Pranzo offerto da Stefano
per il suo passaggio a shodan –
1° dan
Battignana. Domenica 24 Luglio
Sotto il bel sole delle colline alessandrine, l’acqua
della piscina davanti, la buona tavola ed il gruppo di artisti marziali ed
amici. Che desiderare di più?
So che col tempo, tutto se ne va via, nel pozzo
dell’oblio a dimenticarsi di volti, voci e gesti. Anche se il cuore, i cuori
degli artisti ed il cuore della Scuola, batte ancora, forte è la tentazione,
sempre, di non andare a cercare più in là, di lasciar stare come se andasse
bene così.
Ma così non è, non è mai stato in questa Scuola, in
questo clan di artisti eretici guerrieri.
E di periodi di travaglio, di transizione, in cui gli
allievi si sono disorientati, fino a perdersi, fino ad andarsene sbattendo la
porta, ne abbiamo attraversati tanti, nel passare dal karate Shotokan duro e
rigido della scuola Shirai a quello
avvolgente della scuola Kanazawa, nell’abbandonare la certezza di uno stile
codificato e riconosciuto per scavare nelle incerte origini del Kara – te di
Okinawa al seguito del Maestro Tokitsu, nel tirare forte a contatto praticando
quello che allora si chiamava “Contact”, nell’abbracciare un metodo flessuoso e
potente come lo Yoseikan Budo del Maestro Mochizuki, nell’attraversare il Kenpo
Taiki Ken del Maestro Yamazaki Ansai, e poi ancora …
Ogni passaggio, ogni guado, sono stati momenti di
incontri serali, di lezione, spesso difficili, a volte noiosi, anche perché lo
scotto del nuovo da innestare, del nuovo da imparare e masticare e digerire lo
pagavano, in pedana, soprattutto gli allievi: io vedevo, avevo sufficiente
comprensione di dove andare, ma erano loro le prime, innocenti ed incaute cavie,
di questa nuova svolta, di questo nuovo viaggio che io, a mia volta, stavo
imparando. Non posso non assumermi la responsabilità di lezioni e serate
noiose, difficili, di allievi che non sono riuscito ad incuriosire, di allievi
a cui non ho saputo chiedere la pazienza dell’attesa mentre pretendevano
certezze.
Ma, entrare allo Z.N.K.R., praticare Arti Marziali
rispettandone l’autentico spirito, di più, scegliere di accompagnare un eretico
e stralunato ricercatore come me, mai sazio di certezze e sempre volto al
dubbio, significa SEMPRE mettersi in
gioco.
Perché colui che ricerca il “sapere”, vive nel costante incomodo
che affiora dall’accostare ciò che è e ciò che percepisce di dovere e potere
essere. Il guerriero, ossia chi compone l’arte del confliggere, vive una costante
trepidazione che è ignota a chi non ha assaporato il sapore della conoscenza e
le sue infinite forme che sono trans – forme, che sono l’identificare il male,
la sconfitta, con la fissità, perché egli sa che la sua vita è solo quella che ha vissuto.
Ciò che irrora il guerriero, ossia chi compone l’arte del
confliggere, è l’esaltazione che origina dal senso di stupore che accompagna
ogni sua scoperta, forte della consapevolezza per cui ogni evento esterno,
dunque anche un cambio di rotta, di passo, di agire corpo, si sintonizza con la
figura psicologica, fisicoemotiva, del momento: “La verità esterna è una verità interna”, scriveva Ernst Bernhard,
pediatra, psicoterapeuta e studioso del pensiero asiatico. Lo stupore, anche quando percorso da oscuri turbamenti, è un temporaneo stato di estasi, di coscienza espansa, nel momento in cui incontriamo un mistero e ne entriamo in contatto. Ed ogni nuovo stupore origina quella inquietudine che è ricercare, aspirare ad un nuovo stupore: ogni porta aperta su una stanza, ci mostra mille e mille porte verso altre stanze.
So che col tempo, tutto se ne va via, anche i ricordi più
cari, anche i volti a cui più ti sei affezionato, eppure mi spiace per chi non
è rimasto a lottare per un sapere diverso, che il tempo, i raffronti, ha ogni
volta mostrato più forte, più efficace.
Forse, non a tutti è dato stupirsi, come io non ho
sapientemente aiutato tutti a sapersi stupire.
Stupirsi, lasciare le certezze per coltivare dubbi, è una
pratica che tanto devasta e demolisce quanto esalta edapre verso nuove
conquiste; sorta di Fenice condannata all’eterna resurrezione, di potere in
grado di ribaltare i punti di vista e lasciar intuire soluzioni impensate,
vitalità nascoste ed energie profonde laddove altri non vedono che il nulla, la
superficie, o poco più.
Allora, guardo questa tavolata di guerrieri, compositori dell’arte
del confliggere, e mi compiaccio di loro o almeno di quelli che tra di loro mi
sono accanto ogni giorno, nel percorso, nell’arte dello stupirsi, e non
escludo, chissà, con l’arrivo in Dojo di nuovi aspiranti ricercatori, di
rivedere in pedana qualche volto, qualche sguardo già visto che abbia in sé,
nuovamente, il seme dello stupore.
“Quando
guardo una montagna, aspetto sempre che si converta in vulcano”
(Anonimo)
Sguardi che hanno in sé il seme dello stupore. Negli ultimi mesi della mia vita ne ho incontrato alcuni. Sguardi che ho avuto il piacere di fotografare. Espressioni affaticate ma vive. Incontri che definirei karmici...la sensazione di pace e di ricongiungimento provata con alcuni di voi al nostro primo incontro, quel sabato pomeriggio alla Rotonda della Besana,la serbo nel cuore come un prezioso tesoro trovato negli abissi di un mare tempestoso sopra il quale poi è sorta una bellissima nuova alba.
RispondiEliminaGrazie per avermi accolta quel sabato pomeriggio e per il vostro modo di farmi sentire sempre parte di questa vostra esperienza.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina