“Chi è molto emotivo viene
spesso giudicato debole.
Ma è il contrario: provate
voi a sentire tutto
e a rimanere comunque in
piedi”
(M.
Conteddu)
La
pratica delle Arti Marziali, la pratica Body Counseling, è
un’esperienza di incontro con il proprio mondo inconscio. Ci fa fare esperienza
di un rapporto con una dimensione inconscia della nostra vita che elude
continuamente ogni rapporto.
Passando attraverso questa esperienza, cambia il
praticante, cambia il suo rapportarsi con le persone e l’ambiente che abita,
cambiano tante cose… tra queste c’è il rapporto con lo scibile, la cultura e
tutto quel che ambisce a dire quel
qualcosa di fondamentale che, invero, non si lascia dire.
Per farlo, per praticare di corpo come io propongo, che
sia pratica del combattimento, ovvero “marziale”, o pratica terapeutica, ovvero
di benessere e bellessere (ma esiste e, se esiste, dove si posiziona il confine
tra l’una e l’altra?) occorre essere
audaci, che è non nascondere il malessere, ma farne intensa e vigorosa occasione di crescita e
trasformazione.
Significa farlo attraverso l’esposizione corporea,
fisicoemotiva, laddove il corpo è l’essere dell’esistenza, il luogo del suo
accadere, l’iscrizione del senso. Se l’esistenza appare come un viaggio ed
insieme un’esposizione corporea, allora “il
pensiero avrà come oggetto il corpo” (1)
e l’esperienza del toccarsi e del toccare.
Toccarsi dentro, contattarsi dentro, nel profondo … oggi
che la pressione sociale non si esprime più attraverso i divieti (2) ma attraverso modelli proposti anzi
imposti perché, in perfetta logica di mercato capitalistico, i divieti non
accelerano i consumi, i modelli invece sì. Farsi imporre dall’esterno sogni e
bisogni, obiettivi e stili di vita comporta esporsi in ogni caso al fallimento:
non solo se ci si accorge di non essere all’altezza di quel modello, ma anche
nel caso si riesca a realizzare un progetto che non ci appartiene, che comunque
ci mostra la nostra inautenticità. (3)
Toccare l’altro, contattare l’altro … perché il sentire
del corpo è tale nel tocco che sfiora, incontra, preme, la pelle dell’altro,
nell’esperienza dell’andar fuori, nel tono di chi si dispone all’incontro con
l’altro consapevole di un ritorno presso di sé in cui non sarà più come prima.
Praticare di corpo, che è una scorpacciata di cuore,
respiro ed emozioni è sentirsi scossi, è emozionarsi, è assumere stati di coscienza espansa. E’ comprendere se stessi, consapevoli
che le contraddizioni sono spesso più significative dei comportamenti coerenti
e lineati proprio perché segnalano conflitti e noi siamo fatti di conflitti.
1. Marco Vozza, nella sua introduzione al pensiero del
filosofo Jean Luc Nancy.
2. Salvo il caso eccezionale di questi mesi, in cui all’attacco
di un virus il governo ha risposto con una serie di divieti che sono gravi
limitazioni della libertà e innestando uno stato di paura diffuso nelle
coscienze degli individui col rischio di sfociare in un vero e proprio bisogno
di stati di panico collettivo. Così, in un perverso circolo vizioso, la
limitazione della libertà imposta dai governi viene accettata in nome di un
desiderio di sicurezza che è stato indotto dagli stessi governi che ora
intervengono per soddisfarlo.
A questo, danno mano forte virologi e medici più avvezzi
al teorizzare che allo stare sul campo di battaglia, Burioni capofila, mentre
chi davvero ha lottato contro virus aggressivi, Tarro su tutti, viene relegato
in panchina quando non in tribuna (https://www.affaritaliani.it/milano/il-virologo-da-nobel-tarro-milano-puo-gia-riaprire-il-caldo-batte-il-virus-666197.html) e
gli sproloqui ed i numeri gettati alla rinfusa da esperti (????) come Arcuri e
Borrelli.
Il terrore del contagio, per cui all’aria aperta (!!)
cambiamo marciapiede appena intravediamo in lontananza un altro individuo, per
cui ci infiliamo in code estenuanti per comprare un’agognata mascherina, e al
tempo stesso le pratiche di massa provocate da un’ulteriore paura
dell’imprevedibilità del futuro, mi portano ai concetti cardine della
psicologia delle masse, teorizzati da Freud in “Totem e tabù”. Ed è un tornare
nient’affatto confortante.
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