Nel mio personale percorso di studio e pratica corporea,
volto a migliorare me stesso come ad offrire ai clienti di Body Counseling ed agli allievi dei corsi di Arti Marziali una visione davvero completa e profonda delle enormi
possibilità che il corpo ci consente, sto praticando
Body-
Mind Centering.
Il Body-Mind Centering (BMC) è un approccio integrato
all’analisi e alla rieducazione del movimento somatico:
attraverso il movimento noi facciamo esperienza della
mente e del corpo
e
abbiamo una chiara percezione di noi stessi,
accrescendo
la consapevolezza e l’efficienza con cui
operiamo nel mondo.
Questo
è l’assunto che permea ogni mia pratica e ricerca, ed
è lo stesso anche del BMC.
Negli ultimi seminari fatti, ho affrontato il sistema fasciale, il tessuto connettivo.
La fascia è una rete elastica, un mondo liquido che si
muove, si rigenera , si addensa in continuazione.
Come l’acqua, essa tende a conservare la sfericità nelle
sue circolazioni, si muove in superfici ritorte che si intersecano e traggono
origine dalle molteplici formazioni di anse e sinuosità: un movimento fluente a
forma elicoidale.
Essa collega alcune strutture, mentre consente ad altre
di scivolare una sull’altra. Le fasce sono dunque strutture flessibili capaci
di resistere a grandi forze di tensione e di trasmettere in tutto il corpo la
tensione meccanica generata dalle attività muscolari o anche da forze esterne.
Nei momenti di addensamento, ovvero i legamenti, questi
tengono insieme le ossa, dando loro i limiti entro cui può accadere il
movimento. Coordinano e indirizzano le risposte muscolari, facendo da guida al
percorso del movimento attraverso le ossa, assicurando così la precisione, la pulizia
e l’efficienza necessarie all’allineamento e al movimento delle ossa stesse.
Quando tutti i legamenti di un’articolazione sono impegnati, il movimento di
quell’articolazione raggiunge un alto livello di accuratezza e può essere
trasferito in totale distensione alle successive articolazioni.
Nella Medicina Tradizionale Cinese, la fascia è
considerata come il “letto fluviale grazie
al quale i meridiani trasportano il Qi” (il che non cozza con la visione
anatomica “allopatica”).
Dunque, comprendere e migliorare lo stato della nostra
fascia elastica, ci aiuta:
Ø ad
avviare il movimento a partire dai legamenti;
Ø ad
agevolare nei legamenti la libertà di movimento, la resilienza, la forza e
l’integrazione, utilizzando il tocco e la riorganizzazione dei pattern
neurocellulari di base, che sono la sintassi del linguaggio del movimento. Essi,
infatti, sono le fondamenta per lo sviluppo di tutte le relazioni percettive, comprese
quelle relative all’immagine corporea e all’orientamento spaziale, e per l’apprendimento
e la comunicazione;
Ø ad affrancare
i legamenti dalle tensioni dei tessuti circostanti;
Ø ad integrare
i legamenti rispetto ai corrispondenti piani fasciali.
Se, come io faccio da vent’anni, interpretiamo il nostro
corpo non come una struttura rigida ma come una tensostruttura, una sorta di “tenda da campeggio” in cui giocano un
ruolo chiave il terreno su cui poggia e l’equilibrio delle tensioni di tutti i
tiranti, scopriamo l’importanza di quella che è chiamata tensegrità.
Essa si può definire come la capacità di un sistema di
stabilizzarsi meccanicamente tramite forze di tensione e di decompressione che
si ripartiscono e si equilibrano fra loro.
Come io pratico e propongo ogni sorta di movimento, sia
esso finalizzato ad un intervento fisicoemozionale di cura di sé o di difesa da
un aggressore, esso si sostanzia di:
ü relativo
impegno dei muscoli superficiali di contro ad un grande coinvolgimento dei
muscoli profondi e di legamenti e tendini;
ü ampio
coinvolgimento della fascia come elemento di interconnessione fra le varie
parti della struttura corporea.
Così, risulta semplice comprendere, a titolo di esempio,
in che modo una forza che tenda ad investirci (sia essa la spinta di un
avversario come di un evento relazionale che ci turbi quale una delusione
sentimentale, un insuccesso scolastico o lavorativo, un momento di depressione)
possa essere assorbita attraverso il radicamento e il rilasciamento per essere
poi restituita /allontanata elasticamente sfruttando proprio il principio di
tensegrità, quel meccanismo di “compressione/tensione elastica” nel quale la fascia ricopre un ruolo fondamentale.
L’armonia non è quiete,
è l’arte nobile del
trarre forza dall’altro
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