venerdì 1 luglio 2016

Sono un cattivo venditore


La difficoltà non sta nel credere nelle idee nuove, ma nel fuggire da quelle vecchie, le
quali, per coloro che sono stati educati come lo è stata la maggioranza di noi, si ramificano
in tutti gli angoli della mente”
(J. M. Keynes)

 
Fuggo, mi allontano sempre. Ogniqualvolta il curioso di turno mi chiede “Tu fai Arti Marziali?” io mi prodigo in un evitamento degno del miglior paziente fobico, del più spericolato escapista alla Houdini.
So già, pur privo della preveggenza, che alla parola “Arti Marziali”, il tipo associa
- il muscolato scazzottatore tutto macho man, pesi e sguardo truce;
- l’efebico intellettuale che si nutre di energia e calma interiore ad ogni gesto che fa;
- il (finto) militare in mimetica che ti insegna ad essere invincibile, sconfiggendo torme di avidi aggressori;

L’una o l’altra figura scelta dipende o dal tipo di carenza psicoemotiva che il tipo si porta appresso e che cerca disperatamente di compensare calandosi nei panni di un altro, o più semplicemente dall’avere un amico, un cugino, un conoscente (sempre più spesso, ultimamente, un insegnante, una cintura nera, un presunto ex paracadutista o ex assaltatore esperto di difesa da tutto e di più, quasi mai un semplice praticante: sarà che Arti Marziali & co. sono sulla piazza ormai da anni e gli “esperti” sono necessariamente aumentati, o semplicemente che “esperti”, ora, lo si diventa in un pugno d’anni o con un lieve sovrapprezzo …) che pratica Judo, Karate, Tai Chi Chuan, Krav Maga, Kali, Kudo, Kick Boxing ecc. tanto “tutto fa brodo”.

Lo so, nel far ciò, mi rendo poco disponibile, ma in questi anni dove ogni insegnamento profondo che tocchi il cuore dell’Arte e di chi vi si avvicina è stato, alchimia per bimbi minkia, ridotto ad un pastone per pecorelle o leoni codardi come il personaggio di “Il mago di OZ” prima del suo avvento nelle terre del Sud, non me la sento di impiegare tempo ed energia a spazzar via ogni illusione superficiale per accompagnare, anche solo a parole, il curioso di turno nella forza potente e trasformatrice che è propria di ogni pratica marziale autentica, quella che io, noi, abbiamo abbracciato.

Che si tratti di illusioni di potere e autorevolezza condensate colpendosi a vicenda con chi poi sarà il tuo compagno di doccia o di scampagnate nell’esoterismo di massa o di gite furbastre in battaglie e scontri mortali con uno specchio e guai a romperlo che sono sette anni di disgrazie, che c’entra tutto ciò con quanto vado proponendo io: dalle radici guerriere di ogni Arte di lotta per giungere alla consapevolezza fisicoemotiva, percettiva, studiata attraverso l’azione conflittuale?

Beninteso, “Liberi tutti”, come si diceva una volta giocando per strada.
Liberi di scegliere lo sfogatoio di una palestra di cazzotti, che ha certamente la stessa dignità di “sfogatoio” dello shopping compulsivo, di una settimana sulla neve, di una solenne sbronza, di un’urlata al compagno d’ufficio, di una tinta ai capelli, ecc.
Liberi di scegliere sottili fenomeni energetici definendoli con gli attributi della massa, di assegnare per dogma ad una figura del Tai Chi Chuan o dello Yoga o del Chi Kung l’attivazione di quello specifico centro energetico (quando nella sala della palestra accanto, con altrettanta convinzione ed autorità magistrale, a quella figura se ne attribuisce uno diverso!!)
Liberi di credere ai risultati di invincibilità che chiunque può raggiungere, purché paghi regolarmente la quota mensile.

D’altronde, scopro l’acqua calda: il passaggio al capitalismo, come mi insegnarono una ventina e più di anni addietro ad un convegno, in una prestigiosa università per neo business men, consiste nel prima creare la percezione di un bisogno a cui segue immediatamente la domanda e poi l’indotto della manutenzione.
Bisogno di sentirsi uomini veri, combattenti veri? Due pugni in faccia e tanto testosterone diffuso nell’aria.
Bisogno di misticismo? Tecniche su tecniche convinti che possano meccanicamente attivare un risveglio energetico.
Bisogno di sentirsi invincibili contro ogni aggressore? Dacci dentro di difesa da pistola (finta), coltello (finto), aggressore (finto). Nota a margine: Avete notato quanti feriti e persino qualche morto, in questi corsi di difesa .. simil para militare ?

