giovedì 28 luglio 2016

Il richiamo della spada


“Si sale, si vede. Si ridiscende, non si vede più; ma si è visto. Esiste un’arte di dirigersi nelle regioni basse per mezzo del ricordo di quello che si è visto quando si era più in alto. Quando non è possibile vedere, almeno è possibile sapere”
(R. Daumal)

 

 

Sì, a volte succede che io mi perda, ma non mi sono ancora arenato definitivamente.
Forse perché so che desidero provare tanto, se non tutto; so che voglio vedere più lontano, tanto lontano da vedere persino dentro di me.
Magari a cammino sbandato, tra un confine mal disegnato ed un pugno di innocue certezze.

E mi chiedo, oggi, impugnando l’acciaio luccicante della mia “Lama Danzante”, quale sia il nodo che soffoca, il buco in cui precipitano gli allievi, quelli che abbandonano la pratica dell’acciaio, di Kenshindo, dopo fulminanti ed esplicite dichiarazioni d’amore.
E’ vero che una flessione, un abbandono tra i praticanti, è fatto fisiologico. Forse è anche un bene, perché si allontanano gli illusi, quelli qui portati dal mito del samurai invincibile o del maestro Jedi di rara saggezza.
Per quelli i quali arrivano a vivere la pratica come una costrizione, come un noioso ripetersi di gesti e riti, smettere è sicuramente un bene e forse, sottolineo forse, una enorme possibilità. Ovvero la possibilità, se ci riflettono su, di comprendere in quali altre noiose routine, in quali altre opprimenti gabbie, sono rinchiusi: in famiglia, col partner, al lavoro, e come sia possibile, anche lì, in quelle quotidiane gabbie subite e non più liberamente accettate ed amate, smettere, anche da lì andarsene.
Anche se, a ben ricordare, non mi sovviene nulla di tutto ciò, nessun successivo passo liberatorio, trasformatore, nei volti di spadaccini transitati e poi allontanatisi dalla Scuola.

Per quelli che hanno praticato non solo i primi mesi, ma hanno sudato e si sono spesi per anni, forse il nodo, il buco, è stata la ricerca di una impossibile assoluta perfezione tecnica che non facesse loro pesare l’arma in mano; il delirio di onnipotenza che vorrebbe finalmente la stuoia tranciata di netto e non invece la propria lama affondare pigramente nell’urto o, per contro, l’infantile ricerca di un materiale sempre più duro (!?) su cui potersi sfidare che tanto, tagliare o spaccare, per loro era la stessa cosa; il turbamento per il malessere, quella spazzatura interiore che la pratica dell’acciaio ogni volta portava in superficie, sapore amaro.

Sì, a volte succede che io mi perda, ma non mi sono ancora arenato definitivamente, come non si sono arenati ancora quelli che, con me, non smettono di impugnare acciaio.

Ancora una volta, è la vita che si pone in testa, a volte feroce come le immagini che si riflettono sul luccicare dell’acciaio, combattimenti d’autorità dichiarata, altre dolce come un sorriso di bimbo, innocenza socchiusa sul mondo.

L'uomo, sin dal suo primo impugnarla, ha fatto confluire sulla spada gravi significati che andavano ben oltre il suo utilizzo in combattimento. Essa, nel suo essere strumento di difesa e di offesa, è con ciò portatrice del dualismo tra il bene e il male, a seconda dell'uso che se ne fa. Da tali concetti, originarono il Codice Cavalleresco in Occidente ed il Bushido nipponico, entrambi come Codici d'onore.
La sua dualità racchiude il maschile e il femminile ed è da questa unione degli opposti che la spada trae la sua forza. La lama, nel suo luccicare, è come uno specchio in cui lo spadaccino può vedere riflessi i suoi pregi e le sue perversioni.
Stando alle tradizioni iniziatiche sia orientali che occidentali, il guerriero che impugni la spada è in grado di unire il fisico e lo spirituale, con ciò unendo l'essenza della spada a quella di se stesso in perfetto equilibrio. Solo armonizzare questi aspetti permette di definirsi autentico guerriero.

