Sì, che palle con queste esternazioni ed elucubrazioni, con questi saccenti “pistolotti” sull’importanza dell’educazione per prevenire gli atti violenti o i comportamenti devianti, sulla violenza e l’aggressività come male da estirpare nella mente e nella coscienza degli individui.
Poi, nei salotti televisivi, politici, giornalisti,
intellettuali danno quotidianamente spettacolo di violenza, prevaricazione,
maleducazione: urlano l’uno contro l’altro, alzano la voce interrompendo
l’interlocutore e gli scrivono cartelli offensivi mostrandoli alle telecamere.
Non di meno si comportano gli stessi politici, in camera o senato come nelle
sedi istituzionali di regioni e comuni, arrivando anche a mettersi le mani
addosso. (1)Un K.O. alla violenza sulle donne di G. Mattu
Se da un lato questi spettacoli grotteschi consentono al
potere di restare tale inducendo gli spettatori a prendere le distanze da un
simile mondo, dunque annichilendo ogni voglia di partecipare alla vita
pubblica, anche solo di votare, dall’altro sono essi stessi portatori e
seminatori di violenza e prevaricazione; inducono e incoraggiano a riprodurre
quegli stessi atteggiamenti nella vita quotidiana di ogni singolo; giustificano
l’uso della violenza e della prevaricazione. Salvo poi censurarli in un cortocircuito
schizofrenico di cui chissà se si rendono conto.
I dati Eurispes del 2022 (2) e quelli ISTAT sui
crimini violenti come pure quelli di Federfarma sull’abuso di psicofarmaci, quelli
inquietanti sulla crescita della ludopatia e sul consumo di alcool, stanno a
testimoniare lo stato di malessere e violenza che alberga nella società e non
cessa, anzi, cresce!!La punizione di Marsyas di T. Vecellio
“Un
secondo importante ambito di esacerbazione della violenza riguarda invece la
zona grigia delle lesioni personali – dai furti violenti alle estorsioni, dalla
gelosia (non solo sentimentale, ma anche in famiglia, tra compagni di lavoro o
tra amici) alle aggressioni per futili motivi, dalle risse al bar o in
discoteca ai litigi tra vicini e automobilisti per precedenze o parcheggi
“rubati”. (Educazione e violenza: parliamone. Alcuni elefanti nella
stanza in ‘Charta Sporca’ Settembre 2023).
Violenza e aggressività sono
marchiate come “il male”, qualcosa di estraneo ad esseri umani che si reputino normali
ed equilibrati, una nefasta macchia da sbiancare, da cancellare dal lindo
corredo dell’uomo buono. Come se Freud e chi è venuto dopo di lui, non avessero
spiegato niente; come se gli studiosi di polemologia non avessero ampiamente
messo in risalto natura e funzioni della guerra e della violenza, che piaccia o
meno, che disturbi o meno, le “anime belle” le quali pontificano dall’altro del
loro potere politico o mediatico.
Il corpus delle pulsioni umane non può né essere negato né
essere cancellato: troverà sempre il modo di sfogarsi. Allora la questione è
riconoscerle, accettarle e “sfogarle” in modo consapevole, indirizzarle, fin
dove possibile, verso scopi socialmente accettati quando non utili.
Chi è al potere lo sa, tanto da
offrirne sfogo e sublimazione in campi che non disturbino più di tanto il
mantenimento dello “status quo” o addirittura convergano sul suo rafforzamento,
in un pericoloso miscuglio di spinte dove convivono la vetrinizzazione e il
narcisismo estetico di corpi ridotti ad oggetti; la bulimia di cose ed oggetti
da comprare, da esibire; la pornografia dei sentimenti esposti in pubblico
ovunque; gli eccessi e l’illegalità coperti e tollerati nei ranghi degli ultras
sportivi; la censura del gioco illegale mentre lo Stato guadagna su quello
legale mietendo migliaia di vittime affette da ludopatia; la spinta a fare del
lavoro il principale se non unico ambito di realizzazione personale (3),
ecc.
L'uomo di latta con Dorothy di A- Siviglia |
Già educare, nel suo significato di “condurre fuori”, mi
pare vocabolo fuorviante: stabilisce un’autorità neutra, incontaminata, che
“conduce fuori” l’altro, chi è subalterno, chi giace nell’ignoranza. Visione
rachitica, claudicante. Visione che esclude un qualsiasi coinvolgimento dei
soggetti “alti”, educatori, nella relazione; di più, esclude che i presunti non
– valori degli educati non coinvolgano gli educatori medesimi: Il che, come
scritto sopra, è ampiamente smentito dalla realtà.
