martedì 21 febbraio 2023

Nietzsche e la spada del samurai

L’esperimentazione è essenzialmente l’atto, o il genere di atti, che si riserva il privilegio di fallire. Il fallimento di un’esperienza rivela più della sua riuscita” (P. Klossowski)

E’ che nella pratica della spada, nella pratica dell’acciaio affilato, riaffiora l’intuitivo, l’inconscio per come ci parla e ci agisce, piuttosto che cercarne un significato univoco.

Il duello di spade per porre fine a tutti i duelli è quello che ci chiama per nome; io, noi, guerrieri improbabili nel terzo millennio di nero e blu vestiti.

La paura è il motivo per farci desistere, sistema corpo infettato di cattivi sentimenti, e sai che mentre la vitalità prende a disfarsi è la forza del cuore che si allontana.

Sono fendenti e falciate, sono agguati violenti nei Rinto Kata o rapide e mortali estrazioni nei Natsu no Sora Kata.

Il colpo apre il tuo cranio a questa lama affamata, vampate di calore irradiano la colonna vertebrale che si fa onda gigantesca, onda potente, sopra fianchi pesantemente ondulatori.

La simulazione di una morte data apparecchia i tuoi morti spiriti e la tua tremula carne, che poi è brutale violenza mentale, efferata estirpazione di cuore.

Plasmare in sé forme spezzate”, scriveva Friedrich Nietzsche, è l’oblio capace di lenire l’accumulo di ricordi.

Contro lo svilirsi della vita e la povertà di ogni esperienza che sappia di frivolezza e narcisismo, lì si erge la domanda di quale rapporto etico tra vita e morte, tra potenze di vita e potenze di morte.

Sono riflessi sporchi e incerti che comunque percorrono ogni estrazione di spada, ogni fendente di spada. Altrimenti che staremmo qui a fare, armati di acciaio affilato? Altrimenti cosa ci differenzierebbe dalle solite scuole che ripetono e ripetono e ripetono mille e più volte tecniche imposte nella memoria ed agite come bambini d’asilo ad una recita scolastica? Agite, per giunta, impugnando lame giocattolo, spade di tolla, di latta, deboli e non affilate?

Davanti alla spada che ti guarda minacciosa, dentro di te, inizi a sgretolarti; la mia presenza, spada minacciosa a guardarti, gela il sangue nel tuo cuore: è caduta ogni tua sicurezza, ogni tua protezione; nell’intorpidire i tuoi sensi sto addentando la tua anima.

Certo, è solo una simulazione, ma io e te sappiamo che uno dei due, a breve, sarà steso a terra, senza vita, e il suo corpo non sarà più lo stesso, né lo stesso il respiro. E’ solo una simulazione?

Sempre Nietzsche, nel suo “Lo stato dei greci – l’agone omerico” scriveva del carattere aperto, contingente, imprevedibile di ogni forma di scontro, scontro che non deve finire mai, tantomeno con una vittoria definitiva e una sconfitta altrettanto definitiva.

Ancora il filosofo tedesco a ricordarci la semplicità davanti al peggio, la sua disinvoltura, e dunque ad offrirci una visione illuminante del duello, di ogni duello.

Non so perché ricordi del pensiero nicciano affiorino a lampi in questa sera di Kenshindo, sudato e impegnato allo spasimo.

Forse perché ogni duellante di spade, oggi, nel terzo millennio, è soprattutto un ribelle, un visionario, che disvela nella banalità e nel conformismo imperante l’intollerabile, lo sgradevole, ogni compromesso al ribasso che tende a mantenere i rapporti di forza e potere esistenti, a mantenere la subalternità e l’obbedienza massificata: “Noi abbiamo preso atto del dovere di mentire secondo una salda convenzione, di mentire cioè tutti insieme in uno stile vincolante per tutti” (F. Nietzsche).

Io, noi Spirito Ribelle, ognuno a modo suo, non ci stiamo. E l’immenso pensiero ribelle e visionario di Nietzsche si muove dentro di noi e ci chiama all’azione. Anche questa sera, sera di Kenshindo.

 

 



 

 

 

 

 

 

 

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