come distorcerebbe, se potesse, lo specchio del suo quotidiano che gli rinvia un’immagine di sé deludente, anaffettiva, stropicciata e minuscola rispetto alle sue aspettative. Per buttarla sul ridere, potremmo dire che ogni italiano è Commissario Tecnico, anche se il calcio professionistico lo ha solo visto allo stadio, e nemmeno quello dilettantistico ha praticato, eppure ogni italiano giudica e disserta di moduli, tattica, formazioni. Dunque, non c’è da stupirsi se, su social network o forum, c’è chi scrive e giudica di argomenti e pratiche che non conosce, di cui non ha esperienza, inanellando figure barbine. Pensa se io giudicassi e sentenziassi e dissertassi di bilanci e prima nota o di filmografia alla “cinepanettone” ? Ma la mia professionalità, come le mie passioni, si giocano su counseling, terapie fisicoemotive, accoglienza ed empowerment, Arti Marziali, formazione corporea !! Su questo ho da esprimermi, confrontarmi ed eventualmente ravvedermi nel dialogo con altri che di questo abbiano “esperienza”.
    Dunque, noi allo Z.N.K.R. continuiamo così: “La creatività è ri – azione poiché presuppone una essenza fisica e/o psichica che si manifesta in ‘forme’ nuove. Non si può parlare quindi di creatività senza parlare di movimento, di trans-form-azione, e perciò di una Forza che rivela la dinamica vitalità di tutto l’universo: è il linguaggio con il quale il Tutto e ogni cosa si esprimono”. (S. Guerra Lisi. GdL marzo 2012).
    Agli altri lasciamo la riflessione del matematico e fisico J.A. Yorke: “Questa idea di un universo – macchina a orologeria non ha nulla a che fare con il mondo reale”.
    Noi pratichiamo Arti Marziali come sapere del confliggere. Agire fisicoemotivo efficiente per lottare efficacemente, come metafora e metonimia del relazionarsi, del confliggere quotidiano.
    Poi, io, un “cinepanettone” me lo guardo anche volentieri per farmi due risate, ma dedicare tempo, energie e soldi a vedermeli metodicamente due sere la settimana …. no grazie !!

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  5. Bello descrivere con parole di lode e gratitudine il proprio Sensei.

    Mah? … Davvero possiedi lo sguardo predatorio, Davvero sei capace di gestire l’immaginazione, Davvero stai nel qui e ora, e poi, Davvero è tutto così Bello, Fantastico e bla bla bla … (?)
    Eppure spesso non è così.
    Per svariati motivi, comunque sta di fatto, che non è così.

    A mio parere chi vede e pratica così: è ancora “Fermo” è ancora “Tiepido”
    (cioè, non sai ne di sale ne di pepe) e soprattutto, sei ancora Falso con Te Stesso che è la cosa peggiore, non solo nelle Arti Marziali ma nella tua propria vita.
    Apprezzo e sento molto vere le parole sincere di Puppet, (scusa, ma chi sei? :-) ) che ascolta se stesso è in pedana -per -se -stesso -.
    E condivido naturalmente le parole di Giovanni.
    La Sincerità è la Vera Nudità che ti porta davvero a metterti in gioco.
    Auguro a chi trova tutto così bello e gioioso e gaio di trovarsi in un vero scontro – e- poi - ne – parliamo -.
    Se hai la sincerità di farlo e di metterti davvero in gioco.

    Il Sensei che conosco, possiede il bramito dell’Orso e ha gli occhi della Tigre.
    E’ un rompipalle pazzesco.
    Dove ti trova in difficoltà “ci butta sopra il sale” e mette il dito nella piaga.
    Non è con le carezze e i sorrisini che ti fa crescere, anzi, ti lascia indietro.
    E’ nell’impegno è nel vero sudore nel fargli sentire che hai paura e che sei in difficoltà, ma che non molli, combatti fino a quando non trovi il tuo “movimento” fino a quando non sei davvero consapevole che hai la padronanza del tuo corpo, ma soprattutto, del tuo IO e- ci- credi- e -ci –stai -.
    NO piangersi spesso addosso. NO sbruffone macho.
    Per questi motivi ti rispetta e ti considera.
    Non puoi essere come lui, lui, porta con se la sua storia e la sua personalità, tu hai la tua, e dovresti combattere per proteggerla, per migliorala.
    Questo è Forgiarsi, non solo nel divenire un Artista Marziale ma è Forgiarsi per la vita "Che ti Appassiona al Vivere" fuori dal dojo.
    Questo è Bushidò.
    Grazie Sensei.

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