Rapportarsi alla violenza, all’aggressività, ad ogni
comportamento considerato deviante, significa invece che nessuno può ritenersi
estraneo alla contaminazione; significa anche riconoscere che violenza,
aggressività e comportamenti devianti, sono intrinsecamente connessi alle
pulsioni e alle istituzioni umane.
Personalmente, credo che si
dovrebbe parlare ed operare in termini di formazione, che è un percorso
che vede il soggetto stesso come attore principale.
Già Lev Tolstoj, in un articolo del 1862 sulla rivista “
Jasnaia Poljana” scriveva: “La differenza tra il concetto di educazione e il
concetto di formazione culturale risiede solo nell'imposizione, che
l'educazione si crede in diritto di esercitare. L'educazione è la formazione
imposta”.
Oggi ci è ancora più chiaro che perché abbia probabilità di
essere efficace, ogni processo di crescita ha alla base l’affermazione che lavoro
molto meglio se sono io a volerlo fare, non se devo farlo; che se lo voglio
fare, è per me; se lo devo fare è per altri. Perché “La nostra motivazione interiore
dipende dalla libertà di scelta” (J. Whitmore “Coaching”).Il silenzio della violenza di G. Alberici
Tutto ciò stronca ogni assunto che l’educando sia
fondamentalmente un passivo ricevitore, che l’oggetto (“la materia”) da cui si
origina lo stimolo è importantissimo, e che l’educando non abbia altra scelta
se non sforzarsi di capire lo stimolo così come esso è.
Personalmente, nel mio piccolo
e data la mia, pur modesta, esperienza politica condotta per sola passione
prima e poi professionalizzata che mi ha fatto schifare di quel mondo, nel
1980, con alcuni compagni di viaggio, fondai un gruppo in cui la cultura
della partecipazione e della condivisione fosse egemone, e la storia più
che trentennale dello ZNKR lo sta a dimostrare (4). Un gruppo in
cui fosse decisivo il processo di conoscenza e trasformazione personale, e
chissà mai che avesse ragione Margaret Mead, antropologa, nello scrivere “Non
dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa
cambiare il mondo. In effetti, è l’unica cosa che è sempre accaduta.”
Lo feci puntando su una pratica di formazione corporea,
fisicoemotiva, marziale in particolare, perché convinto, con la psicologa
Vasudevi Reddy, che “La mente è ciò che il corpo fa”.
Mi sono dedicato alla diffusione di un linguaggio corporeo
che assume violenza ed aggressività come codice di condotta in un
contesto “protetto” dove ogni praticante, a partire da me, possa riconoscere ed
accettare le sue pulsioni, scoprendo l’importanza della collaborazione quanto
l’assumersi la responsabilità tragica di tagliare di netto tale collaborazione,
fino a tagliare di netto l’altro da sé. Conscio che ogni altro è,
volente o meno, una parte di noi, che la preda che andiamo cacciando
siamo noi.
Per questo, lo Spirito Ribelle, nato dalle ceneri dello ZNKR, le Arti Marziali tra Bujutsu (la pratica efferata dell’uccidere per non essere uccisi) e Do (la “Via”, il codice di condotta morale). Ovvero un piccolo clan di uomini e donne che cercano di sé e del proprio miglioramento. Una minuscola sfida al pensiero dominante.
Cupid di G. Sciuto |
1. Per tacere della sistematica violenza e prevaricazione che sta nelle decisioni delle istituzioni, del sistema bancario, delle multinazionali, ecc. Quelle decisioni che spesso si scopre essere corrotte e delinquenti, ma certo non sono meno esecrabili quelle che usano “legalmente” il loro potere per soggiogare e violentare classi, ceti ed individui più deboli.
2. Rispetto al 2021 l’aumento dei reati nel 2022 ha
riguardato, in particolare, i furti (+17,3%), le estorsioni (+14,4%), le rapine
(+14,2%), le violenze sessuali (+10,9%), la ricettazione (+7,4%), i
danneggiamenti (+2,9%) e le lesioni dolose (+1,4%) (fonte Ministero
dell’Interno – Eurispes).
3. “Oggi non possiamo chiedere al lavoro di
offrire tutto il senso della vita. Non possiamo pretendere che definisca
appieno la nostra identità, perché siamo complessi, mutevoli e abbiamo bisogno
di strumenti molteplici per esprimere ciò che siamo”
(Colamedici e Gancitano “Chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la
fine dell’incantesimo”. Chi interessato, troverà una mia recensione su questo
blog)
4. Sul blog, come negli archivi cartacei e digitali della
nostra rivista SHIRO, trovate la storia e le storie di questa splendida
piccola comunità. Ancor più, sono convinto, ne restino tracce indelebili nella
storia personale di ognuno dei praticanti, di ognuno di coloro che, per mesi o
per anni, quella storia ha attraversato.
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