Io, invece, credo che l’opzione non sia tra un sistema teorico giusto o sbagliato, tra una pratica in keikogi o una in mimetica, tra una promessa di saggezza o una di invincibilità. Piuttosto, la scelta è sempre tra farsi abbindolare da chi ci racconta cosa bisognerebbe sentire e chi ci accoglie perché noi ci mettiamo nelle condizioni di sentire noi stessi.
Ovvero, tra chi
- dopo le botte date e prese; la posizione tenuta per minuti e minuti o il gesto perfettamente ripetuto; il disarmo perfettamente riuscito sul coltello di plastica ( sì, ma marchiato Cold Steel o Extrema Ratio, uauh!!), continua imperterrito la sua vita con gli istessi ritmi, le stesse insoddisfazioni coniugali o lavorative, la stessa ipocondria, lo stesso angosciato bisogno di sempre;
- e chi sceglie le storie di viverle in prima persona, di immergersi corpo fisicoemotivo, senziente, immaginante, dentro di sé in una discesa in profondità ( agli Inferi?) per risalirne adulto autodiretto che forse, forse, poco o tanto darà uno scossone alla sua vita o quantomeno ne sarà consapevole e si assumerà la responsabilità di tutto quanto sta facendo.

Come mi comporto, allora, col curioso di turno? Gli parlo di un modo di praticare che, a partire da indotti motori e lottatori, sfocia in azioni che coinvolgendo l’individuo nel suo complesso e attingendo all’immaginario, si caricano di significati affettivi, relazionali?
Troppo complesso?

Gli parlo di movimento agito secondo le tre componenti spazio, tempo, energia, ovvero flusso e peso per usare termini presi da Laban?
Troppo tecnico?

Gli dico che noi non abbiamo un programma, tanto meno una progressione lineare, che il programma consiste nel fare a seconda del vissuto e proposto di chi c’è in pedana?
Avete presente la faccia che farebbe (ha fatto …) nel vedersi togliere la certezza del “libro di scuola”, del foglio con le istruzioni per montare il mobile IKEA?

Va bé, al solito, gli dico, quando proprio non voglio evitare, “Vieni e prova un po’ di incontri, se ci piacciamo a vicenda, faremo un tratto di strada insieme, altrimenti ognuno per la sua”.
Siiiiiiiiii, già questo lo lascia perplesso, quando non insoddisfatto: Lui chiede per magari comperare un prodotto ed io gli parlo di incontri, di feeling… che, mi fanno schifo i suoi soldi? Poi, che kazzo vendo io allora? si può sapere o no ?!
Poi, cominceranno le osservazioni su “Quante lezioni di prova posso fare?” (d’altronde ovunque o quasi, ti offrono la canonica lezione di prova, poi o paghi o te ne vai e così gli pare impossibile un posto dove puoi stare senza l’assillo della “lezione di prova”), “Ma io che non ho mai praticato come faccio a stare con uno che pratica già da anni”, “Ma davvero posso venire tutte le sere che voglio”, ma ….
Sicuri che io non faccia meglio a darmela, educatamente, a gambe ?!?!

No dai, non è vero che sempre evito. Piuttosto, in sintonia con il nostro modo di comunicare in pedana, con la maieutica a cui affido la capacità di coinvolgere i praticanti, al curioso chiedo “Cosa sono per te le Arti Marziali?”, “Cosi ti aspetteresti se praticassi Arti Marziali?”, ecc.
Visto che non sono così scorbutico? Anche perché, amando quel e come lo faccio, mi fa enorme piacere se altri, per un mese, per un anno o per tutta la vita, vi si accostano scoprendone quella forza potente e trasformatrice che, tra il desiderio che richiede mistero, la passione che si scontra con frustrazione, la seduzione che abbraccia vitalità, il divertimento che incontra rischio, ci mostra la Via dell’essere adulti coraggiosi e consapevoli, autentici guerrieri.

     
“Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero.”
(Vladimir Il’ic Ul’janov, detto Lenin)

  
 
 
 


1 commento:

  1. Innanzitutto ritengo che si possa essere dei cattivi venditori quando si vende un prodotto ma non certo quando si offre l’opportunità di “Essere”. Da qui credo che l’acquisto di un prodotto produca una capacità più semplicistica di presenza e di realizzazione.
    Certo che cercare di riuscire a tradurre l’Essere “Artista Marziale” non è di semplice trasmissione.
    L’Artista è una persona “libera”, l’Artista vive di emozioni, l’Artista affronta un foglio bianco così come uno spazio da occupare e “danzare” col proprio corpo: l’Artista è espressione di emozioni.
    E’ sempre più difficile districarsi e trasmettere “incontri con il sé stessi” in un mondo e in una società dove si vive principalmente di “apparenza”, di “sicurezze”, di “certezze”, di superficialità, di zero introspezione e dove aspettiamo di essere “imboccati” e, quindi, dove è sempre colpa dell’altro, è sempre responsabilità dell’altro e dove, nel caso specifico, le Arti Marziali sono viste e vendute come pratiche di invincibilità.
    Ovviamente non vorrei essere frainteso in quanto, con tutto il rispetto nei confronti degli operatori nel settore e nelle varie discipline, la mia fotografia è focalizzata sull’individuo e sul suo “essere” nella società e nel “mondo”.
    Ritengo, quindi, che ognuno sia “libero” di scegliere di voler “essere”, voler “vivere” o essere schiavo, schiavo di stereotipi, schiavo dei media che bombardano con libri, video, internet, facebook, schiavo della società……: schiavo di se stesso.

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