Sole pieno, in una piazza dominata dallo splendido Duomo e brulicante di turisti.
Entro al “Museo del Novecento” per una mostra che “approfondisce
le vicende del movimento futurista”.
FuturLiberty
La mostra è davvero esaustiva:
Decine e decine di opere ben esposte e, per quel che vale “spiegare” un’opera
d’arte, accompagnate da brevi commenti.
Mi piace alternare la lettura del testo al vedere il
dipinto, quanto a fare l’inverso e, in quest’ultimo caso, ritornare al dipinto
stesso per sentire cosa mi suggerisce, mi indica ora.
Questo all’interno di processi mentali che sono
tendenzialmente comuni a tutti noi quando guardiamo.
- Osserviamo una serie di elementi e spontaneamente li
avvertiamo come un insieme. Quando alcuni elementi sono diversi dagli altri e
sono invece simili tra di loro, li avvertiamo come se fossero più in “superficie”,
formando un insieme a parte.
- La mente è incline a semplificare gli stimoli visivi per comprendere
il senso di ciò che si vede nel modo più rapido possibile. Per questo, tende a “vedere”
il tutto, prima delle singole parti. A volte, per raggiungere questo risultato,
la mente riempie gli spazi vuoti tra singoli elementi per completare le forme,
anche quando esse non sono complete ma solo suggerite … così agendo in modo ampiamente
soggettivo.
Sono molte altre le “tendenze” spontanee ed inconsce che
governano il nostro guardare (simmetria, connessione, continuità) ma bastano i
primi due succitati per capire che futuristi, vorticisti, cubisti ed
astrattisti le conoscevano molto bene e sapevano come utilizzarle nelle loro
opere per indirizzare in un certo modo lo sguardo – pensiero dell’astante.
Ma guardare è sempre e comunque azione corporea. Così
mi sono divertito a diversificare posture e gesti per diversificare sensazioni
ed emozioni nel mio rapporto con le opere presenti. Ho scoperto delle
rispondenze con alcune delle opere esposte, là dove il mio essere
fisicoemotivo, nella relazione, scopriva più introspezione o più empatia con
l’altro, più radicamento o più curiosità verso l’ignoto.
La spinta futurista al movimento, visibile in numerose
opere dalle figure appena abbozzate o nascoste dentro i colori, mi induce ad
accettare sì l’indistinto del movimento ma anche a sentire cosa è per me
correre, come percepisco le gambe quando vedo qualcun altro correre, come si
forma il corpo tutto nella corsa … e il mio respirare resta tranquillo o,
impalpabilmente, muta di tono come se fossi io a correre?
Ci sono numerose opere astratte. Ecco, davanti a queste
tele dove la figura è assente, dove dominano colori pare privi di pennellate,
oppure distese di bianco, percepisco che lì nulla abbia a che fare con il
reale, la storia e la cultura come ci sono generalmente trasmesse. Questa
mancanza, mancanza di ancore e riferimenti, come incide su me corpo? Questi
“misteri”, o scarabocchi potrebbe anche essere, come si rapportano con le mie
chiusure e le mie aperture al mondo, al fuori di me? Dove sono più lieve e dove
più pesante? E quanto il dipinto sparisce, svanisce ai miei occhi, lasciandomi
tutto lo spazio e il tempo per immaginarmi nel mio personale “qui ed ora”?
I cartelloni che introducono i vari padiglioni sono
ulteriore elemento di riflessione: “Manzoni sostiene che il senso del lavoro
artistico non dev’essere la rappresentazione di qualcosa, ma un’ ‘infinibilità
(…) rigorosamente monocroma, o meglio ancora di nessun colore’ ”.
Che senso ha tutto ciò con il passato? Col farne “tabula
rasa” per aprirsi all’ignoto? O c’è una continuità sotterranea, non
esplicitata, una metamorfosi, per dirla con le parole del filosofo Edgar Morin:
“Ci troviamo dinanzi a un principio sistemico chiave: il legame tra
formazione e trasformazione. Tutto ciò che forma trasforma”? Forse queste
opere ci suggeriscono un domani in cui l’uomo viene decentrato davanti ad un
mondo che gli sfugge completamente? Un mondo che si ribella al suo dominio, al
suo delirio di onnipotenza?
E come io vibro di corpo e respiro davanti a queste
domande?
Guardo il movimento, la quarta dimensione di Boccioni, De Pero, Balla e il mio essere fisicoemotivo va ai FushimeTaiso: i movimenti al suolo di aprire e strisciare, lo stimolo dei principali nervi riflessi che precedono e accompagnano lo spostamento nello spazio che è già anche comunicazione, che è aprirsi e chiudersi come nelle più elementari tattiche di difesa ed attacco, che è torcersi e ruotare come nel Pa Kwa.
Sono le “Natura morta” di Morandi, con quelle bottiglie e ciotole accomunate ed insieme separate a parlarmi di semplicità, di minimo sforzo, di poco che produce tanto: onde e s
pirali corporee, altro che vistose rotazioni dei fianchi, altro che muscoli ipertrofici per praticare Arti Marziali efficacemente.
Come sempre, grande esperienza quella di partire da una
fisicità consapevole per relazionarsi ad opere d’arte!!
Ecco, tra palestre affollate di
corpi “korper” ovvero oggetti, oggetti piegati ai dettami della moda, corpi
alienati, di individui ancora fermi al “mens sana in corpore sano”,
inconsapevoli seguaci del pensiero cartesiano, non posso che essere felice di
essere corpo “leib”, corpo vivente, abitato, vissuto, corpo
che sente e patisce, immerso nel confronto corpo / mondo.
“Il
potere dell’arte è il potere della sorpresa che disorienta” (S.
Schama)
Museo del Novecente
Futurliberty -Avanguardia e stile
Dal 25 Aprile al 3 Settembre
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