Nostalgia di antichi valori virili? Illusioni sciocche di chi non sa adeguarsi al presente? Mitizzazione di pratiche semplicemente volte ad uccidere e niente più?
Può darsi.
So, impugnando “Lama Danzante”, che fenderò senza collera e senza astio, che lascerò erompere dal mio animo le acque dell’angoscia e saprò incontrare l’ebrezza della vitalità.
Probabilmente, i rapporti, anche quello con noi stessi, deperiscono e avvizziscono fino a morire, non quando cessiamo di amare, ma quando, prima ancora, abbandoniamo ogni magia immaginativa e, con ciò, smettiamo di stupirci, di scoprire e scoprirci.
Allora, il senso forte di un katana, di un acciaio lucido e possente, tra le mani.

 
"...prima di pensare ad azioni esteriori, spesso dettate solo da momentanei entusiasmi, senza radici profonde, si dovrebbe pensare alla formazione di sé, all'azione su sé, contro tutto ciò che è informe, sfuggente o borghese."
(J. Evola)

  
 
 
 
 


1 commento:

  1. Kenshindo..la folgore scintilla nel buio, l'acciaio la riflette aprendo "il vaso di Pandora" . Bocconi amari, verita' taglienti e dolorose a volte,altre illuminazioni di un essenza ritrovata, rinforzata; tutte però, sono scoperte di tesori che erano sepolti..

    per rispondere alla tua domanda:
    "io non ho risposta".

    Non ho risposta poichè nell'acciaio posso sentire forte la dualita' delle pienezza del vivere, poiche' é presente anche la Morte a completarne il Tao. Perche' voglio scoprire chi sono, cosa posso e fin dove arrivero'. Un Pirata vizioso, ladro, infido anche, un ubriacone chiassoso e casinista, polemico, ostinato e contrario, ferito nel corpo ma lo spirito é forte, che cerca di trasformarsi nel cavaliere bianco, e sono curioso di scoprire le luce e le ombre, demoni e dei..

    Sei sicuro che dipenda tutto da te Tiziano?
    ripenso ai primi tempi dell'acciaio, molto era sconosciuto e anche se chiedevo e mi veniva poi spiegato non riuscivo a comprenderlo, non volevo meri saperi ma consapevolezza. Come posso comporre un Haiku, o un racconto se non imparo l'alfabeto prima e poi lo padroneggio con le mie emozioni, pensieri e vissuto mescolando immaginario e creativita'?
    Trovo molto responsabile il tuo chiamarti in gioco, lecito e doveroso nel condurre un gruppo ma La risposta alla tua domanda non credo debba essere indirizzata a te stesso ma a chi, a quei pochi che hanno scelto l'acciaio , a loro il "cosa cerco veramente?" " quanto sono disposto a..per raggiungere un mutevole obiettivo?"

    Sui Sei, "stella cometa"...tu sei un ottimo insegnante, buon conduttore di gruppi, e un praticante, un cercatore che non smette di cercare migliorie nella pratica e non avaro di conoscenze le condividi, come una Stella cometa che illumina la notte, percorri le tua strada, rallenti se é il caso ma non ti fermi.

    questo impone che chi lo vuole ti segua, e sai quanto l'uomo sia un animale complesso e fragile.Attimi, in cui qualcosa prende il sopravvento su altro, in cui magari hai scoperto che ciò che fortemente desideravi, ha un prezzo troppo alto ( che immaginavi lo fosse) ma non sei piu' disposto a pagare.
    Formativo e nelllo stile (modus operandi, educativo di crescita) della Scuola, che ognuno percorra la propria strada consapevolmente scelta e con le proprie gambe, cadendo, rialzandosi,sapendo chiedere aiuto agli altri all'occorrenza...questo in una societa' in cui assistenzialismo e deresponsabilizzazione vige imperante..

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