mercoledì 29 ottobre 2025

Il mio pensiero di Novembre 2025

 

Ku, il vuoto fertile che folgora: Arti Marziali e autorealizzazione



Nel silenzio che precede il gesto, quando il piede sfiora il tatami e il respiro si accorda al battito del mondo, nasce la pratica guerriera. Le Arti Marziali non sono solo tecniche di difesa o coreografie di potere: Sono percorsi di individuazione, per usare il pensiero di Carl Gustav Jung, di incarnazione, ovvero rituali che modellano l’essere nella sua forma più autentica. Ogni movimento è un pittogramma disegnato nello spazio, una poesia che il corpo scrive per ricordarsi chi è e come potrebbe essere, sorta di psicoterapia incarnata.

Autorealizzarsi, in questo contesto, non è una meta da raggiungere, ma un processo da abitare. È lo sbocciare di tutte le potenzialità dell'individuo, contattato nella sua incarnazione, non come idea astratta, ma come presenza vitale, carne che vibra, shen, spirito, che danza. È la pienezza di vita che si esprime nella libertà di un gesto non condizionato, nell’autonomia di uno spunto che non cerca approvazione ma personale verità.

Il Dojo come tempio dell’Essere

Nel Dojo, ed ogni luogo può essere Dojo, ‘luogo dove si segue la Via’, ogni gesto è una dichiarazione di esistenza. Il saluto iniziale non è vacua formalità, ma invocazione: “Eccomi, sono qui, pronto a incontrare me stesso attraverso l’altro.” Il compagno di pratica diventa specchio, ostacolo, alleato. E nel confronto, l’energia Ki / Chi si espande, si libera. Non per dominare, ma per rivelare.

La disciplina nella pratica, soprattutto, per me, per noi Spirito Ribelle, quando non è autoritaria, militaresca, ma libertaria, non è costrizione bensì cornice. Dentro di essa, il sé - corpo trova insieme voce e silenzio, la sua autonoma e personale direzione. L’autorealizzazione, l’individuazione, si manifesta quando il praticante non imita, ma dall’esempio, dallo stimolo esterno, crea. Quando ogni sequenza diventa danza personale, quando il combattimento si trasforma in dialogo, serrato e passionale sì ma sempre dia logos (che è dove ragione e significato non stanno da una parte sola, ma emergono dal confronto), quando l'aspetto tecnico si dissolve nella presenza.

Espandersi come il Soffio, liberarsi come il Fuoco

Autorealizzarsi, camminare dentro l’individuazione, è un atto di coraggio: E’ dire sì alla propria incarnazione, accettandone anche la parte Ombra e, con essa, l’impossibilità di darle luce. Le Arti Marziali insegnano attraverso il corpo. Ogni caduta è una lezione di gravità e grazia. Ogni intercetto è un confine che riconosce, protegge ed accoglie. Ogni percossa è una domanda: “Chi sei? Chi sei realmente?

Allora, quando il praticante smette di cercare fuori e comincia a cercare e sentire dentro, l’energia, da materia fantasiosa, inconoscibile, si fa fiume. Scorre, rompe gli argini, nutre. La libertà non è più fuga, ma radicamento nel “qui ed ora”. L’autonomia non è isolamento, ma relazione consapevole con le mille parti che compongono il sé come con gli altri fuori dal sé. La vita non è più consumo e sopravvivenza, ma espressione.

Il Gesto che rivela

Le Arti Marziali, nella loro essenza più profonda che è Neijia / Naido (lavoro interno), sono pratiche di autorealizzazione incarnata. Non si tratta di diventare qualcun altro, di obbedire ai dettami, importati dalla cultura USA, che impongono perfezione e prestazioni strabilianti, ma di tornare a sé. Di esplorare le proprie potenzialità non come ambizioni, ma come verità, quand’anche scomode, da vivere. Di espandersi, esplodere, liberare energia non per prevalere ma per essere, essere individui vitali ed erotici.

Nel gesto che nasce da hara, il centro, nel respiro che si accorda al mondo, nel silenzio che precede evitamenti e percosse, si nasconde il segreto: L’autorealizzazione, l’individuazione, è già qui ed ora, nel corpo che pratica, nel cuore che ascolta, nell’animo che fluttua nello spazio del Dojo, qualunque ed ovunque esso sia.

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